Un tuffo nella storia, tra grandi Expo Universali, medaglie d’oro e blend di aceto invecchiati 90 anni. Alla scoperta dell’aceto balsamico tradizionale di Modena attraverso le parole di Claudio Stefani Giusti, owner e ceo dell’azienda. Una storytelling per fare cultura.

C’è aceto e aceto ma solo uno è l’aceto balsamico tradizionale di Modena DOP. E su questa parola, tradizionale, Claudio Stefani Giusti, da diciotto anni amministratore delegato dell’azienda Gran Deposito Aceto Balsamico Giuseppe Giusti di Modena, insiste parecchio in un racconto che parte dal passato. Precisamente più di quattrocento anni fa, nel 1605, quando la famiglia Giusti legò il suo nome alla produzione di aceto balsamico che, ancora oggi, arrivata alla sua diciassettesima generazione, produce secondo la ricetta della tradizione.

Claudio Stefani Giusti.

“Il nostro aceto balsamico ha dietro tanta storia, la nostra linea del tempo che inizia più di quattrocento anni fa, dalle prime testimonianze della fondazione dell’acetaia nel 1605 ai riconoscimenti e alle medaglie d’oro che il nostro prodotto ha vinto nelle Grandi Esposizioni nazionali dell’Ottocento, al privilegio di poter utilizzare sull’etichetta lo stemma reale dei Savoia”, afferma Claudio Stefani Giusti.

we. Ma in cosa consiste il procedimento che porta alla produzione dell’aceto balsamico tradizionale di Modena?

Prima di tutto c’è la scelta delle uve che vengono cotte a temperature non superiori ai settantacinque gradi per trasformarle in saba, cioè il mosto cotto, conosciuto fin dai tempi degli antichi Romani. Si può dire che una delle attività principali è proprio quella di scegliere un blend di mosti che vengono poi fatti riposare in botti di legno vario, ginepro, gelso, rovere e altri ancora. A differenza dei produttori di vino, non siamo così soggetti alla qualità dell’uva, alla buona o cattiva annata, in quanto la cottura del mosto porta poi a un pareggiamento complessivo.

Gli ingredienti principale per la produzione di aceto balsamico tradizionale di Modena? Scelta delle uve, la qualità dei recipienti e il tempo.

Il prodotto nelle botti ossida e fermenta grazie all’aceto battero e all’ossigeno. Acidifica e migliora negli anni: cinque, sei, vent’anni di invecchiamento e più. L’aceto balsamico che venne portato da Giuseppe Giusti all’Esposizione Italiana di Firenze indetta dai Savoia nel 1861 era invecchiato novant’anni. E più le botti in cui viene fatto invecchiare l’aceto sono vecchie, di secoli, migliore è l’aceto balsamico che ne viene estratto.

La botte A3, conservata al museo Giusti, che conteneva l’aceto balsamico per l’Esposizione Universale di Firenze del 1861 invecchiato 90 anni.

Nelle botti antiche l’aceto viene meglio.

Le botti, con un foro nella parte superiore per permettere l’ossigenazione, vengono riempite all’ottanta per cento di mosto, in modo tale da garantire per il restante venti per cento la presenza d’aria. A seguito della fermentazione, parte del liquido evapora e viene rabboccato con aceto balsamico proveniente dalla batteria di botti selezionate per quel ciclo produttivo. Soltanto la prima botte verrà rabboccata con mosto recente, in modo da preservare l’invecchiamento dell’aceto balsamico presente nelle altre botti.

we. Quando avviene il boom dell’aceto balsamico di Modena, così conosciuto oggi in tutto il mondo?

A Modena l’aceto balsamico è una tradizione. Da sempre viene prodotto nelle case, più precisamente nelle soffitte perché per fermentare ha bisogno di un ciclo naturale di temperature fredde e calde, fino a oltre i trenta gradi. Ancora oggi, sono più di seimila le famiglie a Modena che si producono l’aceto in casa. Usanza nel modenese è di avviare una batteria di botti in occasione della nascita di un bambino, in modo che l’aceto balsamico sia pronto una volta che il bambino è cresciuto. Proprio ricollegandomi a questa tradizione, abbiamo creato un progetto luxury che si chiama Riserva Privata che consiste nell’affitto di una botte della nostra acetaia e la consegna di un certificato che attesta che, dopo il periodo di invecchiamento, l’estrazione dell’aceto balsamico da quella botte sarà di proprietà di chi l’ha affittata. Ma il successo nel mondo dell’aceto balsamico di Modena è storia recente e avviene negli Anni ’90. Prima di tutto all’estero, in quanto Modena è una città industriale, forte nella meccanica di precisione, nella robotica, nella ceramica, nel tessile e molto rivolta all’esportazione internazionale.

