Un’intervista fuori dagli schemi a Michil Costa, imprenditore ladino, ecologista, umanista e ora anche scrittore. Il segreto del suo successo: “Sono un uomo felice”. E, in attesa che arrivino i Cinesi, bisognerà imparare a fargli il tè.

Ho sentito parlare per la prima volta di Michil Costa a Hospitality Day, qualche anno fa, l’appuntamento annuale sul mondo dell’hotellerie organizzato da Teamwork Hospitality. Era il 2018, ed era anche la mia prima volta a Hospitality Day, una giornata straordinaria di emozione e coinvolgimento, prima ancora che formazione, durante la quale si respira la frenesia di migliaia di persone accomunate dalla stessa sete di imparare qualcosa di nuovo nel mondo dell’hotellerie. Per i corridoi del Palacongressi di Rimini, sede storica di Hospitality Day, girava questo passaparola, “c’è Michil Costa”. Incuriosita da tanto fermento mi diressi anche io verso la sala dove stava parlando il signor Costa. Ma nella sala non riuscii a metterci piede da tanto era gremita di persone accalcate ed entusiaste.

Oggi, dopo anni, e dopo avere scoperto chi è Michil Costa, eccomi a intervistarlo per we:ll magazine. Ma non parliamo di numeri, non parliamo degli hotel che gestisce insieme alla sua famiglia, non parliamo della Costa Family Foundation, la ONLUS che si occupa di progettualità sociali in favore di donne e bambini nei Paesi in via di sviluppo, ma iniziamo a soddisfare una mia curiosità: capire qual è il segreto del suo successo.

“Non c’è un segreto. Sono una persona contenta della propria vita. So di essere un privilegiato. Inseguo giorno per giorno la felicità e penso di avere capito in cosa consista. Molto semplicemente sai cosa mi rende felice? Vedere i ragazzi che lavorano per me contenti. Questa mattina ho fatto un giro in cucina [dell’Hotel La Perla a Corvara] e ho visto quaranta persone lavorare in armonia, ridere, scherzare. Sanno che hanno un “capo” che ci tiene a loro, che vuole che si facciano non più di 40 ore di lavoro in cucina e massimo 8 ore settimanali di straordinari. Sapere che queste persone sono lì per uno scopo e fanno le cose bene per sé stesse e che io ho successo grazie al loro successo, e lo sappiamo entrambi, questo mi rende felice.

Il mio successo? Dipende dal successo dei miei collaboratori.

we. Praticamente una famiglia.

Io faccio parte della loro vita e loro della mia. Questa mattina ho abbracciato un ragazzo somalo che lavora da noi come lavapiatti. Pochi sanno che dall’aprile 2023 in Somalia si combatte una guerra sanguinosa. Parlo a questo ragazzo e gli chiedo come sta andando a casa sua e lui finalmente sente che c’è qualcuno che si interessa di lui e di quello che sta accadendo nel suo Paese. Certo, anche se magari non puoi fare niente. Cosa vuoi che possa fare io per la guerra in Somalia? Ma almeno mi interesso di come sta. E questo ancora prima del mio interesse per gli ospiti.

Berghotel Ladinia a Corvara.

wePersonale contento e lavoro attrattivo se ci si trova a lavorare per e con un imprenditore che trasforma l’arte dell’accoglienza in un nuovo umanesimo.

Come si fa ad avere successo se non pensi al benessere dei tuoi collaboratori? Certo, puoi fare industria turistica. Ma ti dà soddisfazione? Ti dà gioia? Forse ti dà solo soldi. Certo, come diceva Marylin Monroe, meglio piangere in una Rolls Royce che in un vagone della metropolitana.

Le cose fatte bene sono quelle che fai senza che nessuno ti veda, per te stesso. E se questa cosa funziona, anche dal punto di vista economico, perché non dovresti portarla avanti?

we. Tre hotel, due in Alto Adige e uno in Val D’Orcia – Hotel La PerlaBerghotel LadiniaPosta Marcucci. Cosa unisce queste tre destinazioni?

L’incredibile voglia che ho di perseguire la bellezza. Sono attratto in un modo tragico dalla bellezza. Perché la tragedia insegna e solo inseguendo questa utopia l’uomo riesce a dare un senso alla sua vita. Perché la vita non ha senso o ha il senso che le dai tu. Il mio senso è quello di fare cose belle.

we. In arrivo altri hotel.

