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we:ll magazine ha incontrato Claudio Ceccherelli, figura di riferimento dell’hôtellerie che ha dedicato l’intera vita all’arte dell’ospitalità. A poche settimane dal premio alla carriera ai Best Luxury Hotel Awards ripercorriamo la sua storia.

“Il vero lusso, in questo settore, è far star bene l’ospite con naturalezza e autenticità”. E se a dirlo è Claudio Ceccherelli, noi di we:ll magazine non possiamo far altro che crederci. Figura carismatica, ponte tra la tradizione italiana dell’accoglienza e una visione internazionale del servizio, Ceccherelli ha da poco ricevuto il premio alla carriera ai Best Luxury Hotel Awards organizzati da Teamwork Hospitality. Un riconoscimento che sancisce non solo la sua autorevolezza, ma soprattutto un modo di intendere il lusso che, nel suo pensiero, è tutto fuorché ostentazione. Impegnato attualmente con LVGH Management per la creazione di un nuovo esclusivo marchio alberghiero, Ceccherelli ha dedicato tutta la sua vita all’hôtellerie. Ad animarlo, una passione che non si è mai spenta.

La sua storia professionale come manager comincia molto prima dei 5 stelle e dei premi. Ceccherelli nasce a Firenze e scopre quasi per caso la vocazione all’ospitalità. Da ragazzino, durante una rappresentazione teatrale nel circolo Arci del suo borgo, impersona prima Ulisse e poi Cristoforo Colombo: due figure simbolo della curiosità e dell’esplorazione. Una frase, in particolare, gli rimane impressa per tutta la vita: Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza. È quella scintilla – racconta – ad avergli messo in moto la voglia di scoprire.

Gli anni della formazione.

La curiosità lo accompagna anche nella scelta degli studi. Quando vede l’amica di sua sorella tornare da stage in Francia, Inghilterra e Germania capisce che l’istituto alberghiero può diventare il suo passaporto. Così si iscrive alla scuola alberghiera Saffi di Firenze, dove si forma servendo in sala e facendo tirocini estivi. Il primo, nel 1972, all’isola d’Elba: tre mesi intensi in albergo con turni dalle 7.30 alle 23, intervallati da due ore di mare e libertà. Sono mesi che gli cambiano la vita e che gli permettono di incontrare un sentimento nuovo: la consapevolezza di essere utile. Ricorda: “Le persone erano contente di quello che facevo, avevano bisogno di me, mi cercavano. In quel momento capii che, a prescindere dal livello in cui lavori, il cliente apprezza la tua spontaneità e naturalezza. Apprezza il modo in cui sai farlo stare bene. È questo il vero lusso”.

La celebre Cupola di Park Hyatt di Milano.

La seconda tappa fondamentale della sua formazione è la Romagna degli anni Settanta: sei anni a Cervia, nel pieno dell’emergenza dell’alga rossa. La situazione avrebbe potuto scoraggiare chiunque, ma non gli albergatori romagnoli, che rispondevano con l’ingegno: feste in spiaggia, piscine, eventi creati dal nulla pur di garantire un’esperienza memorabile agli ospiti. Ceccherelli assorbe tutto: organizza menu regionali, tornei, attività. Impara che quando c’è voglia di fare, il cliente può vivere un’esperienza di valore ovunque. È un insegnamento che non lo lascerà più.

Il salto nei grandi alberghi arriva presto. Durante l’esame di maturità, nel 1976, viene contattato dal direttore del Principe di Savoia di Milano. Dopo l’estate, accetta: inizia così un periodo in cui alterna Milano a Cervia, lavora al ricevimento e prova perfino a conciliare gli studi alla Bocconi. “Non sono riuscito a terminare l’università: è il mio unico rimpianto” ci confida. “Però, in compenso, mi propongono di insegnare nella scuola alberghiera dove avevo studiato: un’esperienza bellissima, fino a che non mi venne offerto il posto di vicedirettore all’Hotel Danieli di Venezia. Ricevetti dal direttore l’albergo in mano, e fu lì che riprovai la stessa sensazione avvertita all’isola d’Elba: finalmente mi sentivo io il protagonista”.

