Turismo LGBTQ+: a che punto siamo? Ne parliamo con Giuseppe Giulio, Account Executive di Gay.it e Gay Friendly Italy ed esperto in turismo LGBTQ+.

Ciao Giuseppe, il 2021 per te è un anno importante. Ci racconti un po’ l’evoluzione del turismo LGBTQ+ in questi anni? Quali sono stati i cambiamenti salienti?
Il turismo LGBTQ+ si è evoluto positivamente in questi ultimi anni. Grazie anche all’attenzione e al sostegno di operatori e tecnici del settore verso questa nicchia di mercato. Un target versatile ma soprattutto attento ai cambiamenti climatici e sociali di oggi.

Posto che aspettiamo tutti il momento in cui non ci sia più bisogno di parlarne, ma secondo te perché – oltre alle ragioni etiche – un hotel dovrebbe puntare sul turismo LGBTQ+?
Perché puntare sul turismo LGBTQ+ significa oggi puntare alla digitalizzazione, alla formazione ed infine alla qualità.

Una cosa che spesso mi viene chiesta è se ancora ci sia bisogno di specificare nella comunicazione dell’hotel la dicitura “LGBTQ+ friendly”. La giro a te: ce n’è ancora bisogno?
Purtroppo si, Martina! C’è ancora molto da lavorare, ma per fortuna ora siamo in molti a svolgere quotidianamente questo mestiere. Una delle evoluzioni più attese di questo mercato è proprio questa. Rendere il nostro Bel Paese un posto completamente inclusivo sempre, H24 e non soltanto per brevi periodi di vacanza. E la convention IGLTA di Milano che si terrà nel 2022 sarà di grosso aiuto in questo.

Quando si pensa al turismoLGBTQ+ si pensa spesso a una sorta di gay pride. Molti sono ancora convinti che per attrarre questa tipologia di turisti occorrano ambienti particolari con richiami a quelle che sono universalmente riconosciute come “icone gay”. Cosa si aspettano, invece, questi turisti dagli hotel e dalle destinazioni?L’esperienza, il contatto umano e il poter vivere serenamente il proprio soggiorno. Ora i trend, anche per il turismo LGBTQ+ sono cambiati. La pandemia ha portato e sta portando una nuova consapevolezza e una maggiore strutturazione verso questo target. La parte dedicata all’intrattenimento c’è stata e tornerà ad esserci ma adesso quello che conta è il poter vivere appieno una destinazione, una struttura. Sentirsi parte di una squadra.

Operatori turistici e omofobia. Ti è mai capitato di doverti scontrare con pregiudizi?
Sì, ma legati a stereotipi, tradizionalismi e spesso mancanza di conoscenza. La comunità LGBTQ+ non è soltanto Pride ma è molto di più. E credimi, ma la pandemia è stata e sarà di grosso aiuto in questo. Darà modo agli operatori e non di conoscere un lato diverso ed innovativo di questo mercato.

Quando si parla di turismo LGBTQ+ si parla quasi sempre di uomini gay. O, almeno, è quello che ci viene proposto dalla comunicazione di hotel e destinazioni. Eppure quello lgbtq+ è un mondo variegato. Perché secondo te accade questo e molto difficilmente, per esempio, si fa riferimento a coppie lesbiche?
Perché la coppia di uomini gay e/o il viaggiatore uomo gay ha una frequenza nei viaggi molto più alta rispetto alla coppia di donne lesbiche. Sono due mercati differenti e con gusti e tipologie di destinazioni diverse.

Quali sono, a oggi, le difficoltà più difficili da superare in questo senso?
La difficoltà più difficile è di certo la mancanza di una formazione adeguata che spieghi non soltanto il valore economico di questo target ma anche quello umano. La sfida più grande per noi è quella di far accettare la diversità come valore aggiunto e non come ostacolo.

Tre consigli per un hotel che voglia essere più accogliente e inclusivo
Formazione, empatia e serietà. Sono questi i tre consigli che vorrei suggerire a tutte le strutture ricettive presenti in Italia per considerarsi un hotel gay-friendly

Mi rassicuri confermandomi che l’accoglienza lgbtq+ abbia fatto dei passi avanti da quando è iniziata la tua esperienza?
Siamo sulla buona strada!