Vieni a vivere in montagna!
Spopolamento, ripopolamento e turismo responsabile. Ripensiamo in modo sostanziale il futuro del turismo in Italia.
Tra le varie definizione di viaggiare nelle quali mi sono imbattuta, quella che mi ha maggiormente colpita è quella dell’antropologo culturale Vito Teti che, nel suo libro Pietre di Pane, definisce “restanza” il «sentimento dell’abitare che, in sé, è un viaggio».
Una nuova dimensione che abbandona e supera quel turismo “mordi e fuggi” a cui siamo, purtroppo, ormai abituati, per avvicinarsi a un viaggiare più lento e consapevole.
Di restanza e di neo popolamento delle aree rurali e marginali si occupa Riabitare l’Italia, un’associazione di studiosi, enti locali, progettisti, piccola fucina di ricerche, progetti, seminari e libri collettivi di cui fa parte il professore Andrea Membretti, docente di sociologia del territorio all’Università di Pavia ed esperto di migrazioni interne e internazionali in relazione allo sviluppo locale dei luoghi del margine, autore e curatore di molti testi, l’ultimo dei quali si intitola proprio Voglia di restare (Donzelli 2023).
we. Professor Membretti cosa intendiamo quando parliamo di turismo di prossimità? E turismo delle radici? E quali sono i contatti con il fenomeno della restanza?
Quando parliamo di turismo di prossimità o deep tourism, come viene definito, intendiamo una nuova forma di turismo che va, appunto, in profondità. Il viaggiatore si mette infatti in un rapporto profondo con i luoghi che visita e che intende sperimentare, partecipando alla vita delle comunità, vivendone le tradizioni, comprendendone e rispettandone la cultura e la mentalità, facendo insomma, vere e proprie esperienze di vita.
Il turismo delle radici, o turismo di ritorno, ha a che fare, invece, con le antiche migrazioni da alcuni contesti rurali e montani (in Italia soprattutto nelle aree interne) e riguarda i figli e i nipoti di questi emigrati che hanno perso i loro legami originari e vogliono ritrovare le proprie radici. Si tratta di persone che hanno origini in piccoli borghi ai quali tornano per ricongiungersi alle comunità locali per rivivere ciò che è stato loro raccontato dalle famiglie, dai nonni.
In questo senso restanza, turismo di prossimità e di radici hanno come punto di contatto questo desiderio di una vita partecipata con le comunità del territorio. Riabitare l’Italia, l’associazione di cui faccio parte, studia proprio questo fenomeno di neo popolamento delle aree marginalizzate.
we. Di quale fascia di età stiamo parlando?
Alla luce dai dati del progetto “Vieni a Vivere in montagna”, la fascia di età più coinvolta sembra essere quella dei 35/45enni. La recente pandemia, con l’utilizzo massiccio del lavoro da remoto e dello smart working, ha consolidato un flusso che era già presente da una ventina di anni.
Un altro bacino potenziale da seguire con attenzione è costituito, poi, dalle persone che desiderano un invecchiamento attivo. Non si tratta più solo di un turista, ma di un residente temporaneo, che partecipa alla vita di comunità, lavora sul territorio, abita insomma il territorio, ma che spesso mantiene forti legami culturali o economici con la metropoli verso la quale torna periodicamente.
Per il deep tourism il Nord Est, insieme a Toscana, Piemonte e Valle d’Aosta, hanno sicuramente un primato, mentre al Sud i casi più interessanti sono quelli di ripopolamento.
we. Come si conciliano questi nuovi flussi a metà tra metropoli e montagna, che utilizzano per lo più la mobilità privata, con la sostenibilità ambientale?
Se pensiamo alla sostenibilità ambientale solo in ottica di un minor utilizzo delle autovetture, questa può essere considerata una criticità, benché alcune aree si stiano già organizzando con servizi di car pooling, car sharing o navette per il trasporto. In Alto Adige, ad esempio, hanno attivato un servizio di mobilità leggera a chiamata con veicoli elettrici, soprattutto a beneficio delle persone più anziane.
In montagna tuttavia abbiamo possibilità di riscaldare a biomassa, utilizzare fonti di energia rinnovabile e prodotti a km zero, anche questa è sostenibilità ambientale!
we. Professor Membretti, i fenomeni che ci descrive interessano in egual modo tutta la Penisola?
Per quanto riguarda il turismo verso le aree rurali, parliamo soprattutto delle zone montane perché le nostre coste sono già altamente antropizzate. L’opzione montana è quella che offre, quindi, maggiore potenzialità come sviluppo residenziale.
Per il deep tourism il Nord Est, insieme a Toscana, Piemonte e Valle d’Aosta, hanno sicuramente un primato, mentre al Sud i casi più interessanti sono quelli di ripopolamento. Nonostante le minori opportunità lavorative, c’è meno voglia di emigrare e più voglia di restare al Sud. La famosa restanza di cui scrive Vito Teti si manifesta soprattutto nel nostro meridione.
In Alto Adige, ad esempio, hanno attivato un servizio di mobilità leggera a chiamata con veicoli elettrici, soprattutto a beneficio delle persone più anziane.
we. Quale futuro si prospetta per il turismo del nostro Paese?
Un superamento del turismo tradizionale, standardizzato e omologato, come lo abbiamo conosciuto negli ultimi 50 anni, verso un turismo lento, accessibile e di prossimità, nel quale il viaggiatore possa immergersi nel territorio utilizzando strutture meno rigide e non standardizzate.
La vera criticità che dovremo affrontare sta nel fatto che, al momento, non ci sono le infrastrutture, la ricettività è poca e le normative spesso non aiutano, almeno per ora. Bisogna ragionare con molta attenzione e ipotizzare soluzioni diverse da quanto già esistente; una reale innovazione turistica in ottica di sostenibilità che ci conduca verso un turismo responsabile, che soddisfi i bisogni dei viaggiatori e delle regioni ospitanti e allo stesso tempo rispetti, protegga e migliori le opportunità future del territorio.
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