EL Equipo Creativo si racconta a we:ll.
Ci rapisce con il suo stile unico, ci fa sognare con la sua poesia, ci diverte con i suoi colori e la sua ironia duettando con Almodovar: è El Equipo Creativo, pluripremiato studio spagnolo fondato nel 2010 da Oliver Franz Schmidt, Natali Canas del Pozo e Lucas Echeveste Lacy. Oggi si raccontano a we:ll.
Parlateci di voi, come e quando avete deciso di lavorare insieme.
EL Equipo Creativo nasce con un progetto, il ristorante Tickets dei fratelli Adrià e dei fratelli Iglesias. A quel tempo noi tre eravamo architetti indipendenti con esperienze e background diversi che formavano un team creativo, con un certo carattere multidisciplinare, che era il modo in cui i fratelli Adriá volevano approcciare la progettazione del loro ristorante. Il nome El Equipo Creativo è l’eredità di quel primo progetto.
Come si è sviluppato il lavoro? Quanto di loro e quanto di voi c’è nel progetto e, in genere, qual è il vostro rapporto con la committenza?
Quello con Albert e Ferran Adrià è stato un progetto speciale, anche loro hanno un metodo di lavoro molto creativa. Erano particolarmente coinvolti nello sviluppo del Tickets, avevano idee molto chiare e noi siamo stati contaminati da quello spirito positivo. È stimolante per noi avere a che fare con qualcuno che non solo capisce i concetti ma ne propone anche di suoi. È una sfida suggestiva e la prova è che ogni progetto affrontato con loro ha sempre avuto un risultato straordinario.
Chi siete ora dopo dieci anni di lavoro insieme?
Dieci anni ci sono serviti per consolidarci nel settore del design di bar e ristoranti, hotel e retail e di formare un team di circa quindici persone, una dimensione che ci consente di affrontare progetti più ambiziosi permettendo però ai tre partner di rimanere strettamente collegati alla progettazione, soprattutto nella fase iniziale che è importante per dare al progetto quel fondamentale valore aggiunto. È proprio in questa fase che possiamo applicare tutto il nostro know-how e l’esperienza maturati in circa cento progetti, di cui cinquanta realizzati, progetti differenti per scala, obiettivi e luoghi, che ci hanno permesso di guadagnare più di 40 premi internazionali.
Cosa è cambiato in questi dieci anni?
In dieci anni siamo cresciuti molto, tenendo però fermi alcuni aspetti. Abbiamo mantenuto intatta parte della spontaneità e metodologia di quel primo progetto, basato sul non dare nulla per scontato, sulla ricerca della personalità dello spazio che doveva rispondere al concetto gastronomico di Adriá, senza indulgere alla moda o alle tendenze. E proprio quando guardiamo il Tickets, nove anni dopo la sua apertura, ci rendiamo conto che il design è ancora attuale come il primo giorno. Questo ci mostra che la strategia era appropriata e per questo continua a essere ancora oggi il nostro metodo progettuale.
Nel settore hotellerie e anche in quello del food & beverage si è soliti pensare che le location abbiano un termine, passato il quale debbano essere sottoposte a relooking importanti. Cosa ne pensate?
In effetti nel nostro settore sentiamo ripetere questo ritornello che ogni sette anni è necessario ristrutturare ristoranti e hotel. Crediamo che questo sia necessario quando il design risponde esclusivamente a mode e tendenze che, proprio perché tali, passano rapidamente.
Un design personalizzato, invece, che diventa un tutt’uno con il brand e il business che deve trasmettere, va oltre le mode. Questo design durerà più a lungo e renderà l’investimento ancora più redditizio.
Da dove ha inizio il vostro processo creativo? Da intuizione o ragionamento?
Sono due aspetti sui quali lavoriamo contemporaneamente e ne aggiungerei un altro: la ricerca. La ricerca in ogni progetto ci porta su percorsi nuovi e inaspettati, che sorprendono noi stessi e i nostri clienti.
