Il LuganoDante non cambia, il LuganoDante cambia. Un progetto a più mani a firma di Rizoma Architetture.

Giovanni Franceschelli.

Il maggior successo del progetto è stato avere avuto a che fare con tante persone che sanno fare bene il proprio lavoro e che si sono messe a disposizione l’uno dell’altra. 

“Quello che siamo riusciti a fare nasce da un’alchimia , è proprio questo il termine corretto, e che poi è stato ripreso anche dai fratelli Maci (Davide e Simone, rispettivamente chef  e bar manager dell’hotel) sia per la parte mixology che per la parte food. Abbiamo avuto la fortuna di stabilire un rapporto di equilibrio e di grande rispetto con tutte le persone che hanno lavorato allo sviluppo del progetto. Questo non sta nei documenti, negli esecutivi o nei calcoli illuminotecnici; è il rapporto tra persone che si impegnano con passione a fare bene il proprio lavoro”, così spiega Giovanni Franceschelli, uno dei founder di Rizoma Architetture, studio bolognese che ha curato il progetto del LuganoDante, storico hotel di proprietà, dagli Anni ’80, della famiglia Fontana.

E il LuganoDante è proprio un progetto a più mani, continua Franceschelli: “Siamo uno studio atipico. Il concept dell’hotel  è stato concepito come tutti i nostri progetti per accogliere idee e opinioni di chi si siede al tavolo dei lavori. Non imponiamo il nostro pensiero ma amiamo progettare secondo schemi flessibili con il contributo di tutti”.

Il team di Rizoma Architetture.

Ed è da questo modus operandi che nasce la cucina a vista schermata da una grande vetrata  che permette allo chef del Flamel, Davide Maci, di mantenere il contatto diretto con il cliente ma anche con il proprio staff impegnato a portare i piatti in tavola o la Creative box, la sala meeting del primo piano con una cucina funzionante destinata a show cooking ma anche, perché no, a momenti conviviali durante o post riunioni di lavoro.

“L’idea iniziale era quella di realizzare all’interno un angolo coffe break. è stato proprio Davide a suggerirci di dilatare questo spazio creando una vera e propria cucina. La Creative box sarà destinata a modificare il format delle sale meeting”. In questo spazio multifunzionale Rizoma Architetture ha progettato un giardino di inverno illuminato da un finto lucernario che produce effetti luminosi che mutano con il trascorrere del giorno, secondo il ritmo circadiano. “Volevamo aprire un vero lucernario per illuminare gli ambienti ma un’altra richiesta da parte degli addetti ai lavori ci ha portato a far crescere il progetto in altre direzioni. Infatti dove avremmo voluto aprire il lucernario, lo chef e il bar manager volevano completare il loro percorso con ingredienti a chilometro zero realizzando un orto sul terrazzo per la coltivazione di erbe aromatiche. Da qui la nostra ricerca di una soluzione tecnologica all’avanguardia per poter comunque garantire l’effetto luminoso desiderato. Il prodotto è americano, innovativo e non mi risulta che sia ancora stato utilizzato in Svizzera e in Italia.”

Lugano: presentazione nuovo Hotel Dante. Nella foto un dettaglio dell’orto presente sul tetto dell’edificio. © Ti-Press / Pablo Gianinazzi

La Creative box è pensata per ospitare cinque differenti configurazioni. “è un progetto ibrido, come il The Student di Firenze e come altri hotel che stiamo progettando, secondo la nostra filosofia che non prevede spazi con funzioni chiuse e pensati a compartimenti stagni. Ma abbiamo anche pensato alla velocità di allestimento e di disallestimento della sala gestita da sole due persone che in meno di mezz’ora devono essere in grado di portare le modifiche di layout necessarie. Diventa un programma di attività che si traduce in interior design che a sua volta si traduce in industrializzazione di arredi che devono essere facilmente riconfigurabili”. Il giardino d’inverno ha una parete verde di circa quaranta metri quadri che crea un’atmosfera naturale caratterizzata dai suoi profumi e che permette alle persone di lavorare in ambienti completamente diversi da quelli tradizionali.

Lugano: presentazione nuovo Hotel Dante. Nella foto una veduta interna della nuova hall verde d’ingresso in hotel. © Ti-Press / Pablo Gianinazzi

Il design biofilico, oltre alle attenzioni illuminotecniche, è un altro degli elementi salienti del LuganoDante. “Il verde l’abbiamo utilizzato anche nella lobby dove è stata creata una garden room, una lounge sotto a un gazebo rivestito di piante stabilizzate dove il profumo della vegetazione stimola l’olfatto.”  Il LuganoDante è un progetto che gioca in generale con i sensi, un’esperienza immersiva non solo visiva. Il bar manager quando offre un cocktail, e lo spiega, spruzza nell’aria le essenze dei prodotti principali che ha utilizzato nel mixology. E anche l’illuminazione ha un ruolo importante e fa parte di questo percorso sensoriale.

Come siete riusciti a gestire tutte queste sfaccettature del progetto?

“Io sono dall’idea che da architetto posso sapere fare delle cose ma non posso sapere fare tutto. Mi serve quindi la consulenza di specialisti come in questo caso in cui abbiamo coinvolto la light designer Chiara Tabellini e un designer del verde per sviluppare il concept biofilico. Noi abbiamo ricoperto il ruolo di registi. L’architetto che si improvvisa a mettere due piante e quattro luci in un progetto lascia il tempo che trova. È importante, invece, poter contare sulla professionalità di consulenti specializzati.”

A proposito di consulenti specializzati. Il concept è stato studiato da Teamwork, società di consulenza internazionale nel settore dell’hotellerie, e in particolare da Nicola Del Vecchio.

Teamwork Hospitality ha studiato un concept per dare all’hotel un nuovo posizionamento, mantenendo però tutto ciò che negli anni l’aveva reso famoso: lo stile ospitale, la famigliarità, il senso di casa, l’eccellenza, la personalizzazione delle camere, la motivazione dello staff. Il piano terra è stato completamente aperto alla città, un salotto urbano che mancava, uno spazio free flow nel quale durante l’arco della giornata partecipare a degustazioni di vario genere e preparate direttamente al banco dal bar tendere Simone Maci. La consulenza sul funzionale è stata invece fornita da Hospitality Project e in particolare da Marco Pignocchi, che ha stabilito dei parametri entro i quali muoversi. Per esempio dimensione dei letti, degli scrittoi, dei bagni: un vademecum per il progettista che ha poi declinato queste indicazioni in un design realizzato su misura. Mantenendo però la prerogativa, e anche il piacere, di progettare una camera diversa dall’altra. Sessantaquattro camere di nuova realizzazione su ottantaquattro. Le restanti erano state ristrutturate pochi anni fa e si è deciso di mantenerle.

E che ruolo ha giocato la committenza?

“Fondamentale. Fin dall’inizio c’è stata una grande disponibilità e comprensione del fatto che c’era il bisogno di inserire figure specialistiche all’interno del team di progetto. Ci ha dato carta bianca, senza imporre scelte stilistiche o funzionali. Ma ci ha dato anche una grossa mano a inquadrare le esigenze. La proprietà si aspettava una rivoluzione. E abbiamo cercato di tradurre le sue esigenze in un progetto innovativo. Questo primo week end di apertura l’hotel era talmente pieno che i proprietari mi hanno telefonato dicendo che non sapevano dove mettere la gente. Una grande soddisfazione.”