Quel cattivo gusto social di certi hotel in tempo di guerra.
I venti di guerra dall’Ucraina hanno portato nel mondo dell’hotellerie italiana una inusitata voglia di presenzialismo sui social in nome di una solidarietà che sa di strumentalizzazione. Siamo sicuri che giovi alla reputazione del settore?
In tempo di guerra ogni social è trincea. Sì, proprio così. Dopo l’invasione dell’Ucraina non passa inosservato un rinnovato interesse per i social media da parte di molti alberghi italiani che mai erano stati tanto presenti. Così abbiamo assistito alla riesumazione di pagine Facebook il cui ultimo aggiornamento risaliva ai tempi dei carri armati su Praga. Sono improvvisamente resuscitati profili Instagram e LinkedIn abbandonati da ben prima del crollo del Muro.
Da giorni, infatti, è tutto un fiorire di immagini che ritraggono albergatori splendidi splendenti che si fanno fotografare con i profughi ucraini che stanno ospitando. Sorrisi a tremila denti abbracciati a gente disperata e disorientata, il tutto accompagnato da aforismi sulla pace e dall’immancabile NOI CI SIAMO. A rendere il tutto più grottesco, qualche emoticon di cuori, mani giunte, cagnolini e volpi felici.
Bene, bravi. È indubbiamente lodevole che molti hotel abbiano deciso di aprire le proprie porte a persone che scappano dalla guerra. E fanno bene anche a comunicarlo sui social, ci mancherebbe. Si tratta comunque di messaggi positivi, di pace e solidarietà. Una solidarietà che rischia però di diventare pelosa se si eccede in questa tipologia di comunicazioni.
Far mettere in posa persone che sono state costrette a lasciare la propria terra e la propria vita per spararvi dei selfie acchiappa-like non contribuirà in alcun modo a migliorare la brand reputation dell’hotel. Servirà soltanto a prendere qualche like che dopo pochi minuti verrà dimenticato e a ricevere commenti da amici e colleghi che vi anticipo: Sei grande, Sei il numero uno, Sei una bella persona, Che bella famiglia!! Insomma, commenti inutili in cui ve la cantate e ve la suonate con i vostri amici e colleghi con risposte tipo Facciamo solo il nostro dovere, rigorosamente condite da cuoricini come sopra.
Una guerra combattuta a suon di emoticon e autocompiacimento. Ma vi siete domandati cosa penseranno di voi i vostri ospiti e gli ospiti potenziali di fronte a certi contenuti? Penseranno l’unica cosa che si possa pensare, cioè che vi state facendo pubblicità sulla pelle altrui. La solidarietà si fa in silenzio. Tutto il resto è inelegante presenzialismo, per non dire di peggio.
La riflessione nasce dopo aver letto moltissimi contenuti di questo tipo – che di certo non fanno che alimentare polemiche e non contribuiscono in alcun modo a migliorare l’immagine dell’hotel – e dopo aver ricevuto molte richieste di consigli in questo senso. Tanti albergatori si stanno infatti interrogando su come gestire la comunicazione in questo particolare momento storico. Che dire? Lanciate messaggi di pace e di ospitalità come sempre dovreste fare. Manifestate solidarietà a tutte le persone coinvolte nel conflitto. Soprattutto, mantenete i contatti con i vostri clienti ucraini, russi e provenienti da tutti i paesi in guerra [che purtroppo sono tanti] e, se potete, aiutateli concretamente.
Questa è l’unica vera comunicazione ospitale da tenere. Perché non deve esistere un marketing della guerra.
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