Dagli spazi per i clienti all’offerta gastronomica, il percorso di Luca Doro, fatto di passione contagiosa e innato virtuoso talento, è un esempio speciale dell’evoluzione di un settore molto attivo tra tradizione e innovazione.

Siamo stati da Luca Doro, pizzaiolo oramai famoso ben oltre il suo territorio: Macerata Campania, in provincia di Caserta. Locale molto bello, tavoli ben distanziati tra loro, servizio garbato e professionale, buone etichette. Il nome esatto del locale è Pizzeria Doro Gourmet.
Luca Doro ha voluto creare un ambiente che riflettesse i suoi principi, scegliendo di realizzare la sua pizzeria interamente in legno. Questo materiale naturale non solo conferisce un’atmosfera calda e accogliente, ma rispetta anche l’ambiente, in quanto proveniente da fonti sostenibili e rinnovabili.

Ascoltiamo Luca che ci narra i suoi esordi: “La mia passione nasce a Macerata Campania, ma la voglia di continue ricerche di gusti originali mi ha portato a viaggiare per il mondo, lavorando come cuoco e pizzaiolo tra Amsterdam, Brasile, Colombia, New York e Londra. Nel 2014 sono ritornato e ho aperto un’attività d’asporto; nel 2018 ho aperto l’attuale locale, sempre a Macerata Campania”.

Piccoli agricoltori e produttori locali.

La sostenibilità si riflette anche in ogni fase della produzione: dalla selezione delle materie prime all’attenzione agli sprechi alimentari. Il lavoro di Luca è una dimostrazione di come l’equilibrio tra tradizione e innovazione possa portare a un impatto ambientale ridotto, senza compromettere qualità e gusto.
Luca Doro non si limita a fare scelte ecologiche. La sua visione è guidata da un forte senso etico, che abbraccia sia la responsabilità verso l’ambiente sia quella nei confronti delle persone.

Ascoltiamolo: “Utilizzare grani siciliani e prodotti a km 0 non solo riduce l’inquinamento, ma promuove anche un sistema economico più giusto, supportando i piccoli agricoltori e produttori locali. In un contesto in cui le grandi multinazionali spesso dominano il mercato alimentare, io difendo un modello in cui le persone e la qualità del lavoro vengono prima del profitto. Voglio dimostrare che è possibile unire eccellenza culinaria e rispetto per l’ambiente, ponendo al centro del mio lavoro la valorizzazione del territorio e delle sue risorse, il tutto con un occhio attento alla filiera corta e alle esigenze della nostra società”.

Quali sono i plus di Luca Doro?

I plus sono almeno tre, qui elencati senza attribuire ranking.
Luca conosce per vissuto diretto (primo plus) e non solo per sentito dire le tradizioni vere della cucina del suo territorio, quella piana fertile tra la reggia di Caserta e l’anfiteatro campano di Santa Maria Capua Vetere dove si coltivava la canapa, che dava ricchezza, e dove i tempi e i modi del vivere, scanditi dalla lavorazione della canapa, si sostanziavano appieno nell’agricoltura, in essa includendo la stalla, il porcile e gli altri animali di corte.

Luca ha avuto, e ha tuttora, come maestra la sua amatissima nonna. La sua confidenza con i fornelli (secondo plus) lo abilita a pensare a pizze desunte da sughi di primi piatti ed elaborazioni di secondi, rigorosamente della cucina di casa di una volta. Ergo, topping saporiti e originali.

Ed eccoci pertanto alla scoperta della pizzellessa, che accoratamente ci viene raccontata dal suo autore, dal patron Luca: “La mia pizzellessa è ispirata alla past’e’llessa, il piatto tipico della festa di Sant’Antonio Abate. Sant’Antuono si festeggia a Macerata Campania per scacciare gli spiriti maligni, facendo suonare i tini, le botti e le falci come degli strumenti a percussione per creare ritmi apotropaici. A questa festa ho dedicato la mia pizzellessa con castagne di Roccamonfina IGP cotte e in crema, la mozzarella di bufala campana DOP, provola di latte nobile, grattugiata di conciato romano – formaggio presidio Slow Food – e polvere di pomodoro riccio casertano disidratato”. In passato, nella stagione invernale, gli ingredienti del topping della pizzellessa costituivano il sugo adatto a condire il piatto volto a saziare i robusti appetiti dei contadini.

E il terzo plus? Eccolo: Luca Doro nel recente passato non si è tenuto fuori dalle accecanti e talvolta dannose luci di effimera ribalta. In resipiscenza si è chiamato fuori da tutto ciò. Ha compreso che i veri giudici legittimati a sentenziare sul suo operato sono i suoi clienti. Clienti che oramai giungono da ben oltre il vicinato. La sua oramai è pizzeria di una destinazione. Fama strameritata, ottenuta grazie al suo lavoro e, in giunzione con esso, ai succitati due plus.

Una cena in una sera di novilunio.

Alla memoria attingendo, ancor prima che agli appunti, raccontiamo di una cena in una sera di novilunio, martedì 3 settembre.

Imperdibile il fritto misto: arancino, crocchè e frittatina. Suadente il suggerimento e pertanto impossibile rifiutarsi, giunge in tavola una saporita montanara: il pomodoro San Marzano DOP viene spadellato con aglio di Nubia, poi ci cade sopra una generosa spolverata di Parmigiano reggiano DOP, una fogliolina di basilico e olio evo. A proposito di olio evo, qui c’è la carta degli oli che consta di ben sei oli: quattro campani, uno pugliese e uno siciliano.

Ed eccoci alle margherite a ruota di carro di Luca Doro, in carta in numero di cinque. Optiamo per la margherita la scuola del pomodoro. Lo squisito topping è costituito da fiordilatte, pomodoro del piennolo giallo e rosso, pomodoro cannellino flegreo, pomodoro cannellino flegreo candito, pomodoro San Marzano sott’olio, crema di Parmigiano reggiano, olio evo e basilico. La dimostrazione, in pratica, che mai e poi mai il pomodoro potrà essere inteso come commodity. Qui di pomodori, ciascheduno armonicamente allocato, ce ne sono ben cinque!

Prendendo a pretesto che degustare una margherita avente fiordilatte e privarsi della degustazione della margherita con mozzarella di bufala è reato penale, allegramente, in trionfo di convivialità, Luca porta in tavola la sua margherita flegrea: pomodoro cannellino flegreo, mozzarella di bufala campana DOP, olio evo, Parmigiano reggiano e basilico.

Si chiude, e come potrebbe essere altrimenti, con la pizzellessa. Si chiude?! Errore: si sarebbe dovuto chiudere con la pizzellessa ma, sorpresa, arriva la pizza nel ruoto. La parola a Luca: “In questi anni ho ripreso a fare classici della tradizione come la pizza a ruoto, omaggio al mio borgo natio e alle sue origini contadine. L’ho denominata 81047”. Struggente già all’occhio, il topping già appaga vista e olfatto ancor prima che il gusto: pomodoro del piennolo giallo rosso, olive caiazzane, capperi di Salina, aglio, acciughe di Cetara, pinoli, uva passa e olio evo.

Nei calici Falanghina del Sannio DOP di Cantine Iannella e poi, con la pastellessa, ottimo si è rivelato l’abbinamento con la Bonarda frizzante Oltrepò Pavese di La Brughera di Giorgi.

Dulcis in fundo, la pizza dolce: Delizia Doro crema e amarena.