Alcune di queste stoviglie sono sotto i nostri occhi da sempre, come il cucchiaino storto. Altre sono recenti invenzioni, come il Piatto Ducale per gustare i tortelli di erbette a Parma o il supporto per il sorbetto da baciare. Altre ancora sono bellissime apparenti assurdità e non necessariamente inventate oggi.

In questo articolo si parla apparentemente di stoviglie che educano gesti. Ma quasi tutti i gesti, codificati in comportamenti, sono cultura, di cui l’arte è un’espressione. E non solo l’arte di ospitare di cui – non da oggi – amo esplorare gli interstizi in cerca di idee da copiare e di esperienze da ripetere.

Il cucchiaino storto (astenersi mancini).

Piegato a sinistra, da impugnare con la mano destra, spesso d’argento. Il cucchiaino storto è stato il classico regalo di battesimo per tante generazioni di bambini, per educarli fin da piccoli a mangiare da soli correttamente. Giusto un piccolo condizionamento dettato dalla forma dell’oggetto. E i mancini? Avvantaggiati: avranno imparato prima a reggere un cucchiaio standard, quello dritto.

Il Piatto Ducale a 4 scomparti.

Parma. Una citazione araldica, una funzione pratica. Il Piatto Ducale – disegnato da Andrea Pacciani per Ushak – Atelier di meraviglie – è una stoviglia individuale in ceramica a forma di scudo scandito in quattro scomparti i cui bordi centrali formano una rigorosa croce nera.

Questo piatto guida l’utilizzatore a seguire una precisa sequenza nella degustazione dei tortelli di erbette in bianco, che si mangiano secondo la tradizione, fughé in tel buter (annegati nel burro) e sughé in tel formaj (asciugati nel formaggio). E quindi:

Fase 1, scomparto 1 in basso a sx: i tortelli appena cotti
Fase 2, scomparto 2: bagno di burro fuso
Fase 3, scomparto 3: passaggio nel Parmigiano grattugiato, formaggio per antonomasia
Fase 4, scomparto 4: il boccone è pronto per il suo meraviglioso destino.

I cucchiai impossibili di Haley Bates.

Cucchiai doppi o taglienti, ritorti, arricciati, deformati. Cucchiai bellissimi con cui è impossibile nutrirsi. Il terreno è il design, ma con uno sconfinamento dalla funzione alimentare a quella di arte, provocatoria e spiazzante. Ho conosciuto grazie al network 5vie e a due consecutive Milano Design Week l’opera di Haley Bates. È un’artista-designer americana che ha scelto di esplorare un oggetto familiare come il cucchiaio e di farne un simbolo di semplicità e complessità, necessità e voluttà, intimità e relazione. Il cucchiaio, materializzazione della istintiva mano a coppa, ci ricorda che anche l’arte a suo modo nutre.

Un sorbetto da baciare (eufemismo).

“Limoniamo”. La proposta è esplicita. Ha fatto molto parlare di sé il sorbetto agli agrumi di Isabella Potì e Floriano Pellegrino da Bro’s, ristorante stella Michelin in Salento, in Puglia. Servito senza cucchiaino in un supporto modellato sulla bocca di lui o di lei, impone al cliente un gesto intimo e spiazzante: usare la lingua per consumare. By the way, quel calco è acquistabile.

Il vaso doppio etrusco.

In una teca della Fondazione Luigi Rovati a Milano, un vaso multiplo. Non lo avrei mai notato se non avessi avuto in mente il tema delle stoviglie che condizionano i gesti. La didascalia lo descrive come Vaso multiplo, ceramica d’impasto – Produzione dell’Etruria Meridionale IX-VIII sec. AC. Nessun accenno alla funzione edonistica o rituale. Apparentemente un’assudità? Un vaso, doppio o multiplo, pieno o vuoto, sta fermo come un oggetto ornamentale o rafforza l’azione impossibile di ricevere e riversare simultaneamente il suo contenuto? Mistero.

Il lato design della faccenda ci porta alle neuroscienze.

L’idea di oggetti che educano porta lontano, addirittura a scomodare le neuroscienze. Se infatti pensiamo che i nostri neuroni si attivano-apprendono alla vista di certe azioni e oggetti, pensiamo a cosa significa progettare oggetti che inducono comportamenti. Piccolo link di approfondimento qui.

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ph. in ordine di apparizione da web, Lentium, Bro’s, Daniela Ferrando.

In copertina: cucchiaio di Haley Bates.