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La crisi di manodopera nel settore Ho.Re.Ca. è aggravata dalla carenza di alloggi per i lavoratori non residenti. Un’indagine in Val di Fassa evidenzia la difficoltà nel reperire sistemazioni e la richiesta di strutture ad hoc. Dato che in Italia il 55% delle posizioni è vacante, la creazione di alloggi di qualità per lo staff diventa una necessità per la competitività del settore.

Negli ultimi anni la problematica della reperibilità di personale per le strutture Ho.Re.Ca. sta diventando molto seria. Un tempo questa attività veniva assolta dai residenti nei luoghi di villeggiatura e tramandata dai padri ai figli. Con le attuali dinamiche socio-economiche italiane ciò non avviene quasi più e la difficoltà di trovare personale specializzato o specializzando sta diventando sempre più complessa. Spesso gli imprenditori devono attingere a forza lavoro proveniente da altre regioni italiane o dall’estero e questo personale ha bisogno di un alloggio per il tempo di permanenza presso la struttura. Anche in questo caso, le esigenze mutano e aumentano le pretese e chi offre condizioni solo sufficienti perde immediatamente il confronto con gli esercizi più organizzati o che offrono vantaggi economici più rilevanti.

Il problema è trasversale e tocca sia strutture più grandi e di lusso che quelle piccole e familiari: nessuno è immune da questa competizione su chi offre vantaggi superiori. E le richieste, di conseguenza, aumentano rendendo sempre più insostenibili i costi per i gestori.

Il caso studio della Val di Fassa: i numeri svelano la realtà.

Un’analisi approfondita di questa criticità emerge dalla tesi sviluppata dalla mia studentessa Caterina Zulian nell’ambito del diploma di Interior Design della NAD-Hdemygroup, nata al termine del corso di progettazione Ho.Re.Ca. Caterina Zulian ha condotto un’indagine mirata in Val di Fassa, Trentino-Alto Adige, e ha sottoposto un questionario alle 439 strutture ricettive della valle – tra hotel, B&B, bar, ristoranti, rifugi e società di impianti sciistici – per un totale di 24.666 posti letto, ottenendo le risposte di oltre un terzo degli operatori e mettendo in luce alcune serie problematiche.

Composizione del target che ha risposto al questionario.

L’indagine rivela innanzitutto un elevato fabbisogno di personale, con il 94,4% delle strutture che necessita di almeno 3 persone come supporto, il 73,4% di più di quattro e il 36,3% che ne richiede oltre dieci. Quindi un numero di lavoratori in questa sola valle decisamente elevato.

Fabbisogno di personale. Numero di addetti richiesti.

La quinta domanda del sondaggio riguardava il grado di difficoltà di trovare gli alloggi da garantire al personale. A conferma del fatto che trovare gli spazi adeguati per i lavoratori non locali risulta molto complesso, la maggior parte delle attività (67,5%) ha risposto con il massimo di difficoltà (5 in una scala di valori da 1 a 5). Al secondo posto, con una percentuale molto minore (19,2%), abbiamo il valore 4; segue poi 3 con il 5,8%, 2 con il 2,5% e infine 1 con il 5%. Possiamo quindi affermare che all’incirca 4 gestori o proprietari di attività turistiche su 5 ritengono difficile trovare un alloggio per i dipendenti.

Grado di difficoltà di trovare gli alloggi da garantire al personale (1 difficoltà bassa, 5 difficoltà massima).

La sesta domanda verteva su dove i gestori preferissero far alloggiare i loro dipendenti non locali. La maggior parte delle attività, ovvero il 61,5%, preferirebbe far alloggiare i proprio dipendenti non autoctoni in strutture esterne che possano ospitarli. A livello numerico, su un totale di circa 3.100 lavoratori, quasi 2.000 farebbe uso di strutture dedicate ed esterne. Questo conferma quanto sia necessario rivedere strategicamente la problematica, perché alloggi a prezzi non turistici per questi lavoratori sono al momento quasi impossibili da trovare.

