Dopo il lockdown il turista è diventato più sensibile alla sostenibilità e al rispetto dell’ambiente? E l’ospitalità a che punto è? Alcune riflessioni e prospettive per il futuro.

Se il periodo della pandemia ci ha insegnato qualcosa è che non c’è niente di certo a questo mondo, a cominciare dal mondo stesso.  A suon di hashtag #andràtuttobene e #torneràtuttocomeprima, ci siamo fatti forza e siamo andati avanti, ma dobbiamo essere consapevoli che il come prima non esiste già più. La fragilità del nostro sistema, denunciata da tempo dagli ecologisti, ci è apparsa chiara in tutta la sua interezza e ognuno di noi su questo pianeta, nessuno escluso, l’ha vissuta sulla propria pelle.

Se Greta Thunberg con i suoi Fridays for Future ci ha aperto le orecchie, la pandemia con il suo lockdown ci han aperto gli occhi. Sì, perché abbiamo visto come un comportamento, seppur forzato, abbia portato dei benefici immediati al pianeta (a cominciare dall’aria più pulita che abbiamo respirato), dopo che per tanto tempo si è solo parlato di come le nostre abitudini provochino un impatto negativo sul sistema e minaccino la nostra sopravvivenza.

E il mondo dell’ospitalità? Come è cambiata la percezione del viaggiare tra bisogno di maggior sicurezza e necessità di comportamenti più responsabili e rispettosi dell’ambiente?

Non è un caso che in questo periodo fenomeni come l’undertourism (ovvero la scelta di luoghi meno conosciuti dove si vive in modo ancora autentico e il territorio è tutelato) e lo slowtourism (ovvero il turismo lento, fatto a piedi, in bicicletta, a cavallo, a contatto e nel rispetto della natura) stiano diventando forme di turismo sempre più apprezzate dagli italiani che vogliono tornare a viaggiare. Ma per quanto le persone scelgano queste tipologie di viaggio più rispettose manca un tassello importante: la ricettività in chiave sostenibile.

Se ci stavamo chiedendo se ha senso investire per abbracciare la filosofia green la risposta è sì. Sì, perché le persone si stanno accorgendo sempre più dei cambiamenti climatici e di quanto il loro ruolo non sia affatto marginale sotto questo aspetto. Una ricerca Lifegate pubblicata ad aprile sottolinea come solo il 29% dei rispondenti sostiene che la sostenibilità sia una moda: il 12% in meno rispetto alla stessa domanda formulata nel 2015. La ricerca evidenzia come gli italiani siano abituati a seguire alcune pratiche green già a casa e questo li porta a cercare strutture che gli permettano di mantenere queste buone abitudini anche fuori dalle proprie abitazioni. Non da ultimo, è emerso che la generazione Z, ovvero i nostri ospiti di domani, hanno un’attenzione assai maggiore nel compiere scelte sostenibili in vacanza. E non a caso 1 su 3 afferma di organizzare già vacanze il più possibile sostenibili.

Dunque, non possiamo aspettare oltre: è il momento giusto per diventare una struttura sostenibile. Perché i viaggiatori ce lo chiedono, oggi e soprattutto in un futuro imminente.

Non basteranno semplici azioni di marketing per definirsi green, perché un vero posizionamento come struttura responsabile comporta intraprendere un percorso profondo a partire dalle radici del brand fino ad adottare soluzioni anche piccole. Ne è un esempio il Vimea Vegan Hotel in Alto Adige: il primo hotel completamente vegano d’Italia, che basa la sua ospitalità sulla promessa biotique: 5 pilastri che guidano le azioni di un’ospitalità diversa.

Chi viaggia cerca questo impegno, vuole sentirsi un viaggiatore responsabile e scegliere strutture che gli permettano di esserlo.
E voi, a che punto siete?