“Ma i miei clienti non me l’hanno mai chiesto”. Quel lessico alberghiero che uccide il futuro part 6.
Le parole sono importanti. E il modo in cui si usano influenza le azioni, le prospettive e i risultati. Vediamo come il reiterare abitudini malsane o non più efficaci possa portare a un pericoloso immobilismo e a condizionare negativamente il futuro [e il presente] dell’hotellerie.
Prosegue la rubrica dedicata alle espressioni deleterie più utilizzate dagli albergatori. Questa volta tocca alla profetica “Ma i miei clienti non me lo hanno mai chiesto”, funzionale a ogni minima proposta di rinnovamento o di inserimento di nuovi servizi.
L’albergatore si convince che sia il cliente a ricercare un certo servizio o un determinato modus operandi, quando in realtà è lui stesso a volerlo. La seconda è quella della pigrizia. Ogni cambiamento richiede coraggio, risorse e investimenti. E allora è meglio scaricare sull’ospite le responsabilità di una mancata innovazione e continuare a dormire sugli allori, finché si può [e anche quando non si potrebbe]. La terza, ma non meno importante, è la presunzione di conoscere a fondo le esigenze di ospiti vecchi e nuovi.
Perché non rinnovate il nome e il logo?
Non ho mai sentito di un cliente che abbia smesso di soggiornare in un hotel a causa del cambio del nome o dell’immagine coordinata. Mai, sin da quando scavavo a mani nude nel Klondike.
Non sarà ora di aggiornare le politiche di prezzo?
Bene, nel corso degli anni mi è capitato di seguire più di un hotel nel percorso della comunicazione del cambio di politiche di pricing e oggi posso dire a ragion veduta che si tratta di un problema tutto dell’albergatore. Gli ospiti sono ormai da tempo abituati a tariffe dinamiche e flessibili – dal settore dei trasporti agli acquisti online – e vi posso assicurare che quello dell’abitudine, da parte loro, non è mai stato un problema. E se qualche volta lo è stato, è servito per effettuare quel cambio di clientela auspicabile e necessario.
Basta con le newsletter di Natale!
Ma i nostri clienti se l’aspettano!
Sì, e poi magari vi allegate più o meno furtivamente il listino prezzi.
Sì, e poi magari non avete cambiato l’immaginetta della cometa dal 1983.
Sì, e poi magari non avete mai controllato i tassi di apertura.
Sì, e poi magari finite nella cartella “spam”.
La verità è che se i vostri clienti sono così affezionati a una pratica così obsoleta, ruffiana e ridondante, le cose sono due: o sono loro ad avere grossi problemi, o è la vostra comunicazione.
E se ripensassimo la formula della pensione completa?
Certo, se non hai mai offerto altre soluzioni, è probabile che siano abituati così. E così, mentre si va sempre di più verso proposte personalizzate, tu resti ancorato alle TUE abitudini – al punto da non sapere nemmeno più se ti convengano o meno – il mondo dell’ospitalità e le abitudini (quelle reali!) dei viaggiatori cambiano alla velocità della luce. Tra food delivery, esperienze local e nuovi trend.
Questi sono solo alcuni esempi, ma l’elenco è potenzialmente infinito. Che si parli di self check-in, di creare spazi ibridi, di introdurre nuovi software, di adottare strumenti tecnologici innovativi, di cambiare il modo di comunicare o fare rebranding, Ma i nostri clienti sono abituati così! è sempre la risposta jolly che proietta sul cliente le scelte [e le non scelte] dell’albergatore.
Come se le abitudini di consumo e di viaggio non cambiassero continuamente. Come se non fosse possibile offrire allo stesso tempo le opzioni tradizionali insieme alle più innovative che possano accontentare tutti [il self check-in non è obbligatorio per tutti i clienti, la pensione completa può essere affiancata ad altre proposte, il booking engine non distrugge il telefono e la casella mail]. Come se non esistesse la necessità di diversificare la clientela.
La verità è che non sono i vostri clienti a essere abituati così [ma come, poi?]. La risposta giusta sarebbe Ma noi siamo abituati così. E che con le vecchie abitudini non si attraggono nuovi clienti.
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