Tendenze hotel pre e post Covid. L’ibridazione degli spazi e l’esperienza dell’arrivo. Ne parliamo con Veronica Givone.

“Per molti le aree comuni dell’ hotel sono destinate a ridursi io credo esattamente il contrario, perché torneremo a viaggiare, socializzare, vivere nuove esperienze e condividerle. La tendenza è quella di massimizzare questi ambienti per dare modo alle persone di viverli come meglio credono, per rilassarsi, per darsi appuntamento, per bere un drink, per socializzare, per lavorare, per osservare e farsi guardare, perché la nostra voglia di esplorare rimarrà invariata se non amplificata” racconta  Veronica Givone, interior designer con più di quindici anni di esperienza nel settore dell’hotellerie, formatasi a fianco di grandi architetti italiani e nel mondo, e ora manager della nuova divisione Hospitality di IA Interior Architects.

Veronica Givone, managing director divisione Hospitality di IA Interior Architects.

Le persone, oggi, vivono una vita più fluida e flessibile in termini di “live-work-play”, la gente è alla ricerca di spazi multifunzionali e questo ci permette di creare un nuovo punto di incontro.

Lavorare in una varietà di settori di mercato, tra cui uffici, retail, healthcare, ci ha fornito una prospettiva diversa e una conclusione: l’esperienza dell’utente è al centro di tutta la progettazione. Stabilire una presenza nel settore hospitality supporta questa filosofia.

About IA Interior Architects. Una società americana da più di 35 anni specializzata in interior, in particolare uffici, 20 sedi in America, una a Toronto, una a Londra, attuale base di Veronica, e l’ultima inaugurata a Dublino. Attraverso la lente dell’architettura di interni è focalizzata sugli ambienti creando innovazione e crescita con una progettazione human centric, focalizzata sulla user experience. Da queste premesse, come una evoluzione naturale, si apre la finestra sul mondo dell’hotellerie portando tutto il loro know-how nel settore.

Cosa differenzia  una società come IA Interior Architects da una di stampo italiano?

Il panorama italiano è caratterizzato prevalentemente da studi di architettura di media piccola dimensione e molto incentrati sulla figura dell’architetto principal. Una società di impronta anglosassone è molto diversa. IA Interior Architects è stata fondata 35 anni fa da David Mourning specializzandosi fin da subito in architettura di interni e design. Nel 2012  è diventata Esop- Employee Stock Ownership Plan – dando quindi la possibilità a tutti quelli che lavorano in azienda di acquisire le quote societarie. È una società che non è radicata nel nome del suo fondatore e che vuole lasciare un’eredità indipendentemente dal founder. Non è legata a una persona nello specifico ma a tutti quelli che ci lavoran.

E quali sono le differenze dal punto di vista dell’approccio progettuale?

Non ci occupiamo solo di architettura di interni e di design ma offriamo servizi integrati, dal lighting design al retail, alla grafica, alla sostenibilità, tecnologia integrata,  all’approccio strategico, quest’ ultimo molto importante per la progettazione di uffici e fondamentale per gli hotel. Per esempio perché realizzare e soprattutto quale ristorante in albergo? Nell’ottanta per cento dei casi il food&beverage specialist è un designer e la risposta che darà sarà focalizzata su un concetto di design e stile ma che, spesso non è solo quello che vuole il cliente: ma un business plan per creare, offrire e giustificare la scelta di un prodotto unico che crei un’attrazione e che generi revenue.

Headquarte rEvolution – Chicago. Ph. Tom Harris.

Il percorso di trasformazione dell’ambiente ufficio, nel quale IA ha una grandissima esperienza, è andato di pari passo con la trasformazione degli hotel. C’è stata una ibridazione di funzioni e ogni settore ha guardato oltre prendendo ispirazione dal vicino.

