La ristorazione d’albergo: storia, evoluzione e prospettive.
Analisi ragionata sulla ristorazione d’albergo, a partire dalla Guida Michelin 2025 e dalla classifica The World’s 50 Best Hotel. Un esempio speciale? L’hotel Passalacqua con la chef Viviana Varese.
Un caso di vivissima attualità, corroborato da quanto si desume analizzando l’edizione 2025 della Guida Michelin, ci induce a una constatazione, che poi diviene riflessione, circa lo scenario della ristorazione d’albergo. Il caso di attualità è l’hotel Passalacqua a Moltrasio, sul lago di Como. Questa struttura, decretata nel 2023 il miglior albergo al mondo secondo la classifica The World’s 50 Best Hotel, è una dimora storica trasformata in un hotel 5 stelle lusso.
L’hotel Passalacqua è di proprietà della famiglia De Santis. L’amministratrice delegata è Valentina De Santis, con laurea alla Bocconi, terza generazione della famiglia proprietaria anche del Grand Hotel Tremezzo e dello Sheraton Lake Como. I recenti cambiamenti all’interno della cucina del Passalacqua sono il frutto della presenza in cucina della chef campana Viviana Varese.
La talentuosa ed esperta chef ha sapientemente svolto mirate ricerche volte a recuperare le ricette della cucina aristocratica di un tempo, quella delle preparazioni doviziose, sontuose e scenografiche del Settecento come timballi, sartù, sformati, gelatine, cacciagione.
Ne consegue, ed eccoci alla breaking news, che questa nuova collaborazione abilita l’apertura del ristorante anche agli ospiti esterni su prenotazione. Sia a pranzo sia a cena il menu della chef contempla i grandi piatti dell’alta cucina italiana.
E veniamo all’analisi della Guida Michelin 2025, facendo focus sulla ristorazione d’albergo. Ne sortiscono dati sorprendenti. Su un totale di 393 ristoranti, per complessive 459 stelle, la ristorazione d’albergo, con essa volendo intendere la presenza di ristorante all’interno della struttura con facoltà di accesso a clientela esterna, è costituita da 40 ristoranti (10% circa) per un totale di 48 stelle (10% circa). Convenzionalmente, abbiamo considerato strutture alberghiere quelle aventi un numero minimo di una dozzina di camere. Sotto tale numero, vi sono altre interessanti realtà che però non porremmo nella categoria “ristorazione d’albergo”, bensì in categoria altra: ne parleremo. Come sia, la ristorazione di qualità erogata in hotel ha il considerevole peso del 10% circa.
Lo scenario di circa 70 anni fa aveva proprio nei ristoranti ubicati negli alberghi il punto certo di riferimento per “non mangiare male” e con ragionevole certezza di igiene, almeno così come la si intendeva allora: il ristorante della cena per la clientela business di allora e il ristorante del pranzo di lavoro per il ceto medio che doveva “fare figura” con l’ospite. La componente leisure di quel tempo la raffiguriamo prevalentemente nell’albergo stagionale (un’area per tutte, la costa adriatica romagnola) dove era prassi applicare il cosiddetto trattamento di “pensione completa”.
Lo scenario di circa 30 anni fa è invece molto differente. Siamo nel pieno degli anni Novanta dello scorso secolo e i comportamenti sono radicalmente mutati. Gli anni del Dopoguerra sono lontanissimi e, almeno in analisi superficiale, sembra di vivere in un nuovo boom con la proliferazione di ristoranti, a fronte di una domanda che si amplia enormemente per numerica e per frequenza: si va in tanti e ci si va sovente. Al contempo, la ristorazione di albergo involve. Da scelta consapevole e agognata, la cena in hotel diviene una sorta di necessità per quanti vi alloggiano, ed è estranea a qualsiasi ipotesi di dine out per i clienti esterni. I decenni bui in cui il cliente dell’albergo fruiva del ristorante interno quando e solo quando, se e solo se… fuori piove, è chiuso il mio ristorante preferito, sono troppo stanco, sono appena arrivato, domani mattina devo partire molto presto. Insomma, una melanconica back-up solution e nulla più.
