“Se me lo dicevi prima”: quei trend alberghieri accelerati dalla crisi
Riflessioni semiserie sulle “novità” introdotte dal post-Covid.
Ho passato il periodo del lockdown a svolgere webinar e formazione per hotel e ristoranti. A parlare tutti i giorni con albergatori e ristoratori. E ho seguito, a mia volta, tanti eventi online. Aldilà della grande tenacia e voglia di ripartenza che ho potuto registrare fin dal primo giorno da parte della categoria, questo particolarissimo momento è stato l’occasione per fare delle riflessioni sui cambiamenti e l’evoluzione del settore.
La cosa che mi ha più colpito è stato il fatto che la crisi, per certi aspetti, non abbia fatto che accelerare alcuni trend già in corso. Di fatto, il Covid-19 è riuscito a convincere molti albergatori a fare scelte che avrebbero dovuto/potuto fare anche in passato per migliorare la propria offerta e ottimizzare il lavoro. Insomma, il Covid-19 è riuscito in quello in cui tanti consulenti hanno fallito. Non nego di aver più volte pensato, di fronte alla proposta di adottare certe soluzioni imposte da protocolli e normative: ma non potevamo farlo anche prima? o, peggio, sono anni che io lo dico! Il tutto, non senza un malcelato filo di frustrazione (e sono sicura di interpretare il pensiero di tanti colleghi).
No, non voglio dire che la pandemia abbia anche dei lati positivi. La pandemia è stata e sarà ancora devastante per tutto il comparto turistico e non solo. La provocazione che voglio lanciare è: ma c’era davvero bisogno di una crisi del genere per mettere in pratica attività e innovazioni di cui si parla da anni? Vediamone una carrellata.
Ah, ma allora i social servono davvero?
Mai come in questo periodo gli hotel sono stati tanto attivi sui social. Mai come in questo periodo hanno chiesto consigli e interventi per l’utilizzo di strumenti che per troppo tempo sono stati trascurati e di cui da troppo tempo si sottovaluta la portata. Ma non cantiamo vittoria. Troppo spesso, infatti, mi sono sentita dire voglio occuparmi dei social, adesso che ho tempo. E questo, non c’è bisogno di spiegare il perché, non è affatto rassicurante. E così ci siamo trovati di fronte a pagine Facebook e profili Instagram che dal Capodanno 2019 erano desolati come la steppa desertica del Gobi orientale a canali social quotidianamente aggiornati e, in molti casi, finalmente coinvolgenti. Sembra che si sia finalmente capita l’importanza di questi strumenti per instaurare relazioni di valore con gli ospiti.
Non userò la frase la pandemia è servita a… (ripeto, è servita soltanto a mettere in crisi il settore) ma forse non doveva servire la pandemia per…
Quella incontenibile (e nuova!) voglia di newsletter
Perché non scriviamo una newsletter per informare i nostri clienti sulla situazione dell’hotel, per far sentire loro la nostra vicinanza in questo momento, per dirgli che non vediamo l’ora di accoglierli, appena sarà possibile? Dopo anni in cui la newsletter è stata – erroneamente – considerata la cenerentola del marketing e rispolverata soltanto per promuovere i last-minute della disperazione e per inviare discutibili auguri di buon Natale con renne, alberelli e amenità simili – magari a indirizzi inattivi, morti e sepolti – non solo sta vivendo adesso una seconda giovinezza, ma pare che se ne sia anche finalmente compreso il vero ruolo.
Meglio tardi che mai.
Perché non facciamo un virtual tour?
Per promuovere il territorio. Per mostrare le bellezze della nostra location e invogliare gli utenti a visitarla. Così mentre sono a casa possono vedere tutti i punti di interesse e pensare di pianificare un viaggio.
Esattamente quello che viene suggerito da anni. Peccato sia stato necessario trovarsi in una situazione del genere per rendersi conto di quanto sia importante promuovere la destinazione e ispirare gli utenti nella fase che precede la prenotazione per influenzare la sua scelta anche attraverso le esperienze local.
Il food delivery, quell’occasione (finora) perduta
Sono anni che il fenomeno del food delivery cresce in maniera costante. E non soltanto per una questione legata alla mancanza di tempo. Stando al rapporto FIPE 2019 il 38,6% degli italiani che fruisce di questo servizio lo fa per rilassarsi e non dover pensare alla preparazione del pasto, mentre il 21,6% per avere il tempo di conversare con amici e parenti. Il food delivery non deve essere associato quindi esclusivamente alla pizza veloce davanti al pc. Si tratta di un servizio sempre più legato all’esperienza. Lo stesso discorso vale per il room delivery e il delivery in spiaggia, proposte che molti albergatori stanno implementando in questo periodo. Tanti ristoranti sono riusciti a sopravvivere durante il lockdown grazie a questa attività e tanti si sono resi conto che può diventare un’offerta parallela per incrementare il proprio business. Ma da quanto tempo è in crescita questo trend? E quante occasioni di maggior guadagno e miglioramento dell’offerta sono state perse?
Qr Code menu: il futuro che viene dal 1994
Eh sì, il qr code è stato sviluppato in Giappone proprio nel 1994. Applicato alla ristorazione, consente di accedere al menu digitale in maniera semplice e veloce. Grazie a questo sistema è più facile e molto meno dispendioso aggiornare il menu e la carta dei vini, anche nell’ottica di offrire un menu più snello e di cambiarlo con maggiore frequenza. Il menu digitale attraverso l’accesso al qr code offre anche la possibilità di fidelizzare il cliente attraverso la richiesta di mail e dati da utilizzare per newsletter profilate. E perché si è cominciato a usarlo? Perché è igienico.
Ah, c’è vita oltre Booking.com?
Sì, c’è vita. E si respira anche aria buona. Non è dal marzo 2020 che si parla di distribuzione multicanale, di canali tematici che possono aiutare l’hotel a raggiungere il proprio target in maniera più mirata delle OTA generiche. Da quando è cominciata la crisi è decisamente aumentata l’attenzione di esperti e operatori nei confronti di canali diversi rispetto a Expedia e Booking.com, in grado di valorizzare al meglio il brand e di fornire all’hotel una vetrina più di nicchia. La distribuzione multicanale non è però certo l’invenzione dell’anno, né tantomeno una rete di salvataggio per i momenti di crisi, ma un’attività che consente di ottenere grande visibilità per tutti i punti forza della struttura e verso pubblici più profilati.
Online check-in: troppo comodo per essere vero
Sembra davvero troppo bello che adesso tutti gli hotel stiano attivando questo servizio, finora piuttosto raro da trovare. Evitare la fila all’arrivo, poter accedere alla camera più velocemente – magari dopo un lungo viaggio – ed essere accolti con calore dai receptionist che, dispensati dal lavoro burocratico, invece di chiedere i documenti come in questura, trovano il tempo di sorridere, chiedere all’ospite come sia andato il viaggio, accompagnarlo in camera e offrire un drink di benvenuto. Ma cosa c’era, esattamente, di così difficile e irrealizzabile?
Whatever works, direbbe qualcuno. E, in parte, è vero. E alla fine è un bene che si sia scoperta l’importanza di tante attività prima d’ora ignorate e che la crisi abbia in qualche modo accelerato la penetrazione di trend già in essere. Detto questo, nasce spontanea l’amara riflessione che se il settore ospitale in Italia non fosse stato in passato così resistente ad accogliere le innovazioni, forse si sarebbe trovato più pronto e meno spaesato di fronte all’obbligo di cambiamenti per molti così repentini. Innovare significa anche questo. Un consiglio? Per il futuro, lasciatevelo dire prima.
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