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A sei mesi dalle nuove norme su alcol alla guida e alcolock obbligatorio, l’effetto è sotto gli occhi di tutti: meno vino, più attenzione e nuovi equilibri tra convivialità e responsabilità. Ma il vero cambiamento riguarda anche i ristoratori e i vinicoltori.

Ogni promessa è debito. Stralciamo dall’articolo Vino: il cambiamento epocale con il nuovo Codice della strada, pubblicato lo scorso 21 gennaio: “Scatterà una sorta di solidarietà: tutti morigerati, tutti ben al di sotto dei due calici, chiaro?! Questo, adesso, a pochi giorni dall’emanazione delle nuove norme. E cosa un domani? Quando si scoprirà che i controlli sono rari, pressoché inesistenti in quanto le pattuglie della polizia stradale quelle sono e quelle sono. Ci si ripromette di tornare su questo tema”.

Ed ecco, a quasi cinque mesi dalla pubblicazione dell’articolo, che torniamo sul tema. Cominciamo dall’alcolock, quel dispositivo che impedisce l’avvio del motore nel caso in cui rileva alcool nell’espirato del conducente, e che deve essere regolato sulla base del valore soglia pari a 0,0 g/l. L’alcolock, così recita il vigente Codice della strada, scatta quando il guidatore è positivo all’alcol con un tasso superiore a 0,8 grammi.

ph. Freepik.

Perché la norma diventi operativa manca ancora il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che dovrà determinare le caratteristiche del dispositivo di blocco, le modalità di installazione e le officine autorizzate al montaggio.

L’alcolock diventerà obbligatorio dall’imminente luglio 2025 per i conducenti condannati per guida in stato di ebbrezza. Le omissioni nella comunicazione sono state, e lo sono tuttora, vistose e nocive. È passato sotto silenzio un dato importante, ovvero il limite invariato, rimasto a 0,5g/l. E il competente Ministero non ha diffuso le linee guida del consumo di alcool e il relativo smaltimento. Nessuna campagna (e non che manchino i fondi!) su, per esempio, quanti bicchieri di vino è possibile bere al ristorante, bevendo anche acqua e mangiando adeguatamente.

L’altro punto dolente, ahinoi, riguarda il comportamento di buona parte dei ristoratori. Hanno inventato qualcosa per coccolare il commensale conducente? Colui il quale, per capirci, non che sia astemio, ma essendo stato individuato come “l’autista” della situazione, stasera non beve o beve pochissimo (quel pochissimo che potrebbe anche diventare solo “poco” se ci fossero state quelle delucidazioni di cui si è appena detto). Il ristoratore si è finalmente attrezzato per agevolare – consentire dovrebbe esserlo by default – il take away della bottiglia non terminata a tavola?

E i controlli, i tanto temuti controlli delle pattuglie della polizia stradale, adeguatamente attrezzate? Sì, ci sono stati e ancora ci sono, ma nulla di che! Impossibile che siano controlli capillari, comincia a vigere la sindrome dell’aereo che può cadere! Sì, può cadere e vuoi vedere che deve capitare proprio a me?

Vogliamo provare a tirare le somme e a chiederci: sei mesi circa che vige il nuovo codice della strada, quello delle multe inasprite e dell’alcolock, ma che cosa è successo per davvero? È successo che… non si va più frequentemente a cena al ristorante fuori porta, quello che… bisogna andarci per forza in auto.

È successo che… e però stasera ci vogliamo proprio andare, suvvia andiamo. Siamo adulti responsabili, non è che andiamo, beviamo anche il bicchiere della staffa e ci affidiamo alla speriamo bene (!). Andiamo, ci atteniamo al bere morigerato, presumendo di stare abbondantemente, in caso di controllo, nei limiti consentiti. Insomma, non ci fa paura il palloncino.

