Sì, viaggiare! Intervista a Gian Paolo Venier.
La creatività, che sa di mare e di vento, di Gian Paolo Venier di Studio OTTO by Paola Navone, un nomade dalle mille vite possibili per il quale l’hôtellerie dovrebbe essere un mix bilanciato di gioco, autoironia, spensieratezza, divertimento e gesti di attenzione per l’ospite.
we:ll magazine ha incontrato Gian Paolo Venier di Studio OTTO durante una sua breve sosta milanese, in occasione della Design Week, che lo ha visto presentare prodotti originali e, almeno apparentemente, molto diversi tra loro. Ne è scaturita un’intervista leggera e scanzonata, come i lavori che nascono dalla sua creatività.
we. Passando dall’ironico utilizzo del cemento per Urbi et Orbi, alle coloratissime soluzioni per Urban Pic Nic nello showroom di Karpeta, che parlano del “fuori” delle nostre abitazioni, dalle sedute per Valentini alle carte da parati per Spaghetti Wall, addentrandosi poi nel tuo variegato mondo di designer di interni per l’hôtellerie, si seguono due filoni distinti: la ricerca industriale e l’artigianato di valore.
In realtà alla base di tutto il mio lavoro, anche se sembra banale dirlo, c’è l’uomo. Progettare mettendo al centro il benessere dell’uomo, ecco ciò che mi dà più gioia in assoluto! E quando parlo di uomo al centro del mio progetto io intendo la cura e l’attenzione al suo benessere. Nel disegnare le poltrone presentate al Salone, per esempio, – The Gentleman per Valentini – ho pensato innanzitutto alla loro comodità, alla “coccola” che ne sarebbe derivata per l’utilizzatore. La prima domanda che mi pongo nel progettare è sempre la stessa: che effetto si prova nell’usare questo oggetto?
we. Nel progetto Making Knots hai realizzato la quadratura del cerchio: una realizzazione di design ad alto valore etico/sociale. Come ci sei riuscito?
Making Knots – l’installazione per Spaghetti Wall realizzata durante il Fuorisalone con Giorgio Biscaro, a sostegno di UNHCR (l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) e della sua iniziativa MADE51 – estremizza questo concetto di uomo al centro, ma esula dal progetto di design in senso stretto. Making Knots è un gesto estetico al servizio di un progetto umanitario. Il modello di ecosistema di MADE51 coinvolge circa 4.000 artigiani profughi, di cui l’85% donne, in 23 Paesi, e aiuta i prodotti degli artigiani a raggiungere il mercato globale.
L’obiettivo primario dell’istallazione era quindi quello di stimolare il pubblico verso un tema che io sostengo da sempre: restituire dignità attraverso il lavoro. Che poi, grazie a Spaghetti Wall, abbia dato anche un esito di design, ancora meglio!
L’aspetto fondamentale è che, attraverso il lavoro di queste “mani intelligenti”, come amo definirle, vogliamo recuperare il saper fare, le tradizioni, la cultura di questi profughi. Anche se hai perso tutto ciò che possedevi, non hai perso ciò che costituisce il tuo valore inestimabile come persona.
we. E come vorresti si sviluppasse il progetto?
Sto riflettendo molto su questo e credo che questo progetto sociale possa sposarsi bene con il nostro modo di fare interior design per l’hôtellerie. L’artigianato di alto valore estetico trova già spazio nei nostri progetti, l’idea è, quindi, quella di mantenere l’imperfezione del fatto a mano, che rende il prodotto friendly, coniugandola con il nostro know how.
we. Da dove trai ispirazione per i tuoi progetti e i tuoi prodotti?
Dalla mia curiosità. Io sono una persona estremamente curiosa del mondo. La curiosità è ciò che mi fa alzare dal letto la mattina e iniziare una nuova giornata. I miei progetti, tuttavia, vivono a volte di vita propria. Mi spiego meglio! Quando mi metto a tavolino a lavorare, le esperienze, le sensazioni che ho assorbito durante il mio curiosare in giro per il mondo escono dal cestino, nel quale convivono in allegro disordine con mille altri spunti ed emozioni, e cominciano a camminare sulle loro gambe.
Quando parlo di viaggio, naturalmente, non intendo solo il semplice spostarsi fisicamente, ma, in senso lato, una modalità molto intima e mentale, che mi stimola a cambiare il punto di vista e a rompere gli schemi quotidiani per cercare ciò che non so e non conosco. Questo è, in estrema sintesi, anche il senso ultimo della mia ricerca. Non è necessario, a volte, spostarsi verso luoghi sconosciuti per viaggiare; anche in posti noti, spesso, si possono scoprire cose nuove.
we. A proposito di viaggi. Da nomade, per scelta e per impegni professionali, cosa vuol dire per te accoglienza? Cosa cerchi quando sei fuori casa, finisce la tua giornata di lavoro e rientri in albergo?
Mi aspetto di trovare cura. L’essenziale per me è percepire che è stata messa attenzione al mio benessere. Gesti di cura ben leggibili sono quelli che fanno per me la differenza.
A volte in posti, pur bellissimi, l’esperienza dello stare non è affatto memorabile come ci si aspetterebbe mentre, in luoghi molto più modesti, si ha un’esperienza di cura massima, si percepiscono gesti sussurrati di vera attenzione, insomma di lusso agito, quello vero, non sbandierato!
we. Cosa intendi?
Noi continuiamo a parlare di lusso usando codici e linguaggi ormai superati. Prendere il meglio delle cose che ti vengono proposte, godendone fino in fondo, questo è lusso per me. E in ciò design e servizio devono lavorare a braccetto.
we. Qual è il requisito fondamentale quando ti viene affidato un progetto di hôtellerie?
La cura dell’ospite è sempre al centro del brief, naturalmente, insieme all’innovazione. Anche se l’innovazione, a volte, richiede cambiamenti nelle prassi e nei processi operativi ormai rodati e già risultati vincenti altrove. Coniugare la massima efficienza dell’operation con i necessari cambiamenti: questo è il bilanciamento che ci viene richiesto. Non sempre questo è facilmente raggiungibile e in ciò risiede la vera difficoltà, la sfida da vincere.
we. Sulla scorta della tua esperienza, qual è il fattore critico di successo di un progetto di hôtellerie?
Lo storytelling, inteso come idea estetica che sta dietro al progetto. Ciò che ti resta addosso quando vivi l’hotel! Se quell’idea è forte, accettata da tutto il team e metabolizzata, il progetto funziona!
we. Quanto sono importanti le radici di mare e di vento nel tuo lavoro?
Nel lavoro io riporto l’idea di come sto nel mondo, di ciò che ricerco. La mia idea di felicità è stare in riva al mare della Grecia, sferzato dal meltemi, in estrema semplicità. Io punto alla leggerezza, alla semplicità in ogni aspetto della mia vita. Ciò che cerco nella mia vita privata lo porto anche nel mio lavoro.
Gioco, autoironia, spensieratezza e tanto, tanto divertimento, inteso in senso etimologico: nei miei lavori tutto risponde a questa voglia di leggerezza e di gioia di vivere.
°°°
Guarda altri progetti di OTTO Studio.
Como Le Montachet. Quel fuori scala di OTTO.
Tags In
TAGS
CONTATTI
Redazione: redazione@wellmagazine.it
Advertising: advertising@wellmagazine.it
NEWSLETTER WE:LL
Ricevi i nuovi articoli pubblicati e gli aggiornamenti di we:ll magazine direttamente sulla tua email!