Hotel Borsari a Martigny. Analogico, non digitale.

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Nomen omen. Un albergo che prende il nome dalle antiche cisterne dove si conservava il vino e nomina le suite a ettolitri: la 650 ettolitri è la double room, la 780 ettolitri la twin room e la 1100 ettolitri è la double suite. Hotel Borsari, un omaggio al genius loci sulle Alpi Svizzere, senza televisione.

Ma partiamo dal nome Borsari. Così venivano chiamate le cisterne sotterranee nelle quali veniva conservato il vino proprio qui dove sorge l’hotel, un tempo cantina Les Caves Orsat. E il nome è sintomatico di un processo di ristrutturazione intrecciato con il passato della cittadina ai piedi delle Alpi svizzere, nata lungo il crocevia tra Italia, Francia e Svizzera, ricca di memoria e suggestioni. Quando per la prima volta John Cretton, albergatore e progettista, vide il sito agro-industriale abbandonato nel cuore di Martigny, capì subito di poter creare un “miracoloso pezzo di architettura autentica in connessione con la storia”. Cretton con Shaun Evans, i Drip and Drip come si firmano, hanno ristrutturato il sito fondendo le memorie architettoniche del passato e il patrimonio archeologico del XIX secolo.

L’hotel è stato inaugurato ad aprile 2025 e ha 42 stanze e 8 suite. Oltre al nome così legato alla sua destinazione d’uso precedente, esalta la discendenza da sito vitivinicolo anche nell’identificazione delle stanze: 650 ettolitri è la double room, le 780 ettolitri e le 900 ettolitri sono le double room e le twin room, la 1100 ettolitri è la double suite. Esternamente, le due strutture dell’hotel, rivestite in mattoni a vista e intonaco di calce, circondano un cortile lastricato, una naturale estensione all’esterno, attrezzata con dehor.

All’interno, Cretton ed Evans hanno creato ambienti pieni di colore saturo ed evocativo: rossi mattone, verdi, color ruggine e blu – tutti ispirati ai paesaggi del Vallese. Pareti e soffitti in cemento, pavimenti in parquet di quercia, finestre in larice e tappeti in cocco si mescolano in un ambiente stratificato da echi industriali che rimangono visibili nella tubazione a vista e nell’aspetto grezzo della costruzione come se tutto non fosse “eccessivamente progettato.”

Hotel Borsari è stato realizzato secondo una filosofia semplice, “analogico e non digitale, per avere tutto ciò di cui hai bisogno e niente di più”, secondo le parole di Cretton.

Cemento grezzo alle pareti, parquet a spina a terra, bagno aperto sulla zona bedding caratterizzano il mood delle camere. Il dettaglio vintage: il giradischi Braun originale Anni ’60 disegnato dal famoso designer Dieter Rams.

Anche l’arredo dell’hotel rafforza la sua anima “analogica”. Gran parte dei mobili è vintage, proveniente da tutta Europa, selezionata con cura per durare piuttosto che per moda. I pezzi del designer Dieter Rams sono in evidenza, dai sistemi di scaffalatura Vitsoe ai giradischi Braun originali del 1962, alle sedute in pelle e legno di Silvio Coppola. Anche i dettagli, come per esempio gli interruttori in bakelite, offrono agli ospiti un’esperienza tattile.

All’Hotel Borsari, la tecnologia è secondaria. Non ci sono televisioni nelle camere e non c’è wi-fi nelle terme. Il focus è offrire agli ospiti un’esperienza umana: piaceri analogici, design tattile e con jazz Anni ’50 a fare da colonna sonora. Le terme sotterranee, Les Bains Publics, dove il colore rosso mattone predomina, trasformano i vecchi serbatoi di vino in un ambiente profuso da serenità dove l’accesso degli ospiti è contingentato ed è vietato l’uso del telefonino.

La ristorazione all’Hotel Borsari è in sintonia con il mood dell’hotel e con il territorio. L’Alphonse Coffee Bar propone caffè e succhi di frutta di qualità in uno spazio accogliente che si affaccia sulla piazza, mentre l’enoteca La Saucithèque offre vini del Vallese e salumi locali. Il fiore all’occhiello, il ristorante Le Cercle, guidato dallo chef Matteo Salas, propone un mix culinario attingendo alle specialità francesi, lombarde e svizzere.

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In apertura: le terme Les Bains Public.

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