
L’overtourism non esiste: e noi vi spieghiamo (ci proviamo a spiegare) il perché.
Consorzi, certificazioni di sostenibilità, gestione intelligente: ecco le ricette dell’Alto Adige per combattere l’overtourism. Ne parliamo con Barbara Griessman e Michael Damian.
Negli ultimi tempi, il termine overtourism è entrato nelle cronache giornalistiche come un aspetto negativo che caratterizza ormai il Bel Paese delle vacanze. Letteralmente, il termine indica situazioni dove il numero di turisti presenti in un certo luogo supera la capacità del territorio, delle infrastrutture e dei “ local” a contenerli e ad accoglierli.
Sì ma… è da sempre che è cosí, a ben vedere. Solo che oggi è la situazione economica a essere cambiata e quindi tutta l’organizzazione a monte del viaggio in senso stretto. Ecco che abbiamo, quindi, pensato a parlare di un vero e proprio mito del turista invasore, che introduce la figura della comoda ma erronea narrazione di Overtourism. Sicuramente, la tipologia del turista e del suo modo di viaggiare si sono modificati in relazione alla diminuita capacità di spesa e, di conseguenza, dei tempi di permanenza nelle località di destinazione: pochi giorni a disposizione, tutti ammassati in un luogo, ed ecco che si percepisce un sovraffollamento, come si potrebbe dire in lingua italiana…
E se il termine overtourism è diventato un bersaglio facile per spiegare ogni disagio legato al turismo – città congestionate, servizi al collasso, comunità locali in affanno – non dovremmo, però, forse fermarci un attimo e chiederci: il problema è davvero chi arriva o, piuttosto, in che modo li si accoglie? Non è che forse sono proprio le politiche legate al mondo dell’incoming turistico, a qualunque livello, a essere ancora legate a un tipo di viaggiatore di trent’anni fa?
Non è la quantità dei visitatori a creare il corto circuito, ma l’incapacità – o la non volontà – di gestirne la presenza in modo intelligente e lungimirante. Il turismo di qualità non si esaurisce in un hotel a quattro stelle o in un menu curato. Vive anche di trasporti efficienti, di reti culturali, di professionisti spesso invisibili ma essenziali: architetti, ingegneri, guide specializzate, artisti, interpreti. Ogni volta che lasciamo questi talenti ai margini, perdiamo un’occasione di crescita e di bellezza condivisa.
Non si tratta, quindi, di alzare muri o contingentare gli ingressi. Come osserva il giornalista Aldo Cazzullo, “è molto più utile immaginare infrastrutture e servizi capaci di sostenere uno sviluppo armonico. Serve un cambio di sguardo: smettere di vedere nel turista un problema da respingere e iniziare a progettare luoghi che sappiano accogliere. Perché chiamare overtourism ciò che in realtà è solo cattiva gestione, rischia di farci combattere la battaglia sbagliata”.

La situazione in Alto Adige. Due domande a…
In Alto Adige, questa sfida è particolarmente attuale. Abbiamo chiesto a Barbara Griessman – Direttrice dell’associazione turistica della Valle Aurina – Trentino Alto Adige, – e a Michael Damian, giovane manager del luxury hotel Cyprianerhof, 5 stelle situato sull’Alpe di Siusi, in Alto Adige, come si vive, si gestisce – e si ripensa – oggi l’ospitalità in una delle mete più amate delle Alpi.