Il residenziale da anni ha ispirato l’hotel design, ora l’hotel sta influenzando l’ufficio, e viceversa, molti clienti ci chiedono di progettare gli spazi di lavoro con servizi di accoglienza come quelli forniti nel mondo dell’hospitality, il retail è entrato prepotentemente sia nell’hotel che nel terziario. Con l’idea  che ogni ambiente debba essere multifunzione: un melting pot molto attrattivo, che crei un’sperienza unica e ad hoc per l’utente finale.

Hotel: uno spazio oltre la casa dove vivere, lavorare, giocare.

Tutti e tre questi settori hanno in comune: l’esperienza dell’arrivo, la connessione alla cultura locale, genius loci, un ineguagliabile punto di forza, USP (unique selling point) e un’attenzione particolare al benessere. La richiesta di spazi flessibili, oggi che si sta lavorando molto in smart working, è particolarmente sentita. Abbiamo capito che si può infatti lavorare da casa, ma anche da hub di quartiere che potrebbero essere hotel con spazi di co-working da affittare per piccole riunioni o per lavoro singolo. Oppure continuare ad andare a lavorare in ufficio, sempre che il luogo sia multifunzione con una varietà di spazi per pensare, creare, connettersi e rilassarsi. Si tratta di fornire spazi che responsabilizzano clienti, dipendenti e utenti; si tratta di creare una ricca esperienza che susciti un forte senso di appartenenza e incoraggi le connessioni sociali e le collaborazioni.

Che cosa vuole la gente quando viaggia?

Quando si viaggia si vuole vivere un’esperienza. Vogliamo far parte della cultura locale sentirci parte di essa. Non vogliamo essere i classici turisti. E il design deve rappresentare il luogo. Le sue origini, la cultura e la sua storia. Perché usare la carta da parati con i tucani a Milano? A Milano non ci sono i tucani. Ci deve essere una storia, un filo rosso che ti ricorda dove sei mentre esplori gli spazi. L’ obiettivo importante oggi è catturare l’essenza e l’anima del luogo che ti circonda ed esprimere, rappresentare quell’essenza attraverso il design, estendendo l’esperienza culturale  e stabilendo ulteriormente un vero senso di appartenenza al luogo. L’over design può anche andare bene ma denuncia presto i suoi limiti. Meglio un design senza tempo e coerente con il luogo e la sua storia.

Perché usare la carta da parati con i tucani a Milano? A Milano non ci sono i tucani.

E quali saranno secondo te le tendenze da post pandemia?

Si svilupperà una maggiore attenzione per la salute, sia fisica che mentale, sull’ambiente, ci sarà una sensibilizzazione su tutto ciò che può portare benessere, sulla pulizia e l’igiene, un’attenzione per un’alimentazione sana, con cibi genuini a km 0. Sarà necessaria anche una maggiore flessibilità nel fare booking con self check in e self check out e avranno un’accelerazione le tecnologie e il contactless. Se prima del Covid il trend era di portare il verde dentro gli edifici, secondo me ora sarà il contrario, cioè utilizzare il più possibile gli spazi esterni,  dove le persone si sentono più tranquille e sicure.

Come vedi il lavoro dell’architetto tra dieci anni?

Il futuro è già qui. IA Interior Architects sono tre, quattro anni che sta sviluppando un software di realtà virtuale IAXR che permette al cliente e all’architetto di incontrarsi virtualmente negli ambienti che si stanno progettando, o permette all’azienda di creare uno spazio di connessione ulteriore per il suo team, questo grazie a render tridimensionali attivi. Una tecnologia che può anche essere utilizzata nel mondo dell’hotellerie, per esempio dando la possibilità di organizzare conferenze all’interno degli hotel, rappresentandone gli spazi virtualmente, e permettere alle persone di attendere in maniera reale o di decidere di essere presenti virtualmente, senza limitare le possibilità di networking. Una tecnologia che può implementare la promozione di un albergo, permettendo a event planners o a singole persone di esplorarlo virtualmente prima di prenotarlo. È una possibilità da esplorare con i brand e gli investitori. Sicuramente è una tecnologia che ha dei costi e che è ancora in fase di sviluppo ma sono sicura che un domani possa trovare una sua applicazione e diventare parte integrante dell’esperienza offerta.