Esperienze ed esperimenti di tre manager d’albergo che hanno già implementato sistemi di AI nei processi operativi alberghieri, delegando funzionalità, accostando presenza umana a intelligenza addestrata e, in qualche (coraggioso) caso, sostituendo in toto l’elemento umano con il fattore tecnologico.

Varcata la soglia del DEMO Hotel Design Emotion di Rimini, inutile avvicinarsi al tradizionale desk della reception perché non c’è. Ad accogliere gli ospiti un ambiente contemporaneo, cromaticamente avvolgente, di chiara matrice pop con carta da parati di ispirazione warholiana, pareti e pavimenti giallo fluo e un totem luminoso. La presenza tecnologica scansiona il documento d’identità dei clienti garantendo l’esperienza di un facile e immediato self check-in, solo dopo che costoro hanno ricoverato l’auto nel parcheggio privato e videosorvegliato dell’hotel, accessibile con un codice unico inviato per email all’atto della prenotazione online. Con lo stesso codice unico, gli ospiti schiudono la porta d’accesso alla hall e la porta che li separa dall’ambita suite prescelta.

Area self check-in al DEMO Hotel di Rimini. A destra il totem dedicato alla funzione di accoglienza.

“Tutte le funzioni di check-in sono completamente automatizzate al DEMO Hotel – spiega Piero Marini, welcome host dell’avveniristico albergo riminese – questo però non annulla la presenza umana nel controllo dei processi e nella verifica delle corrette procedure di accredito e registrazione”. Lo stesso Piero, infatti, una volta ricevuto il form di contatto o la prenotazione digitale richiama l’utente per sapere se ha agevolmente compreso le dinamiche di self check-in e assicura che su 8.553 presenze in tre anni d’apertura, nessuno si è lamentato o ha mostrato reticenze. “Confermo, nessun ospite ha trovato il sistema ostico, inospitale o non performante” rassicura Piero che comunque in quanto resident manager resta una presenza fissa in hotel, a garanzia dell’ospitalità umana e della supervisione dei processi.

Quando l’AI incide sul fatturato dell’hotel.

Anche Giancarlo Carniani, general manager di To Florence Hotels, di fatto è stato progressivamente conquistato da strumenti di intelligenza artificiale estremamente performanti, in primis quelli che governano il revenue management del gruppo. “Sono effettivamente in grado di gestire milioni di variabili per una realtà composita come la nostra che conta 200 camere suddivise in almeno sei o sette categorie diverse, all’interno di tre prestigiose strutture fiorentine come Villa Olmi Firenze, Mulino di Firenze e Hotel Plaza Lucchesi”. Le tariffe sono generate in autonomia dall’intelligenza artificiale, l’elemento umano ha in questo caso una mera funzione di controllo ma è l’AI che incide di fatto sul fatturato del gruppo.

Stesso approccio per Matteo Toresani, brand manager dell’Olympic Spa Hotel di San Giovanni di Fassa (Trento), che sottolinea come gli algoritmi di machine learning siano già ampiamente in uso in ambito alberghiero per azioni predittive, di fatto sono progettati per aiutare le persone ad analizzare e trovare un significato in un set di dati complessi. Spiega lo stesso Toresani: “Anzi, più dati si inseriscono nell’algoritmo e più diventa performante. L’inserimento continuo di dati aggiornati è fondamentale affinché i modelli analitici possano continuare nel tempo a fornire risposte adeguate. Gran parte del successo del machine learning risiede infatti nel continuo e automatico riaddestramento del sistema per mantenere alte le performance analitiche dei modelli predittivi”.

Casi in cui l’AI non soppianta del tutto il contributo umano.

Nonostante l’apertura all’avvento dell’intelligenza artificiale, Matteo Toresani resta però dell’idea che l’ospitalità resti un ambito dove è fondamentale l’apporto umano e l’interazione tra persone. Non è riuscito a delegare totalmente a strumenti di AI, per esempio, la risposta alle recensioni online. Per lo meno alle (poche) negative, a cui riserva la dovuta sensibilità e diplomazia umana. Mentre ha accuratamente impostato tono di voce e stile dell’algoritmo, ma solo dopo averlo debitamente addestrato sulle innumerevoli funzioni dei vari reparti dell’hotel, per rispondere efficacemente alle prime richieste di contatto, alle fasi di preventivazione e alle numerose recensioni positive. Assicura che il sistema agisce efficacemente in completa autonomia, e addirittura quando non sicuro della risposta, rimanda consapevolmente all’operatore umano.

