Turismo culturale. La Biennale di Venezia.
C’è tempo fino al 27 novembre per fare un viaggio tra quadri, sculture, video, installazioni e performance alla Biennale Arte 2022 ai Giardini, all’Arsenale e in affascinanti spazi sparsi per la città. Il turismo culturale, un trend in crescita.
Settembre, ottobre e novembre sono mesi ideali per andare a Venezia, quando la luce della laguna si stempera e monta il silenzio intimo delle calli veneziane. E questa particolare 59^ Esposizione Internazionale d’Arte è, come sempre, un’ottima occasione per fermarsi qualche giorno in una delle città più belle del mondo, che offre un ventaglio culturale per tutti i gusti. Perché il Turismo d’Arte, spesso sottovalutato, esiste ed è in ottima forma. I numeri dei visitatori dei musei di questa estate lo dicono chiaramente.
Nella scorsa edizione della Biennale d’arte furono 625000 i visitatori, quest’estate il turismo culturale cresce del +24,6% rispetto all’anno precedente, l’aumento più rilevante tra tutti i segmenti di offerta turistica e della media complessiva del settore (+14,3%). Il turismo culturale, tra gennaio e agosto 2022, genererà 9,1 miliardi di euro di spesa turistica, di cui 4,3 nel solo trimestre estivo.
A Venezia, l’arte è diffusa e profusa. La Biennale ha il suo nucleo centrale nei Giardini dove passeggiando all’interno di un parco, si può visitare il Padiglione centrale e i 29 padiglioni di paesi stranieri. Si passa poi al vicino Arsenale, con le sue affascinanti Corderie, gli storici magazzini della Serenissima con artisti da tutto il mondo: al di fuori ci sono un’infinità di mostre ed eventi collaterali, organizzati in palazzi sul Canal Grande, chiese sconsacrate, cortili e giardini segreti, laboratori d’arte, musei e affascinanti spazi altrimenti chiusi o non visitabili.
E c’è una città da scoprire a piedi, lentamente, perché a Venezia, camminare è un’occasione di meditazione gratuita e salutare. La città è profondamente zen e qualcosa insegna a tutti coloro che sono in ascolto: ci sono molte vie per arrivare a un obiettivo, ma è più importante il percorso che la meta. E in mezzo è talvolta bello perdersi.
“Il latte dei sogni” è il titolo dato all’evento dalla curatrice Cecilia Alemani, ispirato al libro di favole di Leonora Carrington (1917-2011), artista surrealista, che mette al centro l’immaginazione come potente elemento di metamorfosi e trasformazione fisica e intellettuale. La riflessione alla quale la curatrice ha portato gli artisti provenienti da 61 nazioni, tra cui molte donne, è stata: “Come sta cambiando la definizione di umano?”. Il risultato è un’analisi attenta di come l’essere umano e l’ambiente che lo circonda stiano attraversando una frontiera sconosciuta verso un nuovo sistema di coesistenze, dove le tecnologie assumono un ruolo sempre più centrale.
La giuria internazionale ha premiato come miglior Partecipazione Nazionale il padiglione della Gran Bretagna, dove l’artista Sonia Boyce dà voce ad altre donne nere, in un gioco acustico creato tra le performer. Due le menzioni speciali: la prima per il padiglione Francia con l’opera “Les rêves n’ont pas de titre / Dreams have no titles”, che presenta un insieme di set cinematografici vintage per riportare alla memoria la storia del cinema in paesi affacciati sul Mediterraneo, e la seconda menzione è per l’Uganda. Il Leone d’Oro per il miglior partecipante alla Mostra è stato assegnato all’artista americana Simone Leigh mentre i due Leoni d’Oro alla carriera all’artista tedesca Katharina Fritsch e all’artista cilena Cecilia Vicuña.
Dopo una visita all’interessante e labirintico Padiglione Centrale, un’attenzione particolare va rivolta al padiglione del Belgio con gli splendidi video dedicati al tema del gioco di bambini della Repubblica Democratica del Congo, l’Iraq, il Messico, Hong Kong, Afghanistan.
Vi è poi il padiglione tedesco con una riflessione sulle basi della cultura teutonica, e quello polacco con l’artista di origine rom Malgorzata Mirga-Tas che con Re-enchanting the World ricostruisce gli usi e costumi del proprio popolo, come in un ciclo di affreschi medioevali, attraverso un elegante patchwork di stoffe e arazzi.
Vi è poi lo splendido padiglione degli Stati Uniti d’America trasformato esternamente in una costruzione tribale che ospita le sculture in ceramica e bronzo di Simone Leigh come denuncia della storia delle donne afroamericane.
E una cosa è certa: la bellezza può salvare il mondo.
ph. Marco Cappelletti.
Foto di apertura di Roberto Marossi.
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