Guardando i vostri progetti non si può fare a meno di fare un parallelo con Gaudì. Sono queste le vostre radici e alle quali vi ispirate?
A volte potrebbe esserci un parallelo soprattutto nel percorrere nuove strade e correre dei rischi. Ma noi cerchiamo riferimenti oltre il mondo della professione che provengono da altre discipline. Arte, cultura, artigianato, storia, paesaggi, musica, moda, ogni influenza è buona al di fuori dell’ambito della nostra professione.
Nell’universo di Gaudì, i riferimenti provenivano prevalentemente dalla natura stessa e dalla pura logica architettonica.
I vostri progetti trasmettono gioia, passione, emozione. Luce, colore, materia, vengono plasmati per creare esperienze immersive. Sono questi i capisaldi della vostra progettazione?
Sì, assolutamente. Se dovessimo fare una similitudine con il mondo cinematografico, la luce, il colore, la materia, la texture sarebbero i personaggi del nostro film. E questi personaggi devono avere personalità e profondità per essere interessanti. Quello che mette in relazione tutti questi personaggi e da loro un significato è la narrazione, lo story telling.
Uno dei materiali che ha sempre un posto privilegiato nelle vostre realizzazioni è la ceramica. Perché?
Ogni progetto ha il suo senso del luogo e questo perché nel nostro processo creativo la cultura del paese, della città, del contesto, del paesaggio, dell’architettura sono sempre elementi importanti da cui trarre ispirazione. Con questa metodologia offriamo al cliente finale un’esperienza totale. La ceramica è un materiale tipico della cultura mediterranea e molti dei nostri progetti mirano a trasmettere qualcosa dell’essenza di questa cultura. È anche un materiale molto versatile, che ha molti volti e formati, e anche molto gradito in quanto è un materiale economicamente accessibile e sostenibile al 100%.
Un design personalizzato, che diventa un tutt’uno con il brand e il business che deve trasmettere, va oltre le mode.
Siete specializzati nella progettazione di ristoranti e bar. Qual è il legame tra la design experience e la food experience?
Partiamo dall’idea che gli spazi, come il cibo, debbano raccontare cose, creare sensazioni e produrre esperienze. Ogni progetto è molto diverso perché la nostra metodologia di lavoro è prevalentemente concettuale e basata su un processo di ricerca che ci offre sempre soluzioni nuove e sorprendenti. Inoltre, il costante contatto con i nostri clienti ci aiuta a tradurre i loro concetti gastronomici e commerciali in design specifici e unici. Il design è di primaria importanza per creare atmosfere, spazi che avvolgono, spazi che ci trasportano da qualche parte.
Il nostro obiettivo è quello di progettare un abito adatto al tuo concetto di ospitalità, al tuo target, al luogo e all’ambiente in cui ci troviamo. Questi elementi ci aiutano a sviluppare un’idea guida; se rimaniamo fedeli a questa idea, il progetto avrà successo.
Progettate anche hotel. Cosa cambia rispetto alla progettazione di bar e ristoranti? Che salto progettuale è necessario affrontare?
Ogni progetto ha le sue peculiarità ma la realtà è che la metodologia è simile: molta ricerca, un concetto chiaro e potente e quindi un rigoroso sviluppo tecnico e costruttivo che mantiene intatta l’anima e l’atmosfera del progetto.
Avete mai pensato di progettare in bianco e nero?
Continuando con la similitudine cinematografica … sarebbe fantastico: uno spazio che ci trasporta in un film classico in bianco e nero. Adoriamo il cinema classico! E il cinema in generale che è è sicuramente una delle nostre fonti di ispirazione.
Per esempio, il design del ristorante Las Chicas, Los Chicos y los Manquies, presso l’Hotel Axel di Madrid, è direttamente ispirato al mondo del cinema, più precisamente ai film di Pedro Almodovar e al suo universo colorato e casual che ha interpretato la movida madrileña degli anni ’80.
Forse questo ristorante in bianco e nero potrebbe essere il suo alter ego. Ci pensiamo.
Ph. Adrià Goula e One Represent Agency.
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