Che cosa si intende oggi per destinazione turistica? E cosa è cambiato per colpa della crisi? Facciamo il punto della situazione, sperando in una ripartenza reale.

In base alle indicazioni della UNWTO sappiamo che l’essere destinazione turistica implica tre macro attività tra loro variamente combinate:

  • coordinare le risorse turistiche
  • coordinare i servizi e le infrastrutture
  • coordinare le policy di promozione e accoglienza.

È inoltre consigliato che i principali processi decisionali avvengano su basi partecipative, con un ampio coinvolgimento degli stakeholder pubblici e privati.

In Italia da una decina d’anni circa, in circostanze e in occasioni non sempre pertinenti, parliamo di DMO, Destination Management Organization, non cogliendo talvolta la sottile ma necessaria e sostanziale differenza tra la pratica di DMO, quindi la messa in atto di una metodologia, e il fare DMO cioè l’istituire o rendere funzionanti soggetti organizzati e modelli di governance che fanno destination management i quali, più propriamente, dovrebbero essere chiamati DMC, cioè Destination Management Company.

Non è una disquisizione astratta perché purtroppo le crisi non sono occasioni ma soprattutto rogne con costi umani, industriali e sociali spesso distruttivi, che mettono a nudo ipocrisie, debolezze culturali e insufficienze operative strutturali. La trasformazione poi di questi accidenti in potenziali opportunità dipende ovviamente dall’onestà intellettuale, dalle competenze e dal duro lavoro in profondità che si è disposti a sviluppare. Proviamo a ragionarci assieme.

L’impatto davvero grave e drammatico di covid-19, da marzo a oggi, ha reso evidente per esempio:

  • un errore di marketing madornale, cioè una diffusa assenza di orientamento strutturato al cliente, a dispetto di Philip Kotler e del suo Marketing Management
  • un pensiero debole che non dimostra di relazionarsi al cliente-turista come alla prima risorsa dell’impresa e della destinazione
  • una mancanza di sensibilità e azione verso il cliente-turista inteso innanzitutto come persona, alla faccia del Clue-train Manifesto (ma chi l’ha letto?) e dell’assunto i rapporti di mercato sono conversazioni tra persone
  • un disarmante vuoto di dati e informazioni strutturate nelle imprese e nelle organizzazioni di vario tipo delle destinazioni – ma anche di semplici anagrafiche un po’ curate – peraltro indispensabili per riallacciare in vario modo quei rapporti interrotti a causa della pandemia
  • una difficoltà altrettanto diffusa a promuovere e sviluppare survey verso i propri clienti di riferimento (che sarebbero potenziali repeaters!) per capire come è cambiato il paradigma della domanda e per disporre di informazioni nuove e oggettive – indispensabili! – in base alle quali provare a rilanciare un pezzo della stagione 2020 e a programmare quella 2021
  • un’incertezza totale su chi, quando e a quale livello – locale, regionale, di cluster di prodotto o di gruppi di imprese? – queste priorità di interlocuzione e policy di restarting dovessero essere messe in atto e sulla base di quali risorse
  • l’assenza, purtroppo e di conseguenza, di qualunque contenuto di offerta turistica innovativa, con approcci di promozione del tutto indifferenti a quello che è avvenuto, con improbabili gare ad affermare chi è più bello perché è bello oppure con incidenti anche volgari e incolti senza soluzione di continuità da nord a sud del Paese
  • alla fine, l’inevitabile scorciatoia della pubblicità a pagamento, magari anche ben fatta e simpatica, con uffici stampa e digital pr robusti ed efficienti, ma con l’unica novità della multi-canalità; certo, azioni e investimenti (comunque pubblici) utili e necessari, almeno dai … ci specchiamo, vediamo che esistiamo ancora, ci rincuoriamo con un po’ di turismo di prossimità nei weekend soprattutto auto munito (sostenibilità? non è il momento).
    Ma per promuovere cosa, con quale resa e con quale disegno di fondo?

Se vogliamo uscire da questo inviluppo e sostenere/favorire fattivamente progetti strategici che al momento appaiono come acrobazie interregionali dove l’unico benchmark è il volume spesso incontrollabile delle presenze, a loro volta non sostenibili, potremmo tentare di mettere in opera alcune buone pratiche e strumentazioni di destination management come per esempio:

  • infrastrutture aperte di dati small & big, accessibili per preferenze e ruoli (come già esistenti in Spagna)
  • portali digitali di promo-commercializzazione potenti e world wide (come stanno progettando in Francia)
  • nuove e vere DMC pubblico-private di co-investimento che non siano solo delle Srl in-house (come troviamo in Svizzera, in Slovenia, in Germania o in Olanda)
  • qualche parco scientifico integrato turismo+design+digitale+heritage+food+etc. che faccia e spinga a fare ricerca e innovazione industriale (come in Catalogna)
  • qualche master/corso di marketing e marketing di destinazione fatto sui fondamentali (come un po’ ovunque)
  • survey clienti-turisti sistematiche fatte da osservatori turistici di destinazione trasparenti (come non ne esistono ancora in Italia!) per alimentare quelle infrastrutture di dati aperte e sostenere policy efficienti di innovazione e marketing utili alle imprese e agli interessi economico-sociali dei territori di destinazione
  • etc.

Si può dire, senza timore di essere smentiti, che nessuna bacchetta magica post lockdown è disponibile.

Tuttavia, come scrive proprio Philipe Kotler «Le imprese dovranno ripensare le loro strategie relative a prodotti e servizi, nonché la pianificazione della comunicazione e i relativi output. Dovranno fare ricerca sui cambiamenti emergenti negli atteggiamenti e nei comportamenti dei consumatori causati dal coronavirus. Dovranno decodificare un nuovo panorama di concorrenti. Le imprese potrebbero dover rivedere la loro value proposition, le linee di prodotti, i segmenti di mercato e le aree geografiche servite. … L’industria dei viaggi e dell’ospitalità sperimenterà una ripresa con una curva a “L”. Molti cittadini esiteranno a volare verso località in cui non possono contare su servizi medici locali in caso di malattia. … Gli eventi di intrattenimento locali come spettacoli di opera, teatro, balletto o addirittura eventi sportivi mostreranno una ripresa con una curva a “L”. I cittadini esiteranno a sedersi a pochi centimetri gli uni dagli altri … » (Il Sole 24 Ore, 26 giugno 2020).

Siamo cioè di fronte a un immenso e necessario lavoro da sviluppare assieme, non c’è tempo da perdere.

*Beppe Giaccardi è consulente di strategia, Founder e CEO Studio Giaccardi & Associati – Consulenti di Direzione