Nella decima domanda è stato chiesto ai gestori delle attività turistiche, se – esistendo – usufruirebbero di una struttura apposita per lavoratori non locali e ben il 73% ha risposto che la utilizzerebbe, mentre solo il 9,8% ha risposto negativamente.

Risposte alla domanda, se – esistendo – i gestori delle attività turistiche usufruirebbero di una struttura apposita per lavoratori non locali.

L’ultima domanda era una risposta aperta per lasciare spazio a coloro che spontaneamente rispondevano di poter lasciare una propria opinione sulla questione dei lavoratori stagionali non locali. Per l’82,4% delle risposte, i lavoratori stagionali non locali rappresentano una risorsa per motivi diversi: la mancanza di manodopera locale (50,5%); la loro disponibilità e le loro competenze (5,6%); per le loro idee, le diverse culture e i metodi di lavoro differenti (4,4%); la loro capacità di adattarsi alle esigenze (1,1%).

Un problema nazionale: dati che confermano l’emergenza.

Tale indagine meritava un approfondimento e, quindi, attraverso ulteriori analisi statistiche e di ricerca, è emerso che in tutta Italia, e in particolar modo al Centro-Nord, sia in località marine, che montane, che agresti, Il problema si presenta con dati e risposte similari.

Dalle ricerche statistiche è emerso che i numeri sono rilevanti: nel turismo e nella ristorazione, nel 2024, il 55% delle assunzioni previste non è stato coperto. Nel dettaglio, il comparto turistico ha lasciato scoperta oltre la metà (55%) delle sue 274.000 posizioni aperte, mentre la ristorazione non è riuscita a reperire personale qualificato per quasi il 50% dei 443.000 posti disponibili.

Quindi, oltre la metà delle posizioni stagionali (camera, sala, cucina, accoglienza) resta scoperta. Questo impatta strutture alberghiere, ristoranti e altri punti Ho.Re.Ca., soprattutto nelle regioni ad elevata vocazione turistica (costa, montagna, città d’arte).

Dati assai preoccupanti che evidenziano la difficoltà strutturale del settore nell’attrarre lavoratoi qualificati e di offrire servizi e ospitalità a colore che sarebbero interessati.

Foto di Negley Stockman su Unsplash.

Oltre l’emergenza: progettare un nuovo modello di ospitalità per i lavoratori.

La necessità di creare appositi spazi per i lavoratori stagionali non locali è molto importante per risolvere, almeno in parte, il problema degli alloggi, che attualmente preoccupa il settore Ho.re.ca. Il numero elevato di lavoratori che usufruirebbe di queste strutture implica che un singolo edificio non è sufficiente per ospitare tutti i dipendenti necessari per ciascuna località, ma è necessario immaginare un piano territoriale predisponendone diversi per ogni comune. Ciò sia per riuscire a soddisfare le necessità dei proprietari e dei gestori di attività turistiche, sia per garantire ai lavoratori il comodo raggiungimento del loro ambiente di lavoro. Anche perché nelle nostre località turistiche, durante i periodi estivi e invernali, il traffico aumenta notevolmente e diventa più complesso spostarsi, sia con i mezzi pubblici che con quelli personali.

In conclusione, il problema su cui lavorare è quello di realizzare strutture che abbiano come focus la qualità dei servizi, in modo da riuscire a far sentire il lavoratore come a casa propria, una privacy che consenta di trasmettere tranquillità e serenità al collaboratore (e spesso anche alla sua famiglia che lo potrebbe raggiungere quando i tempi di permanenza si allungassero), una socialità per creare ambienti rilassanti e di riposo che esulino dalla tipica ospitalità per i dipendenti che gli operatori Ho.Re.Ca. possono offrire tradizionalmente. Tutto ciò potrebbe migliorare la fidelizzazione dei lavoratori non locali, che attualmente per alcuni titolari di attività turistiche risulta un serio problema.

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In apertura: foto di Alev Takil su Unsplash.