Dall’autodistillazione al Far East, alla scoperta di gusti che sorprendono il palato.

Bartender o mixologist ma qual è la differenza tra una e l’altra figura? “Entrambi lavorano con i cocktail ma mentre il bartender è più un esecutore, il mixologist ha di suo una vera e propria cultura del cocktail; è un alchimista alla ricerca del gusto, con un focus sullo sviluppo della miscelazione e contaminazioni che provengono sia dalla cucina che dalla pasticceria“, ci spiega Simone Maci, Barmanager & Head Mixologist del Flamel, il nuovo bistrot del Luganodante.

Simone Maci, mixologist del Flamel.

L’hotel di proprietà della famiglia Fontana è stato recentemente inaugurato, dopo l’importante ristrutturazione che ha previsto la realizzazione, voluta fortemente dalla proprietà, del nuovo ristorante ma anche un totale relooking all’insegna di un nuovo concept che ha trasformato la struttura in un vero e proprio salotto aperto alla città.

E già l’alchimia la si respira nel nome: Flamel, un omaggio a Nicolas Flamel il grande alchimista che la leggenda vuole avere scoperto la pietra filosofale ma anche, perché no, alle fiamme dantesche per richiamare il nome dell’hotel e alla fiamma dei fuochi della cucina, capitanata dallo chef Davide Maci, fratello di Simone. Una famiglia, la loro, dedita alla ristorazione con un ristorante di famiglia dove Davide mette piede già all’età di 14 anni per poi crescere e calcare le scene con Bernard Fournier, con Enrico Derflingher all’Hotel Eden a Roma e al Palace Hotel di St. Moritz, poi Londra con Pierre Gagnaire e a Versailles al Trianon Palace di Gordon Ramsay.

Davide Maci, chef del Flamel.

Cucina e bar lavorano insieme, con prodotti locali. Evitiamo trasporti superflui volendo bene al mondo. Il progetto si chiama 98% Suisse.

Oggi insieme a Simone, anche a lui da sempre nel settore food&beverage, passando per Londra e dopo avere avviato molti cocktail bar di successo internazionale, creano combinazioni alchemiche ma 98% Suisse, un progetto del LuganoDante che indica nel numero la percentuale di prodotti utilizzati nella composizione di piatti e drink provenienti dalla Svizzera.

Non aspettatevi di trovare il Negroni, il mixologist ha la carta solo firmata, come lo chef firma tutti i piatti in menu. La proposta è ricca e sorprendente, i nomi dei cocktail curiosi come Tonka e Martinazzi, The barbaforte cup, Swiss massage, 100% Paesà. “Ma la carta è sempre in evoluzione, con l’alternarsi delle stagioni. In questo momento stiamo proponendo i sapori dell’albicocca, prugna, mirtillo, rapanello e piselli.”

Tecnicismo e passione, le caratteristiche che differenziano il mixologist.

La preparazione dei cocktail avviene quasi totalmente nel laboratorio al piano primo. “Abbiamo quasi del tutto abbandonato lo shaker e i nostri cocktail vengono creati e imbottigliati nel lab, dove provvediamo anche alla distillazione. Il distillato autoprodotto e il fresco lavorato vengono associati secondo precise ricette. In questo c’è molta tecnica”, continua Simone.

“La nostra carta lavora su un asse preciso che è quello tra la Svizzera e l’oriente, dall’India alla Mollucche e l’Indocina, le zone del tè e delle spezie. È un viaggio di andata e ritorno. I prodotti locali vengono conditi e miscelati con i sapori del Far East. Lavoriamo molto anche sui profumi e sulle densità, un elemento molto importante del cocktail. “

Quali sono i suoi segreti?

Baso il mio approccio su tre concetti il confort, il drink deve essere confortevole a contatto con il palato, le vibrazioni, se ricercassi solo il confort mangerei sempre la lasagna, e poi la pulizia, il gusto deve risultare pulito al palato. E, per ogni cocktail, lavoro principalmente con tre gusti, per esempio gin, rafano e lici, che sono gli ingredienti di The barbaforte Cup oppure polline, origano, assenzio, il 100% Paesà.