Nolinski Venezia.
Incantesimo in Laguna. Da Camera di Commercio e della Borsa al primo Nolinski oltre frontiera.
Sentirsi fuori dal tempo. A pochi canali da piazza San Marco e dal teatro La Fenice, la storica Camera del Commercio e della Borsa di Venezia tutelata dalla Soprintendenza è stata riqualificata integralmente. Da oggi ospita l’hotel Nolinski Venezia, la prima struttura al di fuori della Francia del gruppo Evok di cui abbiamo recentemente pubblicato il Sinner Hotel di Parigi.
Completato nel 1929, l’edificio è stato realizzato in cemento armato, adoperato per la prima volta nella città lagunare, con la collaborazione di Umberto Bellotto, artigiano-artista in grado di unire l’arte vetraria a quella del ferro battuto.
L’ingresso all’hotel avviene attraverso una delle due antiche porte della Borsa di Commercio, la più piccola, quella che reca la scritta “Borsa”. L’entrata conduce a un cortile interno dalla vegetazione rigogliosa su sui si affaccia il caffè Nolinski caratterizzato da pavimenti in pietra, soffitti a cassettoni, mattoni antichi, specchi, pannelli di rame e velluti.
All’interno dell’hotel si respirano l’anima e la storia di una città in cui diversi stili si fondono in una perfetta armonia riportata a nuova luce dal duo franco-italiano di interior design LeCoadic-Scotto con il coordinamento di Alberto Torsello secondo cui queste antiche mura, i pavimenti, le porte, i tetti celano una grande energia che viene dal passato. Un’energia ancestrale che esalta l’impegno preso con la manodopera e il saper fare che attraversa i secoli e che si deve salvaguardare per trarne nuove fonti di ispirazione.
I cinque piani dell’edificio raccolgono segni tracciati da mani esperte dei maestri artigiani. Ne sono esempi le maniglie a forma di cavalluccio marino e le testiere dei letti, che sembrano di marmo e invece si rivelano al tatto morbide e vellutate grazie allo stucco marmorino, antica tecnica derivata da una miscela di calce e polvere di pietra.
Il ristorante Palais Royal si trova nell’anfiteatro, quella che anticamente era la sala del Consiglio. La scenografia è maestosa: grandi arcate in stile bizantino si ripetono per tutta l’altezza della sala per oltre 7 metri. Lo spazio è illuminato da un grande lampadario degli anni Cinquanta, il cui profilo richiama quello di un bouquet capovolto, e da applique della stessa epoca. Niente è lasciato al caso. Per esempio, i bicchieri per l’acqua sono stati creati ad hoc dai maestri vetrai Avem di Murano, rievocando il tema marino che si rincorre in tutto l’hotel.
Al terzo piano, il bar Biblioteca corredato di 4000 volumi – omaggio alla tradizione degli stampatori ed editori veneziani come Manuzio – è impreziosito da un affresco firmato da Simon Buret che porta il mare su un soffitto punteggiato di pesci e sirene, magia e immaginazione. La sua opera di 44 metri quadrati – Qui, i ricci di mare sono stelle – e il suo lavoro per l’hotel durato 22 giorni è raccontato con passione dal suo autore: “Quando si dipinge, si evocano i fantasmi: alla fine mi sono sorpreso, poiché mi sono accorto che la sagoma della sirena riproduceva la mappa dei canali di Venezia. Mentre ero chino a lavorare, volevo anche intrappolare la luce mentre passava sulla tela, per catturarne i raggi che toccavano il terreno tutta la giornata. Li ho individuati in alcuni punti, anche se non è che potessi vederli; si trattava più una sensazione che mi ha aiutato a orientare lo sguardo in tutta l’opera. Ho tracciato un percorso di luce, senza forzare, ma in alcuni punti ci ho dipinto sopra, come se volessi fermare questo periodo di luce che passa con le ore del giorno”.
Un progetto riuscito è un progetto coerente.
L’affresco, le boiserie, i libri e il pianoforte creano un’atmosfera avvolgente. Il bar è pensato come il luogo in cui può avvenire di tutto nel corso dell’intera giornata. Vive e cambia luce dalla mattina alla sera. Ci si ferma il tempo di fare colazione, prendere una pausa, aspettare un appuntamento, lavorare.
Allo stesso piano si trova anche la Spa di ispirazione ottomana. All’ultimo piano dell’hotel, sotto le campate storiche del sottotetto, si trova invece la vasca piscina decorata di mosaici in oro che regala una vista a 360° sulla città.
43 le camere di cui 13 suite. Nessuna somiglia all’altra nel design e nei volumi. Si armonizzano tra loro per le scelte sofisticate. Le porte scorrevoli sono ricoperte di metallo, mentre le boiserie e le cornici sono in legno di mango. Create da un maestro vetraio veneziano, le lanterne in vetro soffiato si ispirano a quelle di palazzo Ducale. La loro luce soffusa si posa delicatamente ora su un ritratto del Quattrocento, ora su una scultura contemporanea.
“Un progetto riuscito è un progetto coerente, che non stride, che non ostenta. E per il Nolinski i materiali adoperati hanno conferito il tono. La volontà di fare appello ai maestri artigiani locali ha fatto tutto il resto” spiega Alessandro Scotto.
“Tra il pavimento alla veneziana, lo stucco marmorino, le boiserie di mango e le opere d’arte d’epoca, la gamma dei materiali adoperati è declinata in modo molto semplice: è come se volessimo continuare a dialogare con il passato, senza interruzioni, nella continuità e nel rispetto della tradizione e del savoir-faire veneziano” aggiunge Yann Le Coadic.
Concludono i progettisti: “Il design industriale italiano degli anni Cinquanta e Sessanta ci ha ispirato nel risolvere i problemi strutturali legati all’edificio. Trasformare in albergo un insieme di uffici senza intervenire sulla struttura è stato molto vincolante. In questo la scuola italiana ci è venuta incontro fornendoci la soluzione: i sistemi modulari sospesi ci hanno permesso infatti di installare i mobili senza danneggiare le pareti. Se un giorno i Beni Culturali volessero recuperare l’edificio, potrebbero farlo poiché la struttura non è stata intaccata in nessun modo”.
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ph. Guillaume de Laubier, Thomas Vollaire.
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