Per la nostra rubrica Il Salotto di we:ll, abbiamo fatto quattro chiacchiere con Monte Königs su futuro del turismo, tecnologia e fiducia sociale.

Monte Königs è esperto in future human behaviour, societal change e business strategy. È trusted coach molte aziende e top manager. Ha lavorato come ricercatore per Ipsos Market Research e Motivaction International ed è speaker e leadership trainer per la società olandese Whetston. Nel 2017 è stato nominato Young Research Talent of the Year nei Paesi Bassi. Lo abbiamo incontrato per conoscere le sue opinioni sui temi in questo momento più dibattuti nel settore dell’ospitalità: i cambiamenti, il ruolo della tecnologia, le persone e i loro comportamenti sociali durante e dopo la pandemia.

Parliamo di turismo e di persone

Ciao Monte. Fino a febbraio scorso, l’industria dell’ospitalità era considerata quella con le maggiori prospettive di crescita di occupazione nel mondo, ma la pandemia ha scatenato una crisi senza precedenti e ha provocato un immenso shock. Cosa succederà nell’immediato futuro? E che dire degli effetti della crisi sul lungo periodo? Le persone saranno più caute nel viaggiare all’estero, oppure il turismo sarà ancora una volta resiliente? 

Penso che sia evidente che fin da adesso l’industria dell’ospitalità dovrà concentrarsi sul turismo locale. Ci vorrà del tempo prima che il viaggio internazionale torni ai suoi numeri pre-covid. E, poiché non credo che sia diminuita la necessità di rilassarsi, viaggiare ed esplorare, mi aspetto che le persone prenotino il loro soggiorno più vicino a casa. Ora, se questa crisi causerà un reale cambiamento nel modo in cui le persone percepiscono il viaggio, dipende da quanto a lungo durerà la crisi. 

Affinché si cambino davvero le proprie abitudini, l’urgenza di cambiare il proprio comportamento deve essere presente e tangibile per un lungo periodo di tempo. Anche adesso che molte aziende stanno riaprendo, il senso di urgenza viene meno percepito. Inizialmente le misure intraprese, come i segni sul pavimento e le indicazioni di 1,5 metri, dovevano essere molto visibili. Avevamo cioè bisogno del senso di urgenza per convincerci a stare in allerta. Adesso però siamo entrati in una fase in cui penso che la gente voglia dimenticare il virus per un po’. Vogliamo liberarci dello stress di stare sempre a casa con le nostre famiglie. Vogliamo dimenticare la possibilità la possibilità di ammalarci. Vogliamo che qualcun altro si assuma la responsabilità in modo che possiamo rilassarci. Ed è qui che il settore turistico può mostrare la sua capacità di ripresa. 

Per le persone è molto difficile continuare a prendere precauzioni quando la minaccia e l’urgenza risultano meno tangibili. Quindi ci allenteremo tutti inevitabilmente un po’.  Ma allo stesso tempo, non vogliamo correre rischi irresponsabili. Quindi, come turisti, vogliamo che i nostri albergatori creino esperienze in cui tutte le precauzioni vengano prese, senza risultare ridondanti. È ora di sostituire il nastro di emergenza e i segnali di allarme con misure che non ci ricordino costantemente la crisi. 

Parliamo di turismo e di tecnologia 

Tutti i settori, tra cui il turismo, sono caratterizzati da una continua e rapida evoluzione, data la crescente influenza delle tendenze globali e dello sviluppo tecnologico. Tu credi che la tecnologia potrà davvero aiutare gli esseri umani o finirà per assumerne il controllo?

