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Dalle cantine ai frantoi, dalle malghe ai caseifici: l’Italia delle DOP e delle IGP trova negli hotel un nuovo alleato per esperienze enogastronomiche autentiche. Con il modello del Turismo DOP, le strutture ricettive diventano Food & Wine Club, luoghi di incontro tra territorio e ospitalità.

Quello che ci voleva! Insorgenti le derive cagionate da una visione palesemente settoriale, lo scenario cominciava a diventare farsesco. Sì, prima il conclamato enoturismo, e poi c’è la vite e volete non ci sia l’ulivo, e allora eccoci all’oleoturismo. E i formaggi? Il nome non lo si è ancora coniato, che poi chiamarlo turismo del cacio un po’ cacofonico lo è, diciamocelo tra noi. E stiamo tacendo del miele, della nocciola, del fungo…  e ancora tanti altri settori.

Eccolo, salvifico, in forma autorevole, dacché ben progettato a lungo e non improvvisato della serie… vengo anch’io, il Turismo DOP, il modello nuovo del turismo enogastronomico. Un modello che mette al centro le DOP e le IGP quali strumenti per generare esperienze autentiche, educative e sostenibili.

Il Turismo DOP, pertanto, non è solo un insieme di iniziative tematiche, bensì esso rappresenta un sistema integrato di accoglienza costruito attorno alle filiere DOP e IGP, con la regia dei Consorzi di tutela. Insomma, un’offerta turistica che racconta l’Italia vera, con esperienze contestualizzate nel paesaggio, nella storia e nelle tradizioni delle comunità locali.

Due dati: i Consorzi di tutela sono 361. I prodotti DOP e IGP sono 597.

È adesso agevole comprendere come sia forte e come potrà diventare sempre più forte il binomio turismo e Dop economy. Un interrogativo ce lo poniamo. La conoscenza delle DOP, e per essa e con essa, la fruizione / erogazione della DOP economy come, dove e quando trova l’addentellato preciso con il turismo? La risposta è già in quanto si è detto sin qui: nel sistema integrato di accoglienza costruito attorno alle filiere DOP e IGP, con la regia dei Consorzi di tutela. Va bene, va proprio bene!

E se provassimo a essere più pragmatici e cominciare a individuare i soggetti propensi a inventare / generare il suddetto sistema integrato di accoglienza? Ci giunge opportuno citare, a improprio utilizzo contingente, la frase l’essenziale è invisibile agli occhi del Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry. Stiamo difatti pensando a quanto le strutture alberghiere, quelle i cui titolari e/o il cui top management possano efficientemente inserirsi in tale scenario.

Un passo indietro di appena quattro / cinque anni fa: i tempi grami del Covid. Gli albergatori avveduti cosa fecero? Si inventarono la staycation: la fruizione dell’albergo anche – se non soprattutto – da parte dei locali, di quanti vivono in prossimità dell’albergo.
Finita la pandemia, la staycation è andata in oblio e quell’oggetto che si connota per la presenza totemica di due oggetti bianchi, è tornato a essere, dal punto di vista dei locali, la casa del forestiero. Giusto per chiarire, i due totemici oggetti di colore bianco sono le lenzuola (la camera) e il tovagliolo (prima colazione ed eventuale ristorante).

Il Turismo DOP può innescare sia un refresh della staycation sia un appeal ulteriore per il forestiero e quindi un conseguente criterio di scelta di questo albergo che eroga il servizio di cui diremo tra un attimo.

Le cantine, avendo captato la bontà della strategia DTC (Direct to Consumer), si stanno attrezzando con il Wine Club. Cose tutto sommato simili stanno facendo, ciascheduno per il suo ambito merceologico, gli altri siti che producono DOP. Con la peculiarità, siamo qui a ribadirlo, del proprio stretto ambito merceologico. Se produco miele, vero è che ho le arnie e le inserisco forse in percorso di visita prima che poi ci sia degustazione dei miei mieli; la vendita ne consegue con naturalezza. E però se produco miele, parlo di miele e non di altro.

Può avere l’albergo la stessa seducente atmosfera della cantina quando si parla di vino e lo si degusta? E del frantoio quando si parla di olio e lo si degusta? E così via. La risposta sincera è NO! Però ha molto di più! Il comfort della struttura, flessibile e perciò duttilmente appropriata per i differenti ambiti merceologici di cui si è detto. La sua stessa ubicazione, certamente agevole da raggiungere.
Il suo essere stabile by default e in grado quindi di pianificare e validamente comunicare sorta di palinsesto, a mo’ di cartellone teatrale con descrizione esatta e completa degli eventi prossimi venturi.

Insomma, si tratta di abilitare l’albergatore a ché la sua struttura, amorevolmente ancorché efficacemente governata (C&C: con il Cuore e con il Cervello) si doti, di fatto creandolo, di un Food & Wine Club.

Luogo fisico, sebbene rimodulabile caso per caso, evento per evento e anche, se non soprattutto il luogo d’incontro dove sia i locali sia i forestieri, resi ovviamente noti gli eventi a calendario, fruiscono in situazione di elevato comfort del Turismo DOP.

Premesso che quanto segue è mera elencazione esemplificativa e null’altro, ci si diletta a immaginare quali potrebbero essere alcuni eventi, accennandone a quattro. Lo si ribadisce: nessun suggerimento specifico, giusto il modo per rendere l’idea mediante casi e non con astrazione.

In autunno cominciano a spuntare i porcini. Evento con protagonista il Fungo IGP di Borgotaro. Il desiderio di conoscere l’aceto “quello vero”, quello che aggiunge valore al piatto. Evento con protagonista l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP e l’Aceto Balsamico di Modena IGP. La curiosità di conoscere, nell’ambito di un’area vitivinicola famosa, non il primogenito, bensì… il cadetto (!). Evento con protagonista il Rosso di Montalcino. Il desiderio forte di un arrosto? Evento con protagonista il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP.

  • Incremento di appeal e quindi di reputazione.
  • Incremento di revenue.
  • Incremento di pride company da parte dei collaboratori.

Sono questi alcuni dei vantaggi che sortiscono dalla creazione e dall’efficace funzionamento del Food & Wine Club.

Il cimento, che non ci nascondiamo essere arduo, non è però per nulla velleitario. Si tratta di considerare il F&WC come una business unit per la quale:

  • Creare un CdC (Centro di Costo).
  • Allocare risorse dotate delle opportune skills.
  • Assegnare un budget.
  • Ricavare revenue stream ancillari.

Si può fare!