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Dalla locanda di famiglia al Waldorf Astoria: il sogno americano di un pioniere – Conrad Hilton – che ha trasformato l’ospitalità in un’industria globale a partire dal motto Be My Guest.

Conrad Hilton (1887-1979) ha creato la prima catena alberghiera internazionale della storia, partendo dal basso, grazie a spirito pionieristico, fede, immaginazione e duro lavoro. Tra momenti di successo e gravi difficoltà superate, è stato molto più di un albergatore e uno degli uomini più ricchi del XX secolo: fu anche un visionario, un filantropo e l’ambasciatore dei valori americani che hanno attraversato tutto il secolo. Ha reso l’hotel non solo un posto dove dormire, ma un luogo glamour da frequentare e da vivere.

Immagine promozionale datata 1954 dell’Hilton di Chicago.

Gli inizi.

Conrad Hilton nacque a San Antonio, nel New Mexico, il 25 dicembre 1887 da un immigrato norvegese, grande lavoratore e dall’etica profonda, Augustus Halvorsen Hilton, che gestiva un piccolo emporio e una locanda e da Mary Laufersweiler, una devota cattolica di origini tedesche. Una famiglia modesta ma operosa.

A soli 23 anni, Hilton studiò il sistema bancario e si rese conto che si poteva guadagnare del denaro nei sistemi bancari non regolamentati dell’epoca. Fondò così la New Mexico State Bank di San Antonio, ma gli azionisti preferirono eleggere come presidente qualcun altro con più esperienza e Hilton fu nominato cassiere senza stipendio. Dopo che la banca fu venduta, nel 1917 si arruolò per partecipare alla Prima Guerra Mondiale.

Al suo ritorno si trasferì a Cisco nel giugno del 1919 e, dopo un fallito tentativo di acquistare una nuova banca, narra la leggenda che si rifugiò al Mobley Hotel. Riconosciute le potenzialità legate ai giacimenti petroliferi nella zona e considerata la notevole affluenza di viaggiatori delle ferrovie, visionati i libri contabili, tre ore dopo divenne gestore del suo primo hotel.

Velocemente, grazie ai successi in varie strutture in Texas, costruì il primo albergo con il suo nome, il Dallas Hilton (1925), il primo hotel con aria condizionata nelle aree comuni.

Conrad Hilton acquistò il Mobley, in Texas, e lo trasformò nel primo hotel a marchio Hilton.

Dalla piña colada alla tv in camera.

Dopo gli anni della Grande Depressione (1929-1939), Hilton proseguì il suo cammino verso il successo, aprendo hotel in tutti gli Stati Uniti, acquisendone in particolare due che gli permisero di entrare nel mondo degli alberghi di lusso: l’Hilton di New York nel 1943 e lo storico Roosevelt Hotel.
Fu così che nel 1946, fondò la Hilton Hotels Corporation, prima compagnia alberghiera statunitense a essere quotata in borsa.

Hilton fu anche un grande filantropo: nel 1949 creò un ente no-profit californiano, la Conrad N. Hilton Foundation, tuttora attiva in progetti umanitari, educativi e di assistenza sanitaria nel mondo, alla quale lasciò molte delle sue sostanze.

Nel frattempo Hilton aveva messo gli occhi sul Waldorf-Astoria, uno degli hotel più affascinanti di allora, a Park Avenue a New York: qui si riuniva l’élite sociale e politica mondiale, e soggiornarvi era un desiderio di molti. Dopo lunghe trattative lo acquistò nell’ottobre 1949. Negli anni ’50 e all’inizio degli anni ’60, acquisì diversi hotel famosi, tra cui il Mayflower a Washington, la Palmer House a Chicago, il Plaza New York e il Flamingo a Las Vegas. Inoltre, ebbe l’idea di realizzare hotel aeroportuali: il primo di questi fu a San Francisco nel 1959.

Gli hotel affidabili degli americani in vacanza.

Nello stesso anno creò la Hilton International Company, aprendo l’Hotel Caribe Hilton a San Juan, Porto Rico, il primo hotel internazionale del gruppo, considerato il luogo di nascita della piña colada, inventata dal barista Ramon ‘Monchito’ Marrero, e adottata come cocktail ufficiale dell’isola.

Fu l’inizio dell’internazionalizzazione dell’ospitalità. Gli Hilton erano spesso la prima struttura moderna della città ospitante, nonché il suo hotel più raffinato. Quelli al di fuori degli Stati Uniti erano percepiti come hotel affidabili per gli americani in viaggio, con acqua pulita, cibo sicuro, letti comodi, impianti funzionanti, aria condizionata, buoni standard di pulizia e tecnologia per i viaggiatori d’affari.

