Vita, morte e rinascita del villaggio turistico.

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Cosa significa oggi parlare di villaggi turistici e perché questo modello ha saputo attraversare decenni di cambiamenti sociali? Da tende sulla spiaggia all’io e non più noi, al tempo che non ci basta più. Amante e Intrattenitore. Ecco l’evoluzione della vacanza organizzata raccontata da Sara Prontera, responsabile marketing del Gruppo Nicolaus.

Per capire davvero cosa sia oggi un villaggio turistico bisogna guardare alla sua storia, che è poi la storia dei cambiamenti della società. Lo sa bene il Gruppo Nicolaus, che nel 2018 ha acquisito lo storico brand Valtur e che, di recente, ha celebrato la registrazione del brand tra i marchi storici d’Italia. Un traguardo che richiede di dimostrare cinquant’anni continuativi di attività: un esercizio di memoria che ha costretto l’azienda a scavare, documento dopo documento, nel passato del marchio.

“Valtur è stato in grado di farsi interprete dello spirito dei tempi – racconta a we:ll magazine Sara Prontera, responsabile marketing e comunicazione di Nicolaus –. Non è possibile sopravvivere per cinquant’anni se non ci si è adattati: il marchio non è mai stato uguale a sé stesso. Ha assunto forme diverse per rispondere a una società che cambiava”.

Com’era il villaggio turistico. Vacanza spartana e liberatoria.

I primi villaggi degli anni Sessanta erano tutt’altra cosa rispetto a quelli oggi immaginati dal grande pubblico. Le origini – ispirate al modello Club Med – parlano di tende sulla spiaggia, niente acqua corrente né elettricità, stoviglie da campeggio, sport all’aria aperta e lunghi tavoli, nati per ottimizzare gli spazi e diventati dispositivi di socialità. “Era una vacanza spartana e liberatoria – illustra Prontera –, scelta da chi voleva l’opposto del turismo tradizionale”.

Negli anni Ottanta e Novanta, con l’avvento della televisione commerciale, il villaggio cambia pelle: nascono gli anfiteatri, l’animazione diventa show, il divertimento si struttura. “È il momento in cui entra la famiglia come nuovo target”, spiega ancora. Le infrastrutture migliorano, arrivano le camere vere e proprie, i bagni privati, servizi pensati per nuclei familiari che cercano comodità, oltre che intrattenimento.

L’animazione diventa show.

A fine anni Novanta avviene la frattura. La società si individualizza, il “noi” lascia spazio all’“io” e la domanda turistica si adatta a questa tendenza. Non basta più un ristorante unico, un intrattenimento unico, un servizio unico. Il villaggio amplia la sua offerta e inizia a moltiplicare le opzioni: più ristoranti, buffet complessi, le prime spa. “Dopo questi anni, nulla sarà più come prima” ci anticipa Prontera.

Reef Oasis Beach Aqua Park Resort affacciato sul Mar Rosso

La crisi (e trasformazione) del modello.

A un certo punto, anche per il villaggio turistico arriva uno degli ostacoli più difficili da affrontare: la crisi d’identità. Gli ospiti diventano più sofisticati, selettivi, saturi di stimoli e possibilità. “L’offerta media, quella che un tempo il villaggio garantiva, oggi è qualcosa a cui ognuno di noi può accedere individualmente. È in questo spazio e contesto che nasce il resort, erede e superamento del vecchio villaggio. Il resort non impone più un palinsesto comune: offre alternative. Un grande spettacolo serale o, in contemporanea, un talk sotto le stelle. Una lezione sportiva o un momento di puro relax. Ogni attività deve essere unica e allo stesso tempo opzionale: un’equazione complessa che richiede il triplo del lavoro dietro le quinte” racconta la responsabile marketing.

Ma il filo rosso del nuovo modello è uno soltanto: il tempo. “Il tempo è il vero bene da regalare all’ospite, è ciò che manca a ciascuno di noi” rimarca Prontera. La vacanza torna alla sua etimologia, ‘vacatio’, vuoto: uno spazio che il viaggiatore può riempire – o scegliere di non riempire – liberamente.