In andamento sinusoidale, se all’incirca 70 anni fa la ristorazione d’albergo era sulla cresta dell’onda, all’incirca 30 anni fa essa era al ventre dell’onda. E adesso?
Per comodità espositiva, prendiamo in esame i due oggetti bianchi iconici dell’albergo e del ristorante: il lenzuolo per l’albergo e il tovagliolo per il ristorante. In hotel, negli anni della cresta dell’onda, entrambi gli oggetti contribuivano all’utile d’esercizio e sovente era proprio il loro overlapping (servizio in camera, prima colazione, brunch) a determinare il gap di profitto e conseguentemente la quota di utile atta a essere reinvestita. La miopia degli albergatori, che impedì a costoro di percepire il mutamento di scenario nella ristorazione, comportò un mutamento nella funzione dell’oggetto bianco tovagliolo. Non più contributore del buon andamento dell’impresa, bensì calice amaro da dover necessariamente tollerare, insomma, una zavorra.
Causazione circolare: il “tovagliolo” non mi rende come in passato e allora non ci investo più; non investo più sul “tovagliolo” e allora esso non solo mi rende sempre meno, ma mi arreca danno alla sana conduzione aziendale.
La competenza del management delle catene alberghiere multinazionali e la vision di qualche albergatore indipendente condussero, e siamo ad appena tre lustri fa, a comprendere che senza interventi forti, senza una nuova vision dell’hospitality, la funzione zavorrante del tovagliolo avrebbe reso molto arduo un risultato soddisfacente del conto economico. Da qui l’intuizione di dare rinnovato vigore al tovagliolo riportandolo a essere co-protagonista, insieme al lenzuolo, dell’andamento aziendale.
Come? Accettando il challenge di mercato, ovvero rinnovando radicalmente il concetto stesso di ristorante “annesso”, lasciandogli il beneficio oggettivo dell’essere “annesso” alla struttura alberghiera, ma, al contempo, vistosamente dandogli spessore di ristorante di alta qualità attrattivo sia per gli ospiti dell’hotel sia per la clientela esterna. Insomma, si scopre che l’ambiente naturalmente più consono al vero fine dining è il ristorante d’albergo.
Ad analizzare alcuni aspetti che sostanziano quanto si afferma, ci si stupisce forse dell’approccio pragmatico. Il parcheggio? È molto probabile che l’albergo disponga di proprio parcheggio, oppure di parcheggio convenzionato magari con servizio di car valet. La hall da intendere ben oltre come sala di attesa bensì come luogo confortevole per aperitivo e per acquisire contezza del menu e della carta dei vini, così già qui, e non al tavolo, facendo la comanda. Servizi igienici di ammirevole pulizia e di certo non sottodimensionati. Personale di accoglienza e di sala in genere adeguatamente professionali, spesso non demotivati e neanche eccessivamente stanchi a causa dei carichi di lavoro.
Dividiamo poi la clientela esterna per raggio di distanza rispetto alla provenienza: di corto raggio, di medio raggio e di lungo raggio. Al netto della clientela di corto raggio, e con target primario la clientela di medio raggio, immaginiamo quanto possano essere vissuti come benefici apprezzabili eventuali servizi di day short rent. Per la clientela di lungo raggio agevolmente si presume che ci sia il pernottamento.
Insomma, come sovente accade, si giovano adesso di andamenti lusinghieri delle loro imprese coloro i quali seppero leggere tempestivamente i mutamenti di scenario, seppero cogliere gli early warning. Agevolmente presumiamo che, per quanto attiene alla ristorazione d’albergo, siamo appena agli inizi di quel sentiero virtuoso, percorrendo il quale assisteremo a ulteriori miglioramenti del servizio complessivamente inteso.
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In apertura, profitterol di Viviana Varese per l’hotel Passalacqua, a Moltrasio (Como).
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