Il dopoguerra portò ulteriore espansione e successi in Europa, Medio Oriente e Asia come i celebri Hilton Istanbul (1955), Hilton Tel Aviv (1965), Hilton Tokyo (1963).

Il suo obiettivo era costruire una rete mondiale di ospitalità che potesse servire chiunque, ovunque, con la stessa qualità (fu la prima nel 1947 a portare la tv nelle camere degli ospiti), integrando architettura, cibo e arte locali.

Nel 1954 lo Statler Group of Hotels entrò a far parte della Hilton Corporation. All’epoca, si trattò della più grande transazione immobiliare della storia.

Cartolina d’epoca di Las Vegas.

La Guerra Fredda e il glamour.

Negli anni della Guerra Fredda, gli hotel Hilton divennero simboli del capitalismo e della modernità americana.  Conrad Hilton fu pioniere nel concepire gli hotel come ambasciatori della cultura americana, luoghi di scambi commerciali, politici e diplomatici. I suoi alberghi erano spesso scelti da capi di Stato, stelle del cinema, musicisti e funzionari governativi. L’Hilton di Berlino Ovest divenne punto di riferimento durante la separazione tra Est e Ovest. Le strutture erano costantemente sulla stampa internazionale e ogni nuova inaugurazione era l’occasione per raccogliere l’élite di Hollywood. D’altronde la terza moglie di Conrad Hilton fu l’attrice Zsa Zsa Gábor, mentre suo figlio Conrad Jr., conosciuto come Nicky, sposò la diciottenne Elizabeth Taylor nel 1950.

Gli hotel Hilton divennero famosi per organizzare feste grandiose con celebrità: Frank Sinatra cantò in molti Hilton, Elvis Presley vi alloggiò abitualmente, e nel 1963, John F. Kennedy pronunciò il suo celebre Ich bin ein Berliner vicino a un Hilton hotel. John Lennon e Yoko Ono tennero una tappa del loro famoso ‘Bed-In’ all’Hilton Amsterdam nel 1969 e Lennon scrisse il testo di Imagine su un blocco di carta all’Hilton di New York. La sala da ballo del Beverly Hilton Hotel ospita i Grammy e i Golden Globe Awards.

Conrad Hilton morì il 3 gennaio 1979, all’età di 91 anni, a Santa Monica, in California quando la catena Hilton contava quasi 200 hotel in 38 paesi.

La Hilton Worldwide Holdings ha oggi un portafoglio di 24 marchi – tra cui NoMad e Waldorf Astoria – con quasi 8600 hotel in 139 Paesi. La proprietà è ora frammentata tra centinaia di fondi di investimento.

La filosofia di gestione alberghiera di Conrad Hilton. Be My Guest.

Nel 1957 Hilton pubblicò un libro autobiografico, Be My Guest, divenuto un classico della letteratura manageriale. Hilton vi espose la sua vita personale e professionale ma anche i suoi ideali.

Al suo interno, a parte frasi motivazionali conosciute come “Sii grande: pensa in grande. Agisci in grande. Sogna in grande” e “Non lasciare che i tuoi beni ti possiedano” si trova la filosofia di gestione alberghiera di Conrad Hilton, decisamente innovativa per gli anni ’50 come l’importanza della gestione selezionando buoni manager e conferire loro l’autorità necessaria. I responsabili di reparto erano tenuti a stilare il budget, a prevedere ricavi e costi e a rendicontare mensilmente i risultati raggiungendo gli standard operativi aziendali e le aspettative degli ospiti. Lo spazio delle camere doveva essere razionalizzato senza sacrificare la percezione di comfort e calore agli ospiti. La formazione doveva essere continua e il marketing, fatto di buona pubblicità, attraverso la promozione e l’organizzazione di feste e congressi, era una leva fondamentale.

Be My Guest era dedicato a sua madre e suo padre e, nei ringraziamenti contenuti nel libro, così concludeva: “Il mio debito più grande, tuttavia, è verso ogni persona che è stata mia ospite in qualsiasi hotel, che sia a Cisco, in Texas, a New York o a Istanbul, e verso tutti coloro che saranno miei ospiti in futuro. Senza ognuno di loro non ci sarebbe alcuna storia da scrivere”.

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In apertura, la lobby del Waldorf-Astoria, a Park Avenue a New York, progettato dagli architetti Schultze e Weaver.