È successo che… e pure stasera, la volta precedente fu la settimana scorsa, a quel ristorante (non quello della volta precedente, bensì un altro) anch’esso a distanza ragguardevole tale da mobilitarci in auto, ci vogliamo andare e ci andiamo. E ci comportiamo con diligenza. Non la diligenza intesa quella con i quattro cavalli e il cocchiere; qui diciamo “con diligenza” per dire diligentemente!

È successo che… il freddo, il cattivo tempo, un po’ le partite e un po’ Sanremo, e fino allo scorso maggio non siamo andati a cena fuori. E però ci andiamo stasera e ci andiamo in auto. Berremo morigeratamente, as usual.

Chiudiamola qui.

ph. Polina Kovaleva – Pexels.

Qual è la lesson learned dopo ben tre volte che siamo stati a cena fuori porta mobilitandoci in auto?

Sorprendentemente, a rifletterci bene, constatiamo che:

  • non è che non abbiamo bevuto vino;
  • ne abbiamo bevuto poco e addirittura lo abbiamo apprezzato di più che in precedenza; poi, va detto, il servizio al calice è stato ottimo;
  • nessun cerchio alla testa, nessuna sonnolenza;
  • guardiamo lo scontrino. Ma lo sai che abbiamo speso meno delle volte precedenti? Eppure, il prezzo delle pietanze non è diminuito, figurati se diminuiva. E allora perché abbiamo speso meno che in passato? Ah, ecco, perché abbiamo ordinato una bottiglia in meno, perché, insomma, abbiamo bevuto meno vino.
  • siamo allo sparagn e cumbarisc, gustosa locuzione dialettale abruzzese per dire che abbiamo risparmiato e stiamo proprio bene!

Probabilmente è l’insieme di queste riflessioni che svela l’effetto vero e concreto nel termine medio (sei mesi circa) del nuovo Codice della strada.

Cessiamo di ostinarci a non volere prendere atto che, nel mondo e quindi anche nel nostro Bel Paese, la caduta del consumo di vino è tendenziale e non sortisce dalla contingency del codice della strada. Adesso, della serie piove sul bagnato, ci si mettono anche i dazi che impattano sul business dell’export delle aziende vitivinicole che quindi avranno ulteriore decremento di vendite all’estero, sia in valore sia in volume.
A dirla tutta: quanto vino c’è in cantina: non sappiamo più dove metterlo!
Anche i ristoratori non sono messi bene: quanto vino invenduto hanno in cantina!

Che si fa? Entrambi i soggetti, vinicoltori e ristoratori, chiedono aiuto ad una parte terza: il bevitore. Il bevitore del secondo lustro del terzo decennio del terzo millennio: sì il bevitore di oggi. Quello che, e lo si è detto più volte, non ne può più di sacerdoti, templari e liturgie, quello che ne sa a sufficienza ma né ostenta e né vive la sua non sbandierata competenza come orpello a un bere schietto in convivialità senza ingabbiarsi in regole, quello che, last but not least, non intende più pagare per una bottiglia di buon vino il prezzo esoso (fuori logica) che trova sulla carta dei vini al ristorante.

Ecco, la locuzione ci è scappata (fu lapsus calami?!): fuori logica.

Sì, lo si afferma: per circa quaranta anni, dal “dopo metanolo” fino a oggi, il pricing delle carte dei vini è stato illogico. Adoperare il “moltiplicato per” piuttosto che “addizionare a” il costo della bottiglia (il rigo di fattura in entrata del venditore della bottiglia) onde farne sortire il prezzo per il cliente ha nuociuto al business model complessivo della ristorazione e del vino.
Sapranno, i ristoratori e i vinicoltori, guadagnarsi l’aiuto benevolo (ma non disinteressato) del bevitore odierno?
Sapranno, i ristoratori e i vinicoltori, agire sia efficientemente sia efficacemente a che la caduta tendenziale del consumo di vino venga lenita e ne sortisca addirittura un win win win?
Si scoprirebbe così che è dalle minacce che nascono le opportunità e che si progredisce e si persegue il successo dell’azienda chiedendosi il “perché no” delle cose!

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In apertura, ph. Cottonbro – Pexels.