Abbiamo preso in gestione Haus Valentin, un albergo situato in Val Badia destinato a ospitare soltanto i nostri collaboratori. Con cucina, bar e stanza belle. E poi un altro albergo al passo Furcia a San Vigilio, un posto strepitoso, bellissimo, spettacolare. Il quinto. E poi ne manca uno al mare, che ancora non c’è. Ma mi piacerebbe tanto.

we. Imprenditore ma anche scrittore. Hai pubblicato un libro, FuTurismo. Un accorato appello contro la monocultura turistica, e ora stai lavorando a un secondo.

Come ho fatto a scrivere un libro? Mi sono ispirato a qualcuno più saggio di me: Socrate, Platone. Mi sono immaginato Emmanuel Kant nell’attività di oste. Me lo immagino a servire un Manhattan, il re dei cocktail, che io voglio perfetto. Il secondo libro parlerà di paesaggio e di quanto i flussi turistici lo influenzino e contaminino e di come il paesaggio a sua volta contamina l’essere umano.

Come dice Michael Jacob, docente di Storia e teoria del paesaggio, nel suo libro Il paesaggio: “Il paesaggio è il risultato artificiale, non naturale, di una cultura che ridefinisce perpetuamente la sua relazione con la natura. Questo rinvia a un paradosso: l’esperienza del paesaggio è, in generale e in primo luogo, un’esperienza di sé.”

we. Qual è il tuo modello di accoglienza?

Non so se esiste un modello unico di accoglienza. Io penso solo che l’accoglienza non dovrebbe limitarsi ad accogliere il cliente pagante. Penso che l’accoglienza inizi nell’accogliere il lavapiatti della Somalia, per esempio. Condividendo con lui le poche conoscenze che ho della sua terra e ascoltandolo. Questa è la prima forma di accoglienza.

L’accoglienza non dovrebbe limitarsi ad accogliere il cliente pagante.

Poi, più banalmente, ti direi fare le cose fatte bene. Per esempio servire il caffè in una tazzina di vetro e non in un bicchiere di plastica, come fanno in treno. Fatemelo pagare un po’ di più ma datemelo in una tazzina in vetro. Siamo in Italia, il Paese più bello del mondo. Perché non facciamo le cose fatte bene?

we. Uno sguardo al futuro. Chi saranno i turisti di domani?

Proprio perché siamo il Paese più bello al mondo, nel mondo esiste la cultura della vacanza in Italia. Terminata l’era di Xi Jinping, arriveranno in Italia milioni di Cinesi. Ma noi non siamo minimamente in grado di accoglierli. Come facciamo a creare modelli di accoglienza se non sappiamo nulla delle loro tradizioni? Per esempio il tè è la bevanda più diffusa al mondo e noi continuiamo a servire il tè in bustine, anche negli alberghi 5 stelle lusso. Ma come si fa a non avere cura di queste cose? E non è una questione di soldi. Cosa vuoi che sia una bustina di tè rispetto a una bottiglia di Barolo?

Una camera dell’Hotel La Perla.

we. Il Paese più bello del mondo può essere compromesso da un turismo eccessivo, dall’overtourism o dal porno-turismo, come lo definisci tu nel tuo libro FuTurismo. Quale rimedi?

Dobbiamo limitare, fare in modo che i turisti si prenotino in anticipo se vogliono venire qui da noi. Ci possiamo permettere di creare l’esclusività della vacanza, convogliare e organizzare i flussi turistici.

La provincia di Bolzano due anni fa ha fatto un’operazione molto intelligente e che guarda avanti: limitare la costruzione di posti letto per turisti. In Alto Adige abbiamo 225.000 posti letto. A questa cifra è stata aggiunta una piccola percentuale, di circa l’8 per cento, che non può essere superata. E, quando l’Alta Badia sarà satura, faremo in modo di dirottare il flusso turistico nel Bellunese, dove di turismo ce ne è ancora troppo poco, ma le Dolomiti sono ugualmente belle e la gente ugualmente gentile.

Non dobbiamo lasciare nelle mani dei turisti il nostro destino. Il nostro destino è nelle nostre mani.

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