Passione Food & Beverage.
Quali sono le sfide dei manager F&B di hotel? Su cosa puntare per far innamorare le nuove generazioni di un lavoro così poliedrico? Lo abbiamo chiesto ad Andrea Cartapatti, direttore Food & Beverage del gruppo alberghiero Blu Hotels.
Dalle Dolomiti al sud Italia, sono oltre 30 le strutture della catena Blu Hotels, tra villaggi e hotel a 4 stelle e 4 stelle superior, in montagna, al mare e al lago. Fondata nel 1993 da Nicola Risatti, presidente e amministratore delegato, e Fabrizio Piantoni, vicepresidente del gruppo, oggi Blu Hotels offre diverse destinazioni per famiglie come anche altre tipologie di alberghi: boutique, business e design hotel. Il claim aziendale è Le vacanze italiane: una forte connotazione, quindi, nello stile di ospitalità e cultura gastronomica. Dal giugno 2015 a capo del settore Food & Beverage c’è Andrea Cartapatti che, dopo lunghe esperienze in Italia e all’estero per catene internazionali come Belmond e Gruppo Una e in importanti alberghi come il Badrutt’s Palace di St. Moritz, è approdato alla direzione F&B di Blu Hotels. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare il suo punto di vista sul mondo F&B.
we. Come si diventa direttore Food & Beverage di un grande gruppo alberghiero?
Con una grande passione per questo ambiente e mestiere, nata quando ero un adolescente, cresciuta in questi anni e mai spentasi. Vivo ancora quotidianamente il piacere di lavorare in questo settore e, senza passione, sarebbe difficile. Al netto del tempo che passo con la mia famiglia, il restante tempo libero lo dedico a provare nuovi ristoranti, in modo da avere una visione ampia su ciò che succede al di fuori delle nostre strutture, ma anche a selezionare nuovi produttori e cantine che vado a conoscere di persona.
we. Come si è evoluto il F&B in hotel negli ultimi anni? E in particolare nella catena Blu Hotels?
Il F&B in hotel è molto recente ed è il frutto di una profonda rivoluzione avvenuta negli ultimi 30 anni, visibile per esempio nella colazione: da semplice servizio per l’ospite connesso al pagamento del pernottamento è diventata uno degli elementi più identificativi e caratterizzanti di un albergo. Altro esempio è la carta dei vini, che da breve lista fatta di qualche etichetta è diventata una vera e propria Carta. Noi siamo presenti in molti territori italiani con realtà differenti, come lo sono le esigenze della nostra clientela. Questo ci rende policromi e richiede un approccio trasversale che crei una relazione identitaria tra ogni singola struttura e il territorio dove è situata: all’interno delle nostre strutture, per esempio, proponiamo prodotti esclusivamente di territorio, frutto di un grande lavoro di ricerca e di selezione che ci permettono di raccontare diverse storie e paesaggi a tavola, attraverso la qualità.
we. Parlare di territorio può, quindi, fare la differenza?
Certamente e per diversi motivi. In questi ultimi 15 anni abbiamo visto crescere la globalizzazione: le tipologie di prodotti usati, lo stile delle stoviglie e il modo di impiattare sono comuni in tutta Europa. L’elemento che può differenziare la nostra offerta è proprio la cucina “glocal”. Ogni località ha una sua storia e tradizione: noi cerchiamo di miscelare sapientemente la cucina italiana a quella dei diversi territori dove siamo presenti. D’altronde, la maggior parte dei turisti sceglie la destinazione di vacanza anche per la cultura gastronomica che può offrire, ricercandone poi i sapori. Proporre prodotti locali ci aiuta a costruire la nostra identità attraverso la diversità e la tipicità e i clienti apprezzano. In più, rappresenta un nostro impegno per sostenere l’agroalimentare di quel luogo.
we. La vostra, quindi, è una cucina tradizionale?
