Camera con vista. Cosa ci insegna il neurodesign.
Ma come funziona il cervello umano? Da cogito ergo sum a sum ergo cogito. Come sta cambiando l’approccio alla progettazione alberghiera? Come le neuroscienze stanno impattando su tutti i settori e in particolare sul mondo Ho.Re.Ca? Di tutto e di più in un’intervista a Luca Vivanti, esperto di neuromarketing e di neurodesign.
Da navigare in internet all’andare in vacanza, oggi tutti vogliono un’experience e la progettazione dello spazio e l’architettura di un hotel, di conseguenza, devono essere in grado di mantenere la promessa di una vacanza da sogno anticipata prima di tutto nel mondo digitale. Ma da “architetto mi fa un progettino“ ad “architetto mi crea un’experience” il passo non è stato breve, complici i mutamenti sociali e l’accelerazione in questa direzione data da due anni di pandemia.
“Pensiamo alle vacanze Anni ’80. Le vacanze nascevano da un bisogno di staccare dalla routine lavorativa. Si facevano in estate e quasi sempre a cavallo di Ferragosto. Vacanze quasi obbligate che rispettavano il modello mare, spiaggia, pensione completa”, spiega Luca Vivanti, docente di neuromarketing presso il Politecnico di Milano (affiancando il professor Francesco Gallucci), di neurodesign al master di Interior, Exhibit & Retail Design al Politecnico di Torino e coordinatore del Dipartimento di ricerca di Neuromarketing per Arredamento, Design e Architettura di AINEM – Associazione Italiana Neuromarketing.
Negli Anni ’80 le vacanze erano un bisogno, oggi non abbiamo più bisogni ma solo spinte emozionali.
”Oggi non abbiamo più bisogni ma desideri, ovvero solo spinte emozionali che soddisfiamo in tanti piccoli momenti nell’arco dell’anno, grazie anche allo sviluppo dei viaggi aerei low cost. E, quando andiamo in vacanza, pretendiamo qualcosa di speciale. Nel mondo dell’Ho.Re.Ca. offrire un’experience diventa quindi fondamentale, qualcosa di eccezionale e di radicalmente diverso. E ogni hotel deve essere progettato per offrire un’experience”.
we. L’experience deve essere progettata. Ma come?
Attingendo a una metodologia scientifica in grado di indicare non cosa sono i bisogni delle persone ma i desiderata. E questa metodologia ce la offrono gli studi di neurodesign.
we. Ecco, questo sconosciuto. Parliamo di neurodesign.
Il neurodesign è una disciplina che deriva dal neuromarketing e dall’applicazione del sapere neuroscientifico, con l’utilizzo di strumentazione adeguata, per capire come l’uomo reagisce alla percezione di spazio, architettura, oggetti. Analizzando le reazioni e le emozioni dell’uomo in determinati contesti, si possono studiare ambienti ma anche correttivi per migliorare l’experience.
Per fare un esempio, grazie alle neuroscienze e al neuromarketing si è capito che il cervello umano incomincia a leggere lo spazio da destra verso sinistra, non a caso molti supermercati hanno studiato i loro percorsi interni proprio da destra verso sinistra [la Grande Distribuzione è stato uno dei primi ambiti di applicazione del neuromarketing]. Sapendo ciò, progettando un ambiente di un hotel, per esempio la hall, bisogna tenere presente questa lettura degli ambienti da parte del cervello umano e quindi studiare i flussi e in questo percorso inserire elementi che possano suscitare interesse e anche stupore.
we. Perché proprio la hall?
Perché è un ambiente di grandissima importanza all’interno di un hotel. Il limbo tra esterno e interno, è il primo biglietto da visita di qualunque spazio comune, a ragion veduta l’hotel.
È uno spazio di transizione e come tale può indurre del disagio nelle persone che lo percorrono. Con l’aiuto dell’architettura e del design, e delle conoscenze acquisite dal mondo neuroscientifico, è possibile creare un ambiente il più confortevole possibile. Noi percepiamo lo spazio in maniera multisensoriale e quindi lo spazio deve essere studiato per dare una risposta ai nostri 5 sensi.
we. Colui che domina gli odori, domina il cuore degli uomini, scriveva Süskin nel famosissimo romanzo Il profumo. Il senso più importante è sicuramente la vista ma l’olfatto è il secondo.
Veramente l’olfatto è il primo senso, perché è legato al cervello rettiliano, la parte più antica del nostro cervello, che opera per la nostra sopravvivenza, anche se la vista è quello che gli esseri umani considerano il più importante. Non a caso se entriamo in un ambiente in cui c’è un gas venefico non è certo la vista che ci mette in allerta, ma il naso. I profumi raggiungono la memoria più profonda, più radicata e ci riportano con la mente a luoghi frequentati e, perché no, anche agli alberghi dove siamo stati.
L’olfatto è il senso più importante. Gli odori raggiungono la memoria più profonda.
E proprio perché noi percepiamo lo spazio con tutti i cinque sensi, è un errore, pensando a un ristorante, puntare tutto solo sul gusto che è l’ultimo dei sensi che applichiamo in un momento di experience. Non a caso, consideriamo che importanza ha assunto l’impiattamento: il piatto prima di essere mangiato viene visto. Ma anche prima di sedersi al tavolo, posso costruire per l’ospite un percorso di experience, per esempio creando una sosta in un’area lounge o bar per gustare un aperitivo prima di cena e metterlo a proprio agio, ben predisponendolo per la serata.
we. Che ricadute ci potrebbero essere nell’applicazione dei principi di neurodesign nello studio di una camera d’hotel?
Moltissime. Con l’approccio di neurodesign, si è giunti a capire che la prima cosa che una persona fa, entrando in una camera d’hotel, non è guardare il bagno, come si pensa nell’immaginario comune, ma andare alla finestra e vedere quale è l’affaccio. È l’istinto del cervello rettiliano che ci porta a trovare una eventuale via di fuga. E questo apre le porte a importanti spunti progettuali, per esempio, camera con vista.
we. Il lato oscuro del neurodesign e del neuromarketing. Ma non è che tutto questo possa condizionare il comportamento umano?
Per fortuna per noi, non siamo poi così condizionabili. Solo una piccola parte del nostro cervello funziona in modo razionale. Gli scienziati attribuiscono all’uomo solo un 5% di razionalità, il restante 95% ricade nell’imprevedibilità. L’uomo ha tre tipi di cervello: la neocorteccia che è quello che si è sviluppato più di recente, parliamo di 60000 anni fa, e che è il cervello razionale e poi ci sono i cervelli più antichi: il cervello rettiliano e quello limbico che, in poche parole, sono deputati il primo alla sopravvivenza e il secondo alla sensazione del mi piace o non mi piace. I due cervelli più antichi lavorano in nano secondi mentre la neocorteccia ci impiega minuti per formulare ed elaborare le informazioni che provengono dagli altri due cervelli. La neuroscienza ha scardinato il principio cartesiano del cogito ergo sum. L’uomo non esiste perché pensa ma esiste indipendentemente dal suo pensiero razionale.
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Incontra Luca Vivanti a Hospitality day / Il Cafe del Design.
8 ottobre 2024 Palacongressi di Rimini.
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