Trend. Arte e hospitality. Il lusso di essere curiosi.

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Arte, esclusività e genius loci: ecco un altro modo di intendere il lusso. Ne parliamo con Federica Sala curatrice indipendente e art advisor. Tra gli ultimi suoi progetti, la curatela del Six Senses a Roma.

Federica Sala, milanese di nascita, ma con un lungo trascorso francese – cinque anni nel dipartimento di design del Centre Pompidou a Parigi – oggi è curatrice indipendente e collabora in Italia e all’estero con istituzioni, aziende e il mondo dell’hotellerie guidando investitori, progettisti e appassionati alla scelta delle opere d’arte più appropriate, a supporto di un concept, per storytelling o il nesso con il territorio. L’abbiamo intervistata alla scoperta delle mille connessioni tra arte e hospitality.

Six Senses. Luce colorata di di Mandalaki Studioph. Luca Rotondo

we. Tra gli ultimi tuoi progetti come art advisor c’è quello per il Six Senses di Roma. Come nasce e quali sono e linee guida che l’hanno ispirato?

È stato una bellissima collaborazione direttamente con lo studio Urquiola, nata fin dall’inizio in sintonia con il progetto di interior. Il Six Senses di Roma è il primo urban resort del brand, famoso invece per i suoi hotel di lusso in località turistiche. Travandoci invece in una città, a Roma, si è puntato moltissimo a enfatizzare il legame con il luogo. Uno dei must del Six Senses è offrire all’ospite esperienze sempre fuori dall’ordinario incentrate su un wellbeing sia fisico che mentale. Data l’importanza del wellness per i brand, tutto un piano del Six Senses di Roma è stato adibito a Spa. La mia proposta per questi ambienti si è concentrata su opere che avessero alla base la natura, ispirate alla botanica e al mito di Daphne. In altri ambienti, invece, ho voluto giocare con la romanità classica. Ma in maniera scherzosa, ironica. Basti pensare all’opera dell’artista torinese Daniele Accossato che ho scelto da posizionare in prossimità della grande scala monumentale che porta alle suite: una sorta di ala, come quelle della Nike di Samotracia, ma imbrigliata in una cassa di legno, come un oggetto ancora imballato e appena scaricato da un camion, ancora da collocare.

we. Quanto secondo te l’opera d’arte viene capita dall’ospite dell’hotel?

L’arte deve essere comunque comunicata e spiegata perché non tutti hanno la sensibilità e la cultura per capire quello che vedono. Magari non si accorgono neanche di quello che vedono. 

E comunque , anche se magari non si conosce l’artista e il nome dell’opera , ci sono installazioni che non passano inosservate, che colpiscono e che ti fanno venire la voglia di approfondire. Ti faccio un esempio. Nello spazio esterno del Cipriani a Venezia, il Gruppo Belmond aveva invitato il famosissimo artista Daniel Buren, che aveva realizzato in occasione della Biennale dello scorso anno una delle sue opere della serie Haltes Colorées”, soste colorate. Non tutti avranno individuato un Buren ma l’opera era talmente particolare per il contesto che sicuramente qualcuno avrà chiesto spiegazioni in merito. Un altro esempio. Sono tornata al Lutetia a Parigi, hotel storico interessato da un’ importante ristrutturazione terminata nel 2018. Al centro dell’hotel c’è il Salon Saint-Germain, una lounge coperta da un meraviglioso lucernario moderno. Mi ha subito incuriosita e ho scoperto essere stato realizzato del famosissimo artista Fabrice Hyber. Certo, per me è più facile: sono del settore.

Il Salon Saint-Germain con il lucernario realizzato dall’artista Fabrice Hyber.

Ma è molto importante spiegare l’arte anche a chi in hotel ci lavora, farli appassionare, in modo che la possano spiegare all’ospite. Al Six Senses, per esempio, ho fatto due formazioni al personale dell’albergo.

we. In alcuni hotel l’arte diventa elemento distintivo e asset comunicativo.

Certamente. Ci sono alcuni interventi di art advisory che sono così strutturali rispetto all’architettura e al progetto di interior che trasmettono l’estetica dell’albergo – e in questo caso diventa quasi secondario sapere chi è l’artista e qual è l’opera – l’arte diventa parte di quello che è il decoro, inteso come decorazione dell’albergo. Così è per esempio a Palazzo Velabro, a Roma, vicino al Tempio di Giano, progettato da Alessia Garibaldi, architetto ma anche grande appassionata d’arte e collezionista. Hanno opere importanti e fanno dell’arte l’elemento trainante della loro comunicazione. Mi viene in mente anche Casa Baglioni a Milano, progettato da Spagnulo&Partners. Nel quartiere di Brera, rispecchia lo spirito del luogo con opere d’arte e fotografie che riproducono scene di vita della zona nei tempi passati e sono esposte opere di artisti legati a Brera e al Bar Giamaica.

we. Quali sono le dinamiche che sottendono l’esposizione delle opere d’arte?

Dipende. Ci sono opere site specific, commissionate direttamente all’artista. In altri casi ci sono collaborazioni con Gallerie d’Arte che utilizzano le location degli hotel come vetrina e cambiano le opere esposte due volte all’anno. In altri casi l’hotel è una galleria privata del proprietario dell’hotel. Mi viene in mente per esempio il boutique hotel Palazzo Luce a Lecce, un palazzo del XIV secolo, casa d’arte e di design. Ma anche il Velabro, già citato, e su altra scala i Romeo sia quello di Napoli che il recente a Roma.

we. Arte e hospitality sono oggi un connubio quasi imprescindibile. Come leggi questo trend? 

Io credo che questo fenomeno sia legato alla crescita negli ultimi anni degli hotel 5 stelle. Il lusso oggi pretende la Spa, il fine dining e ora anche l’arte. Quindi legherei l’arte al lusso, ma non solo economico, è proprio un lusso, secondo me, mentale e culturale. E anche legato all’esclusività, perché come dicevamo prima, non tutti hanno la possibilità di capire quello che stanno vedendo. Non tutti hanno il lusso di essere curiosi.

°°°

In apertura: Federica Sala – ritratto. ph. Jessica Soffiati

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