Una stanza dell’Olympic Spa Hotel di San Giovanni di Fassa (Trento), progetto di studio Noa, ph. Alex Filz.

“Una volta addestrato, il sistema è veramente indipendente nelle funzioni, e consente un notevole risparmio in termini di tempo sul primo contatto, sui preventivi, sulla richiesta di disponibilità di camere, sulla risposta a particolari esigenze da parte del cliente. Ci chiedono, per esempio, in fase di preventivazione se disponiamo di biancheria da letto alla tedesca o all’italiana (il piumino a sacco altoatesino, per intenderci, o le lenzuola), se disponiamo di un menu per celiaci o per intolleranti al lattosio, se la camera dispone di balcone o se il bagno è dotato di finestre: ebbene, l’AI è in grado di evadere con pertinenza tutte queste risposte. Sono perfino in grado di stimare che circa un 40% di conversazioni con l’ospite – soprattutto preventivi o primi contatti – sono gestite da sistemi di intelligenza artificiale nel nostro hotel, e l’automatismo si rivela assolutamente performante”.

Riserve e perplessità sulla perdita di controllo.

Ci sono poi ambiti in cui la professionalità umana è affiancata all’intelligenza artificiale, operano in sinergia e mutuo soccorso. È il caso dei traduttori simultanei in quasi 200 lingue. “Sicuramente una tecnologia da implementare e sfruttare appieno in hotel” suggerisce Giancarlo Carniani che nelle tre strutture a quattro stelle To Florence ospita viaggiatori provenienti da ogni angolo del mondo ed è così in grado di interfacciarsi con (quasi) ogni idioma del globo terracqueo.

“Basta un dispositivo di traduzione bidirezionale in tempo reale, un paio di cuffie e il rapporto umano ne guadagna. Dove ci poterà questa tecnologia – si chiede – però? Gli operatori dell’ospitalità parleranno meno lingue? Ne parleranno di più ma meno approfonditamente? Verranno sostituiti del tutto da automatismi?”. Ecco affacciarsi l’incognita della perdita di controllo nei processi, della perdita di posti di lavoro, della perdita di calore ed empatia umana nelle interazioni con il pubblico. “L’altra grande variabile – suggerisce nuovamente Carniani – risiede nel tema immenso della cyber sicurezza, a cui tutti i nostri sistemi devono repentinamente adattarsi senza mai smettere di investire”.

Coerenza sempre e comunque.

L’importante per Piero Marini resta comunque la coerenza del messaggio al prodotto che si vende. “Al DEMO anche la chatbox sul sito dell’albergo anticipa le modalità di fruizione automatizzate e smartly del nostro hotel. Nella home si palesa Mila, con la foto reale della nostra operatrice housekeeping, che instaura immediatamente una chat scritta con l’utente ed esordisce così: ‘Ciao sono Mila e sono la concierge virtuale con intelligenza artificiale, qui per assisterti nella lingua che preferisci’ quindi di fatto l’ospite non si sente mai lasciato abbandonato a se stesso, nemmeno di fronte a una vetrina meramente virtuale”.

Area co-working di DEMO, “Cerco l’estate tutto l’anno”, progetto di CaberlonCaroppi, ph. Flavio Ricci.

Il resto del successo ottenuto dall’hotel è decretato dagli innumerevoli servizi inaspettati che il DEMO offre ai propri ospiti: dal free corner con bevande alcoliche e alcohol-free all’area co-working con internet wireless illimitato e super veloce, fino a caffè e cioccolata a tutte le ore del giorno e della notte, tutto in formula complimentary. “Il cliente è ancora sorpreso e coccolato dalla tecnologia – conclude convinto l’host umano del DEMO Hotel – in una forma che gradisce, apprezza e addirittura raccomanda”.

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Non perderti il panel sull’intelligenza artificiale al Cafe del design a Hospitality Day, l’8 di ottobre al Palacongressi di Rimini. Con Matteo Toresani, brand manager di Olympic Spa Hotel, Mariangela Colasanti, head of innovation di BWH, e l’architetto Emanuele Svetti approfondiremo l’approccio con l’intelligenza artificiale di una grande catena alberghiera e di un albergatore indipendente e cosa di nuovo può offrire la tecnologia al mondo dell’ospitalità attraverso i progetti immersivi di un architetto visionario.

In apertura, l’ingresso a DEMO hotel, ph. Flavio Ricci.