Mastro acetiere con matraccio, l’ampolla con la quale si assaggia l’aceto.

we. A quali mercati vi rivolgete?

Il trenta per cento della produzione è destinata al mercato nazionale ma per il settanta per cento ci rivolgiamo all’estero, la Germania prima di tutto, poi l’America e il nostro terzo cliente è la Corea. Il mondo orientale è molto legato al concetto di cibo come benessere e l’aceto balsamico, in Oriente, è sempre stato considerato un prodotto molto vicino alle medicine naturali. L’America invece è da sempre aperta ai prodotti che provengono dall’estero e poi non ha una grande storia culinaria quindi importa molto e poi gioca a favore il fatto che è un Paese di forte emigrazione italiana. Molto apprezzato il nostro aceto anche nell’Europa del Nord dove per loro tradizione aggiungono da sempre molti condimenti ai cibi. Il prodotto si colloca nella fascia medio-alta e per poter essere venduto bene ci deve essere un mercato, in particolare una classe media, ben sviluppato e acculturato.

La Boutique di Milano e, sotto, da sx quelle di Modena e Bologna.

we. È un prodotto che deve essere raccontato, per questo hai incrementato l’azienda di famiglia creando le Boutique Giusti, una a Modena, l’altra a Bologna e la più recente a Milano aperta nel dicembre 2021?

L’aceto balsamico tradizionale Giusti è un prodotto che si vende molto bene ma ancora meglio se viene spiegato e raccontato attraverso una storytelling che, nel nostro caso, è quella della famiglia Giusti. D’altra parte bisogna fare capire le differenze di costo di una bottiglia di balsamico rispetto a un’altra. A tutela dell’aceto balsamico tradizionale DOP, nel 1987 la Camera di Commercio di Modena incaricò Giorgetto Giugiaro di disegnare una bottiglia dalla forma molto somigliante a quella del matraccio, ampolla in vetro per l’assaggio dell’aceto balsamico, da allora utilizzata dai produttori per l’imbottigliamento del solo aceto balsamico tradizionale di Modena DOP. Dalla prima Boutique Giusti a Modena siamo arrivati ad aprire quella di Bologna e poi quella recentissima di Milano, dove, più che di prodotto si parla di storia e cultura del prodotto. In ognuno degli showroom in primo piano ci sono infatti le botti per spiegare prima di tutto il processo di produzione e poi tanti dettagli che ti portano a capire il valore del prodotto. A Modena abbiamo anche creato il Museo Giusti, dove accompagnare l’ospite in una experience culturale e di degustazione. Ho spinto moltissimo per fare visitare il museo. Lo scorso anno, nel 2022, abbiamo avuto più di 30000 presenze.

Il Museo Giusti.

Chi è Claudio Stefani Giusti.

Laureato in ingegneria gestionale a Bologna ma con una spiccata propensione per le dottrine umanistiche, lavora per otto anni in Accenture come Business Consultant in progetti di reingegnerizzazione di diverse realtà aziendali e poi in progetti internazionali a Dublino, Praga, Parigi. Nel 2005 entra nell’azienda di famiglia, Gran Deposito Aceto Balsamico di Modena Giuseppe Giusti, dove a breve diventa amministratore delegato e proprietario dal 2017. Crede fortemente nell’internazionalizzazione. “Viaggio e ho viaggiato tantissimo e ho capito che gli stranieri ci vedono molto meglio di come ci vediamo noi. Sono innamorati dell’italian life style e della nostra cucina”. E soprattutto crede nelle persone: “Sono la forza di un’azienda. Preferisco lavorare con persone magari con meno esperienza ma giovani, dinamiche, con voglia di fare.”

L’azienda oggi ha 70 dipendenti con un’età media di 30 anni. I punti di forza, oltre alla qualità del prodotto tradizionale, il posizionamento e la valorizzazione del brand e la gestione aziendale.