we. Negli ultimi anni, avete percepito un aumento della pressione turistica nelle vostre zone? Se sì, in che modo questo ha influenzato la gestione della vostre strutture e la qualità dell’esperienza per ospiti e residenti?
Barbara Griessman. La Valle Aurina, pur restando una meta relativamente poco conosciuta, ha cominciato a percepire una maggiore pressione turistica, soprattutto nei periodi di alta stagione. Questo ha spinto il territorio a strutturare una risposta concreta e lungimirante attraverso il ‘Konsortium Zukunft Ahrntal’, nato per coordinare azioni legate al turismo sostenibile. Il consorzio lavora su sei ambiti chiave: tutela della natura, valorizzazione dell’economia locale, integrazione sociale, promozione della cultura, responsabilità condivisa e dialogo tra ospiti e residenti. Sono stati attivati progetti specifici come: incentivazione della mobilità sostenibile, gestione dei flussi nei punti sensibili, promozione di esperienze slow, tutela della biodiversità, uso efficiente delle risorse. L’obiettivo è mantenere un equilibrio tra accoglienza e conservazione, garantendo un futuro vivibile e autentico per chi abita e visita la valle.
Michael Damian. Pur riconoscendo che la pressione turistica in Alto Adige sia molto disomogenea, nella nostra specifica area, la Val di Tires, non abbiamo percepito un aumento insostenibile. Ci troviamo ancora nella posizione fortunata di poter gestire i flussi in modo proattivo, e stiamo lavorando attivamente affinché questo equilibrio si mantenga. Il nostro impegno è volto a distribuire meglio la presenza turistica nel corso dell’anno, concentrando le energie sulle stagioni meno affollate. L’obiettivo è duplice: da un lato, valorizzare al massimo le infrastrutture che già abbiamo; dall’altro, offrire a chi lavora nel turismo una stabilità professionale che vada oltre i picchi di alta stagione. Questa scelta riflette la nostra filosofia, che si discosta nettamente dal modello degli “hotspot” basato su un consumo veloce del territorio. Noi promuoviamo un turismo che cerca profondità, rispetto e connessione. Vogliamo che un soggiorno da noi non sia una semplice visita di passaggio, ma un’occasione per entrare in dialogo con la cultura locale, con la natura e con le persone. Il nostro scopo è offrire un’esperienza che arricchisca e lasci una traccia duratura, ben più preziosa di una delle tante foto viste sui social.

we. Secondo voi, l’overtourism in Alto Adige è un problema reale oppure una narrazione amplificata dai media? In che misura ritenete che il turismo nella vostra zona sia ancora sostenibile?
B.G. L’overtourism è un problema reale in alcune aree dell’Alto Adige e in certi periodi, ma generalizzarlo è fuorviante: si tratta piuttosto di una sfida gestionale che richiede approcci mirati e collaborazione tra attori locali. In Valle Aurina, il turismo è ancora sostenibile grazie a un percorso strutturato che ha portato al conseguimento della certificazione GSTC (Global Sustainable Tourism Council per il turismo sostenibile) e del Marchio di Sostenibilità Alto Adige – Livello 3. Un esempio virtuoso è la collaborazione tra aree sciistiche ed enti turistici all’interno del Konsortium Zukunft Ahrntal, citato come best practice a livello internazionale. Questi strumenti permettono decisioni basate su dati concreti e una pianificazione a lungo termine. La sostenibilità qui è vista come un processo continuo, che richiede coinvolgimento della comunità e scelte responsabili. Il turismo, per noi, deve essere un’opportunità condivisa, non un peso.
M.D. L’overtourism in Alto Adige è un rischio reale e localizzato, ma non un’emergenza generalizzata. La narrazione mediatica tende spesso a semplificare, presentando l’intera provincia di Bolzano come una destinazione sovraccarica, ma la realtà è molto più complessa e frammentata. Abbiamo hotspot come la Val Gardena o il Lago di Braies che necessitano di una gestione attenta, e allo stesso tempo molte altre valli che hanno bisogno di un turismo vitale per sostenere l’economia locale. Generalizzare è un errore che non aiuta a trovare soluzioni. Più che di overtourism in senso assoluto, parlerei di un problema di concentrazione: troppe persone negli stessi luoghi e negli stessi brevi periodi. A questo si aggiungono dinamiche che vanno analizzate con onestà. Per esempio, il “turismo di passaggio” (penso alle numerose auto e moto che attraversano i passi) che genera traffico e impatto sul paesaggio senza però contribuire in modo significativo all’economia del territorio, ma produce un carico facilmente percepibile per la popolazione locale. Inoltre, è fondamentale analizzare dove si è verificata la crescita dei posti letto. Il numero di letti nel settore alberghiero, soggetto a regole precise, è rimasto sostanzialmente stabile dagli anni ’90. L’aumento esponenziale ha riguardato soprattutto le seconde case e gli affitti brevi come Airbnb. Senza voler puntare il dito, è chiaro che serve una visione olistica, per veramente poter trovare soluzioni a lungo termine. La sostenibilità del turismo a livello provinciale dipende dalla capacità di affrontare queste sfide in modo differenziato, con collaborazione e critiche costruttive, con politiche mirate per gli hotspot e una regolamentazione più attenta dei flussi e delle tipologie di alloggio. Non basta limitare: bisogna governare il fenomeno con intelligenza. Sara una delle grandi sfide per l’ Alto Adige del prossimo futuro.
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In apertura: Malga Holzerböden in Valle Aurina © Alfred Stolzlechner
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