Open Project. L’architettura come cambiamento.
Può il progetto di un hotel riqualificare un’area urbana? Vengono in mente alcuni esempi significativi, il 25hours a Firenze, Demo Hotel a Rimini, Areadocks a Brescia. Approfondiamo il tema con Francesco Conserva, co-founder di Open Project.
we. In che modo il progetto di un hotel può dare un’identità nuova e un futuro differente a un quartiere?
La rigenerazione urbana per noi è un tema centrale. A Bologna ci sono aree urbane che fino a poco tempo fa erano considerate semi-periferia o periferia e che oggi hanno acquistato nuova rilevanza proprio perché vicine a snodi importanti, per esempio a una stazione ferroviaria. Abbiamo diverse esperienze a riguardo: abbiamo realizzato il The Student Hotel a Bologna, che si trova in un immobile che era rimasto bloccato per diversi anni alle spalle del treno ad alta velocità. Quando abbiamo iniziato i lavori era una zona della città poco valorizzata, adesso, a due anni dall’inaugurazione dell’hotel, il progetto è diventato un volano per la rigenerazione di quella parte della città, che oggi vive una nuova stagione, di attività e dinamismo. Anche nel caso dell’hotel Porta Mascarella si parte da un lotto in una zona trascurata, su cui si era investito poco o nulla e che non aveva identità. L’idea del progetto è proprio quella di dare una nuova identità a questa porzione di città, realizzando spazi ibridi aperti a tutti, che accolgono gli abitanti della zona. Il concept è capovolto rispetto ai canoni, con i piani alti a sovrastare la città per goderne appieno, traguardando da un lato il centro storico e le colline e dall’altro un’infrastruttura importante come la stazione ferroviaria. Con tutta probabilità a breve distanza di tempo dall’apertura dell’hotel Porta Mascarella, che avverrà nel 2023, la struttura diventerà il centro di relazioni locali. L’abbiamo già visto succedere con il The Student Hotel: questi luoghi diventano punti di incontro e di connessione, creano nuovi posti di lavoro e nuove filosofie di lavoro, fanno rete con le piccole realtà locali, mettono in dialogo persone e risorse complementari, accrescono la microeconomia urbana.
we. L’approccio di Open Project al progetto mette al centro l’essere umano con le sue esigenze e il suo benessere. Come si realizza questo processo?
Per noi l’essere umano è al centro della nostra attività ma è importante precisare che non si tratta di un uomo inteso in senso rinascimentale, vitruviano, intorno a cui tutto ruota; al contrario pensiamo che l’essere umano fa parte di un ecosistema complesso, si trova al suo centro nel senso che è il primo responsabile e artefice dei cambiamenti dell’ecosistema, perché può incidere su di esso positivamente o in maniera disastrosa. Per questo il fine ultimo della nostra azione è quello di cercare di dare un contributo all’economia circolare dell’ambiente. La nostra idea di benessere e di qualità del progetto non è esclusiva ma, al contrario, contempla tutti gli esseri viventi. Non è solo giusto che sia così, è anche necessario, altrimenti a lungo andare le conseguenze sarebbero drammatiche per la sopravvivenza degli stessi esseri umani. In questo momento storico in cui si parla molto di green e sostenibilità, a volte anche a sproposito e in maniera superficiale, noi incentiviamo processi ecologici e cerchiamo di far capire ai nostri clienti come la filosofia di approccio può essere indirizzata diversamente, li guidiamo affinché possano guardare con attenzione e reale utilità ai processi di sostenibilità, attraverso modalità realizzabili di cambiamento e occasioni concrete di sviluppo.
we. L’architettura come agente di cambiamento?
Certamente, questa prospettiva fa dell’architettura un volano di riqualificazione urbana non solo in termini ambientali ed estetici ma anche sociali, perché proprio attraverso un progetto architettonico si può incidere sulle dinamiche relazionali e umane di un contesto. Quando iniziamo un progetto ci mettiamo sempre in ascolto della comunità, cerchiamo di leggere il luogo e il contesto, si tratta di un processo di interpretazione di quelle che sono le esigenze esplicite ma anche delle aspettative e necessità nascoste sia del committente che definite dal posto in cui verrà realizzata l’opera. Lo abbiamo sempre fatto e continuiamo a farlo per i progetti di hospitality così come per gli spazi di lavoro e per tutte le nostre realizzazioni, facciamo nostra la filosofia di Adriano Olivetti, che vede in un’azienda, in un business il centro di una comunità, attorno al quale si raccolgono le aspettative e le necessità delle famiglie e alle quali bisogna guardare quando si progetta uno spazio, affinché questo possa dirsi realmente vivibile e di qualità.
we. Riqualificare un’area urbana oggi significa necessariamente anche affrontare il tema della sostenibilità nel costruito. Voi avete ricevuto numerose certificazioni internazionali per il bassissimo impatto ambientale dei vostri progetti ma cosa significa creare un’opera che non danneggia l’ambiente nel concreto?
La sostenibilità è al centro del nostro operato e dei nostri obiettivi, non si può non pensare con grande responsabilità al ruolo che ha l’architettura di creare un ambiente sano realizzando i presupposti per il benessere della comunità. Per questo abbiamo creato Open Project Sustainability Hub, un centro di ricerca che mette a sistema molte competenze e figure diverse e ha come obiettivo quello di sviluppare soluzioni e fare rete per trovare le risposte ai principali problemi legati alla sostenibilità, sia in termini di impatto ambientale, che di rilevanza sociale e finanziaria. L’Hub raccoglie l’elevata esperienza e competenza di professionisti del settore, fra i quali: Adrea Botti, Marco Capelli, Annamaria Draghetti. Attualmente siamo in grado di progettare, realizzare e monitorare i dati e il comportamento di un edificio nel corso di tutta la sua vita. Questo ci consente di seguirlo nel tempo, di prevederne e indirizzarne da subito i consumi e l’impatto ambientale. Per questo realizziamo costruzioni intelligenti e flessibili, che possono essere ritarate a seconda di come cambia il loro uso, di come le abitudini al loro interno variano nel tempo. In questo modo gli sprechi sono azzerati e le emissioni ridotte al minimo, in breve sono edifici che consumano poco e inquinano ancor meno.
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