Ospitalità e design performativo completano dopo più di 20 anni il sito di Ground Zero. Un centro per l’Arte, con lobby esperienziale e ristorante legati dal file rouge di un nastro a soffitto, e sala da pranzo privata modello speakeasy.

A New York ha aperto le porte al pubblico il Perelman Performing Arts Center – PAC NYC, centro per le arti performative che rappresenta l’ultimo tassello per il completamento del sito di Ground Zero. Dopo oltre 20 anni dall’attentato alle Torri Gemelle, l’intervento di ricostruzione del World Trade Center giunge dunque a compimento con un edificio pubblico dedicato al teatro, alla danza, alla musica e al cinema come simbolo di rinascita dell’area.

Il progetto architettonico del centro, concepito come un cubo avvolto da quasi 5.000 piastrelle traslucenti in marmo screziato portoghese, porta la firma dello studio newyorchese REX di Joshua Ramus. Questa grande lanterna che illumina le strade di Lower Manhattan racchiude al suo interno tre teatri di diverse dimensioni, una vasta hall, parte attiva della programmazione, e il ristorante Metropolis.

Rockwell Group ha progettato l’esperienza di ingresso, il ristorante al livello della lobby, una sala da pranzo privata e la terrazza esterna. Un luogo particolare, dall’atmosfera celebrativa e comunitaria insieme, in cui viene espressa compiutamente l’esperienza di David Rockwell nel campo dell’ospitalità e del design performativo.

Gli interni luminosi della lobby invitano a entrare nell’edificio attraverso un gesto coinvolgente in sintonia con l’identità del centro artistico. L’ampio soffitto dell’atrio è stato rivestito con una struttura ondulata a nastro realizzata in legno di sapele con illuminazione a LED integrata che corre verticalmente ed evidenzia le proporzioni dell’edificio. Questi nastri scultorei in legno orientano gli ospiti e trasportano lo sguardo oltre una serie di monumentali capriate a vista fino al bar e alla terrazza all’aperto. 

Le luci nei nastri possono anche pulsare o cambiare colore e intensità: partecipano così alla comunicazione dello spazio e agli annunci degli spettacoli e aiutano nell’orientamento guidando gli ospiti agli ascensori che conducono ai teatri. 

Anche Metropolis, il ristorante del PAC NYC, diretto dallo chef svedese-etiope Marcus Samuelsson, è progettato dallo studio con sede a New York e uffici satellite a Madrid e Los Angeles. Intenzionalmente intrecciato con l’esperienza pubblica della lobby cui è messo in comunicazione da una parete vetrata, il ristorante corre perpendicolare in pianta intorno agli ascensori: la mescolanza degli spazi è una delle caratteristiche del luogo e aggiunge una felice e costante animazione all’interno dell’edificio.

La sala del ristorante è caratterizzata da una matericità elegante, con finiture in legno di noce, acciaio brunito e ottone anticato, e da una palette colori caldi, con tonalità che vanno dal beige al rosso scuro, passando per l’arancione. L’arredamento, progettato per garantire flessibilità e comfort, definisce diverse aree più piccole con diverse tipologie di seduta. La tappezzeria dai toni gioiello si abbina a ricchi pannelli in noce per un’atmosfera calda e invitante, mentre la collezione di tappeti vintage ammorbidisce l’effetto dato dal pavimento in cemento lucido. 

Anche lo spazio del ristorante è sormontato da un particolare soffitto dinamico e luminoso di ispirazione Seventy, composto da nastri ondulati in legno con illuminazione integrata. 

Un ponte che corre lungo il lato interno della facciata in pietra traslucida ospita ulteriori posti a sedere, affacciati sulla grande scalinata d’ingresso attraverso enormi lastre di vetro.

L’area food & beverage è completata dal bar e dalla terrazza esterna da 70 posti sul retro dell’architettura dove si trovano le collezioni di arredi per esterni di Paola Lenti, incluse le sedute Elba di David Rockwell. 

Lo studio ha inoltre progettato una sala da pranzo privata per 16 ospiti, nascosta rispetto all’atrio pubblico e al ristorante. Gli ospiti vengono guidati attraverso una luminosa cucina in acciaio inossidabile fino a uno spazio nascosto simile a uno speakeasy. 

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ph. Adrian Gaut