Hotel Danieli sulla Riva degli Schiavoni di Venezia di cui Ceccherelli fu vicedirettore.

L’esplosione della carriera.

Seguono anni cruciali: l’Excelsior di Roma, poi l’approdo al mito dell’hôtellerie mondiale, l’Hotel de Paris a Monte-Carlo, dove Ceccherelli fu letteralmente ‘reclamato’ dall’allora direttore Bigi, sua vecchia conoscenza. “Non fu facile imparare il francese, ma nel mondo dell’ospitalità devi essere in grado di farti apprezzare, entrando con umiltà in qualunque nuovo posto. Mai arrogarsi la pretesa di cambiare tutto: devi cambiare un poco alla volta, spiegarne i motivi e rendere lo staff partecipe del cambiamento. È stato qui che mi sono innamorato della ristorazione. In più, lavorare accanto a Bigi mi permise di imparare molte cose. I manager di quei tempi erano carismatici, intuitivi, brillanti”.

Da lì arriva la chiamata che segna una svolta: diventare direttore dell’iconico Villa d’Este di Cernobbio. È il 1997. In pochi anni il general manager porta a Como quel gusto per la raffinatezza che aveva respirato a Monte-Carlo: tavoli all’aperto a bordo piscina, eventi, feste, persino il circo di Ambra Orfei durante il Festival dell’estate. È il lusso secondo Ceccherelli: creatività, cura del dettaglio, capacità di trasformare un luogo in un’esperienza multisensoriale. Nel frattempo gli chiedono di diventare direttore generale all’Hotel de Paris ma lui rifiuta: rimarrà a Villa d’Este per cinque anni.

Nel 2002 approda alla sfida più identitaria: aprire il Park Hyatt di Milano. Vuole farlo “a sua immagine e somiglianza”, incontrando uno per uno i collaboratori. Quando lascia, nel 2013, il 95% del personale è ancora lì. L’hotel, sotto la sua direzione, vince anche il premio come Miglior albergo al mondo per i servizi. È il periodo in cui Ceccherelli diventa davvero leader: capisce che se vuoi che il personale tratti bene l’ospite devi in primis trattare bene il personale. “È tutta qui la chiave del successo” spiega. “In un periodo in cui non si parlava ancora di empatia, al Park Hyatt comprendemmo quanto fosse importante trattare bene l’ospite, di conseguenza anche il personale. Capimmo che il successo dipende tutto dal modo in cui fai sentire l’ospite: devi farlo sentire protetto, accolto, coccolato. Anche con una telefonata”.

Le esperienze in Hyatt di Ceccherelli: Park Hyatt Paris-Vendôme, Hôtel Martinez di Cannes, per il quale ha gestito il passaggio ad Hyatt e pianificato la ristrutturazione totale, e Park Hyatt di Milano.

Poi arriva la direzione dell’Hôtel Martinez di Cannes, seguita da un’esperienza a Parigi, infine il ritorno in Italia. Con un imprenditore crea la Shedir Collection, una collezione di hotel di alto livello in forte espansione. Alla fine del 2023 viene chiamato per costruire la collezione LVGH, oggi in fase di lancio: tre strutture in cantiere e un brand in arrivo nei prossimi mesi. Dopo una vita nei 5 stelle, Ceccherelli non ha perso il filo rosso della sua filosofia: passione, creatività, coraggio di innovare. “Il premio alla carriera ricevuto durante i Best Luxury Hotel Awards mi ha fatto sentire onorato” conclude. “Agli albergatori di domani direi questo: non dobbiamo aver paura del cambiamento e dell’innovazione. Non è importante solo far bene ma soprattutto fare diverso. Distinguiamoci, lavorando sempre con passione e impegno, e mettiamo al centro l’ospite. In hotel, quest’ultimo deve poter vivere un momento unico”.

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In apertura, la facciata del Park Hyatt di Milano, diretto nei suoi primi 10 anni da Claudio Ceccherelli.

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