Non proprio. La cucina va intesa come un cerchio che si chiude per riaprirsi in continuazione: può partire da una realtà piccola, da uno dei tanti magnifici paesi italiani, gira il mondo, e poi ritorna ma in un modo diverso, con un sapere e un sapore più consapevoli. Proprio in questo percorso, c’è la possibilità di aggiornare i piatti del passato, rispettando le esigenze di oggi, evolvendoli, mantenendo viva l’anima originaria ma registrandone i continui mutamenti. Perché la cucina è sempre qualcosa da ridisegnare, un working in progress: questo è il motivo per il quale avrà sempre un futuro.
we. È aumentata l’attrattiva sul cliente esterno dei ristoranti dell’hotel con apertura verso la città. Quali strategie avete adottato per i vostri ristoranti?
Questo è un modo di pensare molto italiano: all’estero gli hotel sono vissuti in maniera più aperta da molto tempo. In Italia è stato un processo lento ma progressivo: per attrarre clienti esterni è certamente più semplice per il ristorante di un albergo in una grande città ma anche strutture poste in luoghi interessanti dal punto di vista naturalistico e turistico possono giocare la carta della bellezza. Più che strategie, offrire un buon servizio di ristorazione vuol dire essere attenti e ascoltare il grado di soddisfazione o di insoddisfazione della nostra clientela in modo da misurare l’efficacia di quello che si sta facendo e apportare degli adeguamenti, quando necessari. Per noi l’innovazione è sempre un progetto a medio termine. Per esempio, l’inserimento in carta di produttori di vino locali e di nicchia selezionati dal mio team è stata una novità che ha avuto bisogno di tempo per consolidarsi: è necessario crederci evitando l’errore di inserire ogni anno vini o produttori nuovi solo per il gusto di cambiare. Perseverare ci ha portato ottimi risultati.
we. Come si inserisce la tecnologia nel tuo lavoro?
Oggi è possibile fare molto in cucina grazie alla tecnologia, idealmente anche cucinare ma il piatto, per darti un’emozione, deve comunicare il sentimento di chi l’ha fatto. La tecnologia può, quindi, aiutare in cucina, ma molto di più nella fase gestionale: si possono monitorare i costi e l’andamento in tempi più brevi, gestire il conto economico in maniera più efficiente ed efficace e per noi, che abbiamo 30 strutture, questo è fondamentale.
we. Come si può far rinnamorare i giovani del lavoro di sala?
Il post-Covid ha provocato un allontanamento dei giovani sia dall’hotel sia dalla ristorazione. Sta a noi far sì che si riavvicinino e in questo il valore umano è fondamentale. Spetta a noi, come anche ai giovani, voler accogliere l’opportunità di riuscire a crescere, individuarne i talenti e poi supportarlo in questo cammino. Per chi vuole avvicinarsi a questo mestiere è importante studiare, e tanto, non solo le classiche materie alberghiere ma quelle che lo aiutino a sviluppare un approccio sensibile al bello e al buono, con curiosità. Storia, arte, territorio sono parole che non fanno rima con gusto, però lo richiamano. Il nostro è un gruppo dinamico e, in più, si lavora a contatto con generazioni diverse con tutto ciò di positivo che questo comporta. Questo è un plus che può sicuramente attrarre un giovane che vuole imparare il mestiere.
we. Quali sono le sfide del futuro nella professione di un F&B manager?
Più che di sfide parlerei di opportunità. Teniamo presente che quella del manager F&B è una professione ancora abbastanza nuova in Italia. Sarà una figura sempre più ricercata perché gli albergatori hanno finalmente capito che ci vogliono dei professionisti specializzati. Rispetto al passato, quindi, ci saranno più posizioni aperte e nuove opportunità sotto il punto di vista del lavoro da svolgere, perché, la cucina, il vino e la mixology sono in continua evoluzione, e ci vogliono sempre nuove idee e progetti. Il panorama lo vedo tutt’altro che grigio, ma non voglio dire roseo. Direi rosé, per rimanere in tema.
°°°
In apertura, Blu Hotel Acquaseria a Ponte di Legno (Brescia).
Tags In
TAGS
CONTATTI
Redazione: redazione@wellmagazine.it
Advertising: advertising@wellmagazine.it
NEWSLETTER WE:LL
Ricevi i nuovi articoli pubblicati e gli aggiornamenti di we:ll magazine direttamente sulla tua email!