Valtur Cervinia Cristallo Ski Resort.

Il laboratorio di innovazione: il Valtur Cervinia Cristallo Resort.

Per capire come evolve oggi una vacanza in quello che una volta avremmo definito un villaggio turistico analizziamo il caso più emblematico, ovvero il Valtur Cervinia Cristallo Ski Resort, considerato dal Gruppo Nicolaus il proprio laboratorio di innovazione. A 2.000 metri di altitudine, il resort nasce dall’ascolto della destinazione. “Cervinia è neve, sci, verticalità. Per questo abbiamo costruito un tapis roulant che collega direttamente pista e resort, e una ski room progettata intorno alle esigenze dello sciatore” dice ancora la responsabile marketing.

Ma non basta. Cervinia vuole vivere anche fuori dalla neve: spa aperta tutto il giorno, piscina semi-olimpionica, outlet, campi da padel – gli unici della valle –, una galleria d’arte con mostre temporanee. A questo si aggiunge un progetto unico: il The Sky Club, un rifugio in quota convertito in outlet Valtur, totalmente scollegato dall’ospitalità tradizionale. Una presenza del marchio che anima la destinazione anche lontano dal resort.

Amante e Intrattenitore: amore viscerale e produttore di endorfine. Questi gli archetipi del brand Valtur.

Questa coerenza deriva dal lavoro identitario sul brand, fondato su due archetipi junghiani: l’Amante, che ama visceralmente i suoi ospiti e si prende cura delle famiglie (non a caso esiste un intero piano dedicato ai bambini con il format Apres Kids), e l’Intrattenitore, produttore instancabile di endorfine. “Tenendo fissi questi due archetipi, da un lato la componente passionale e dall’altra quella dell’intrattenimento, del brand come ‘produttore di endorfina’, puoi avere prodotti molto diversi: mare o montagna, quattro o cinque stelle. Ma sempre riconoscibili” puntualizza Prontera.

Innovazione e nuove richieste dell’ospite. Il well-being olistico.

Il resort di Cervinia è stato anche il punto di partenza per sperimentare un altro trend in crescita, e cioè il well-being olistico: “Abbiamo testato qui la wellness lounge, una bolla di benessere all’aperto, e abbiamo visto che era esattamente ciò che l’ospite voleva. L’anno dopo l’abbiamo replicata in altre strutture”. Percorsi sensoriali, campane tibetane, trattamenti brevi: un modo per integrare la cura di sé nel flusso della vacanza.

Se sono l’ospite, non penso a nulla.

Parallelamente, la ricerca di socializzazione e condivisione – quella delle origini, per intenderci – oggi resta una nicchia, coltivata attraverso format di vacanze organizzate per gruppi. Ma il valore della vacanza organizzata rimane invariato, così come la unique selling proposition: “Alleggerire il viaggiatore dall’incombenza dell’organizzazione, senza togliergli libertà e flessibilità. Il resort è ancora un luogo in cui il sentiment è estremamente positivo. Se sono l’ospite, devo poter non pensare a nulla”.

Le mire future del Gruppo Nicolaus.

Qual è allora la missione dei prossimi anni? Prontera è chiara: “Mantenere la promessa di avere l’idea di vacanza giusta per qualsiasi tipo di viaggiatore, ampliando l’offerta”. Una direzione che passerà da nuove tipologie ricercate dal mercato, come la vacanza open air, esplosa dopo la pandemia e oggi sempre più richiesta. Il Gruppo entrerà in questo segmento rimanendo fedele alle sue identità: la cura maniacale per la famiglia nel marchio Nicolaus, il twist sorprendente ed endorfino-generatore nel marchio Valtur. Perché se il villaggio turistico è cambiato molte volte, ciò che resta immutato è il bisogno umano di vivere il proprio tempo in un luogo che sappia prendersene cura.

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