Eh, questo è quello che tutti vorremmo sapere!
Molti esperti vedono la tecnologia semplicemente come uno strumento. Un qualcosa di neutro che ha valore soltanto a seconda di come viene utilizzato. Una metafora usuale è quella con il martello: lpuoi usare per costruire una casa o per spaccare la testa a qualcuno: dipende da te. Bisognerebbe togliersi dalla testa l’idea che la tecnologia sia intrinsecamente buona o cattiva. E smetterla di chiedersi se prenderà o meno il sopravvento sull’uomo. Sono d’accordo che il significato che la tecnologia avrà nel nostro settore dipenderà dal tipo di relazione che avremo con essa. Ma dobbiamo anche ammettere che non tutti gli strumenti hanno la stessa neutralità. Basti pensare ai più recenti sviluppi tecnologici, come il riconoscimento facciale, la realtà aumentata e l’intelligenza artificiale. Sarà sempre più difficile controllare gli effetti – positivi o negativi – che questi strumenti complessi possono avere. E in questo momento le leggi nazionali e internazionali non sono pronte a tenere il passo con il rapido sviluppo della tecnologia.

Quindi, quando si tratta di nuove tecnologie, penso che i governi non saranno in grado di muoversi abbastanza velocemente da rappresentare il noi che può decidere come e quando ci è permesso di utilizzarle. Penso che i consumatori faranno sempre più riferimento alle aziende e ai brand che saranno in grado di assumersi questa responsabilità. Per esempio: quando raccogli i miei dati, mostrami anche come proteggi la mia privacy. Sarà una sfida per molte aziende bilanciare i guadagni e le scelte responsabili in grado di generare fiducia nei consumatori. Soprattutto quando i concorrenti sono disposti a correre più rischi. In un certo senso, il dover implementare misure anti-Covid, dannose per la crescita dell’azienda, per garantire la sicurezza degli ospiti, è un qualcosa a cui dovremmo abituarci anche dal punto di vista tecnologico.

Parliamo di fiducia

Sei specializzato nel comportamento umano e nel cambiamento sociale. Pensi che le persone abbiano cambiato i loro comportamenti, i loro pensieri e, quindi, il modo di riporre la loro fiducia? 

Negli ultimi quindici anni abbiamo assistito a un forte calo della fiducia nei governi e nella politica in generale. Le persone hanno cambiato parametri di valutazione in questo senso. Qualcuno con cui identificarsi personalmente è stato percepito come più affidabile di un funzionario del governo, per esempio. Al suo minimo nel 2017, la fiducia istituzionale a livello globale era così bassa che in molti paesi i governi e i media erano diffidenti. Molti facevano riferimento alle aziende per esser guidati.
Da allora la fiducia nelle istituzioni è tornata a crescere lentamente, con un picco durante in tutto il mondo durante la pandemia. I forti interventi dei governi, le conoscenze degli scienziati, il fare affidamento su determinate categorie professionali come medici e forze dell’ordine hanno assicurato una rivalutazione delle professioni e delle voci istituzionali. 

Nell’ospitalità e nel turismo abbiamo assistito a sviluppi simili. Una chiave importante del successo di Airbnb è stata l’esperienza personale e informale. Le persone non volevano solo una camera d’albergo anonima che puoi trovare ovunque. Volevano stringere la mano ai proprietari quando arrivavano e ricevere i migliori consigli su cosa fare nei dintorni. Anche i brand più formali e istituzionalizzati dell’ospitalità hanno cercato di rendere più personali le esperienze degli ospiti. Adesso hanno la possibilità di riconquistare la fiducia con la loro risposta al post-Covid.

Credo che la preoccupazione principale della gente in tempi incerti come questi sia Chi si prende cura di me quando ne ho davvero bisogno? Ecco perché l’infermiera è un simbolo così potente in questo momento. Un’infermiera è lì quando ne hai più bisogno. I brand del settore tuuristico che vogliono guadagnarsi la fiducia degli ospiti hanno bisogno di adottare quella che io chiamo mentalità da infermiera e pensare: di chi mi sto occupando? E cosa sto facendo per assicurarmi che stiano bene e al sicuro?

Sapere come far sentire il proprio ospite ben curato – anche in crisi – sarà fondamentale nei tempi a venire.