Hotel Voyager. Ossessione hospitality.

Tempo di lettura: 3 minuti.

C’è un prima e un dopo Hotel Voyager. Chi parte, torna con la testa piena di idee, ma anche con strumenti pratici, riferimenti, numeri. Scopri il format raccontato dal suo ideatore.

C’è un momento, per chi lavora nel mondo dell’ospitalità, in cui serve uscire dalla teoria e toccare con mano cosa vuol dire davvero innovare. Da questa urgenza, e forse anche da un po’ di sana ossessione personale per gli hotel, è nato Hotel Voyager, un format che ho ideato per portare imprenditori, investitori e manager a vedere dal vivo gli hotel più interessanti e redditizi al mondo, con occhi nuovi e strumenti concreti.

Nicola Delvecchio. ph. Francesca Riva

Non è un viaggio di piacere. È un’esperienza formativa. Intensa, immersiva, trasformativa.
Una full immersion in hotel che non solo stupiscono per il design, ma soprattutto funzionano sul mercato: con performance solide, modelli di business chiari e concept forti, coerenti, pensati per durare.

A novembre Hotel Voyager si è svolto a New York: un gruppo selezionato di operatori italiani – tra cui giornalisti di Well Magazine, investitori e albergatori visionari – ha varcato le porte di hotel iconici e dirompenti come il Moxy Lower East Side, il Public Hotel di Ian Schrager, il Moxy, l’Ace e il nuovo Tempo by Hilton.
Ogni visita è stata guidata da uno sguardo strategico: analizziamo posizionamento, margini, target, struttura dei costi, dettagli di servizio. Parliamo con i manager, osserviamo come si muove lo staff, fotografiamo le idee che si possono adattare, ripensare, evolvere.

Sopra, scene dal Public – ph. Francesca Riva- e, sotto, la lobby dell’Ace a New York.

New York ci ha dato una lezione chiara: oggi più che mai, a fare la differenza sono le scelte coraggiose, identitarie. Hotel che non inseguono mode, ma costruiscono visioni. Che sanno distinguersi nel rumore, e che – soprattutto – guadagnano.
Non è un caso se molte strutture visitate hanno, rispetto agli altri della città in cui si trovano, tassi di occupazione altissimi, margini robusti e team di direzione estremamente preparati. E non è magia: è strategia.

Lovis Reastaurant al Wilmina di Berlino. ph. Robert Rieger.

A febbraio è stata la volta di Berlino, con un gruppo riservato di 7 manager del gruppo HNH. Qui abbiamo esplorato modelli più “ibridi”, flessibili, vicini alla cultura urbana e creativa della capitale tedesca. Dal nuovo Sly Hotel, al raffinato Wilmina, ex carcere trasformato in boutique hotel poetico e raffinato. Senza dimenticare il famoso ed eccentrico Nhow e il 25hours Bikini: che restano alcuni tra gli esempi più brillanti di brand lifestyle.

Ogni tappa di Hotel Voyager è diversa. E ogni partecipante torna a casa con idee da applicare subito: nella progettazione di un nuovo hotel, nel riposizionamento di una struttura esistente, nella definizione di una strategia più ambiziosa. Il senso di Hotel Voyager è tutto qui: aiutare chi vuole fare impresa nel turismo ad alzare lo sguardo.
A uscire dalle aule e dagli schemi. A confrontarsi con il meglio. A capire che l’innovazione si può imparare solo se la si vive in prima persona.

È un’esperienza pensata per imprenditori e professionisti del settore alberghiero.
Chi partecipa non è lì per “copiare”, ma per interpretare, adattare, portare valore a casa.
Il programma è costruito come un percorso formativo: ogni hotel visitato è selezionato per i suoi elementi distintivi, ogni momento è progettato per generare domande, riflessioni, cambi di prospettiva. C’è confronto, c’è analisi, ma anche energia, passione, relazione.

E sì: ci si diverte anche. Perché l’ospitalità, prima di tutto, è vita.

Hotel Voyager tornerà presto con nuove destinazioni, nuovi gruppi, nuove occasioni per lasciarsi ispirare e portare l’innovazione sul serio dentro i nostri hotel.

Io ci credo profondamente. E chi parte con me, spesso, torna con un nuovo progetto vincente in testa. È questo, alla fine, il vero obiettivo.

°°°

In copertina: debriefing a New York dopo una giornata da Hotel Voyager. ph. Francesca Riva

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