Anche fra i vigneti c’è voglia di glamping.
Il glamping, dall’unione di glamour + camping, unisce la possibilità di godere di un soggiorno a contatto con la natura senza rinunciare al comfort.
Le esperienze open air con tutte le comodità delle strutture turistiche d’accoglienza rappresentano le versioni evolute del campeggio che, dopo la pausa dovuta alla pandemia, hanno avuto un considerevole sviluppo. L’aumento del turismo slow e outdoor in Italia è confermato dai dati di occupazione nei campeggi, villaggi turistici e glamping: strutture eco-compatibili, progettate e costruite per garantire il massimo rispetto dell’ambiente e il cui fatturato vale 22 milioni di euro l’anno secondo alcune ricerche effettuate dalla società JFC e riportate dalla BMT, Borsa Mediterranea del Turismo.
In questo contesto si colloca la loro espansione anche in contesti paesaggistici come i vigneti, tendenza che va di pari passo con il progressivo sviluppo del turismo enogastronomico che ha avuto nel 2023 l’anno della sua consacrazione come evidenziato dal Rapporto sul turismo enogastronomico italiano 2023: tendenze e scenari a cura di Roberta Garibaldi, Presidente dell’Associazione italiana turismo enogastronomico, professoressa di Tourism management all’Università degli Studi di Bergamo e vicepresidente della Commissione Turismo dell’Ocse.
Uno dei punti chiave messi a fuoco è proprio la tendenza dei turisti italiani a scoprire mete nuove (63%) e diversificare l’esperienza, ricercando proposte autentiche e sperimentando attività sempre diverse a contatto con la natura, soprattutto nei vigneti.
Su questa scia si pone la recente apertura del primo glamping fra filari del Friuli Venezia Giulia promossa dall’azienda agricola Altùris – Vignaioli in Terre di Confine della famiglia Zorzettig, sulle colline di Cividale del Friuli in provincia di Udine. I sette chalet completamente in legno dell’Alvearium Glamping Altùris riprendono la forma del nido delle api per inserirsi nel paesaggio in assoluta privacy e silenzio. Spiega l’architetto Elena Carlon dello studio Bonadio Carlon: “Un progetto realizzato a quattro mani con la committenza che è stata progressivamente accompagnata a convertire l’idea originaria di albergo nell’attuale struttura diffusa con riferimento alla forma esagonale del logo dell’impresa Bine che l’ha realizzata chiavi in mano”.
La parola d’ordine del progetto è sostenibilità, a partire dai materiali: larice rigatino siberiano per l’involucro esterno, abete spazzolato lasciato a vista per l’interno, assenza totale di plastica e alimentazione energetica tramite pannelli fotovoltaici posizionati sul tetto.
Gli chalet, dotati di bagno privato, camera da letto matrimoniale e un ampio patio con vista sulle vigne, sono suddivisi in base alla tipologia di camera tra base e superior. Le prime tre portano i nomi dei vitigni autoctoni del territorio, Ribolla, Friulano e Refosco, mentre le superior, dotate di vasche idromassaggio esterne riscaldate, hanno i nomi Nord, Est, Sud e Ovest delle birre prodotte nel birrificio Gjulia di famiglia.
“Ogni modulo esagonale è realizzato su misura con una media di 14 metri quadri di cui 7 per il bagno, in base alle indicazioni date dalla committenza sull’ottimizzazione dello spazio interno e la capienza delle attrezzature, lasciando libera la vista sulla grande vetrata affacciata sui vitigni.”
Anche la piscina scoperta è realizzata in posizione panoramica per godere del paesaggio circostante, mentre l’adiacente agriturismo Wine&Beer completa il soggiorno dal punto di vista enogastronomico.
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