Ci sono gesti che non costerebbero niente e che metterebbero immediatamente l’ospite a proprio agio, favorendo la qualità del soggiorno e l’upselling. Perché, invece, continuare a trattarlo come se fosse un estraneo o, peggio, un intruso?

Si parla tanto di ospitalità famigliare [ma poi, che vuol dire?], di far sentire l’ospite come a casa [ma perché?], si sprecano fiumi di parole – sui siti web, sui social e in ogni dove – su quanto sia importante offrire all’ospite un’esperienza memorabile [bla, bla, bla] e poi questo tanto acclamato e desiderato ospite viene quasi sempre trattato come un estraneo, anche quando si tratta di una vecchia conoscenza.

Quante volte capita di tornare nello stesso hotel e di non essere riconosciuti?
Signora Manescalchi, è la prima volta che soggiorna da noi?
Avete speso fior di soldi per un CRM di ultima generazione… me lo dica lei se è la prima volta che soggiorno! [SPOILER: no, non l’ho mai detto, ma l’ho sempre pensato].

Quanto sarebbe invece più accogliente – e utile – un bel: Signora Manescalchi, lei ha già soggiornato da noi l’anno scorso. Lo sa che abbiamo rinnovato la spa [il roof top/il lounge bar/le suite/il breakfast/abbiamo introdotto servizi vari et cetera]?

Ma anche: Signora Manescalchi, nel corso del suo ultimo soggiorno ha usufruito della nostra spa, mi piacerebbe consigliarle dei nuovi trattamenti davvero efficaci che abbiamo appena introdotto!

In caso di primo soggiorno, invece, al posto dell’inutile quesito, quanto sarebbe meglio esordire così: Signora Manescalchi, vedo che è la prima volta che soggiorna da noi, sa che abbiamo tanti trattamenti disponibili al centro benessere [roof top/ lounge bar/ suite/ breakfast/ servizi vari], ci farebbe davvero piacere se volesse arricchire il suo soggiorno provandone uno!

Bene, tutto questo in un mondo fantastico. L’hotellerie italiana, invece, nonostante i tanti strumenti di cui si è dotata, è ancora allegramente adagiata sugli allori. Ha i tools, ma li sfrutta al 20%. La formazione? Un optional. Inizia e finisce dentro quattro mura e raramente lo staff si porta davvero dietro qualcosa – a meno che non sia fortemente motivato a farlo. Potrei dire che a rimetterci, alla fine, è sempre l’ospite, ma non è così. Per tutti i reparti dell’hotel – dal marketing al revenue, dal commerciale ai social – l’ospite è una sorta di Moby Dick irraggiungibile alla cui acquisizione dedicare tutti gli sforzi possibili. Quel Godot tanto atteso che mai arriverà, o che arriverà sotto strane forme. Si presta talmente tanta attenzione ad attendere questo fantomatico ospite che si finisce poi per trascurarlo quando finalmente lo abbiamo in casa.

Campagne di advertising, social plan, offerte esclusive, attività di remarketing, budget investiti per attrarre clienti vecchi e nuovi…e poi? E poi quando arrivano li si sottopone a un interrogatorio degno dell’ESMA, facciamo loro attendere la chiave in un silenzio imbarazzante [o rallegrati dalle note di una impersonale quanto improbabile playlist scaricata dal nipote] trattandoli come perfetti sconosciuti.

Per non parlare di eventuali messaggi di benvenuto in camera [o al bar, al ristorante, all’interno della app]. Posso tornare dieci volte nello stesso hotel [o in hotel affiliati alla stessa catena] e mai che mi si scriva un messaggio di bentornata. Raramente, se è la prima volta che soggiorno, mi viene lasciato un messaggio di benvenuto. Il tutto, magari, condito con informazioni utili ad arricchire il mio soggiorno [e, per l’hotel, utili a vendere di più]. Perché il punto è proprio questo: l’approccio non dovrebbe essere marcatamente commerciale, ma volto a migliorare l’esperienza dell’ospite stesso. Ti vendo un trattamento in spa? Tu sarai più contento e io ne trarrò un maggior utile. Ti vendo una cena? Idem. E via e via. Perché vi svelo un segreto: a volte gli ospiti sono felici di spendere, se questo serve a far passare loro momenti piacevoli. Il problema è che troppo spesso devono andare a cercarsi da soli il modo di spendere di più e provare nuove esperienze, magari fuori dall’hotel. E questo perché il mondo alberghiero è ancora troppo strettamente legato all’operatività spicciola e poco orientato all’accoglienza vera, alla relazione di valore, all’upselling fatto a regola d’arte. Urge rispolverare il concetto di homo oeconomicus vs homo reciprocans di antropologica memoria; concetto che è alla base della filosofia ospitale.

Vogliamo poi parlare del tristo commiato? Tutti bravi a fare stalking via mail, messenger, whatsapp, piccione viaggiatore chiedendo insistentemente recensioni positive. Nessuno che si preoccupi di lasciare un biglietto da visita elencando i vantaggi di una futura prenotazione diretta. O di promettere uno sconto o un upgrade – ma fosse anche un Campari! – per il soggiorno successivo.
E infatti, al soggiorno successivo, si riparte con le domande da questura, il trattamento da sconosciuto et cetera, in una spirale infinita di check-in, check-out, consegna chiavi, buongiorno, buonasera, tutto bene? la colazione al quarto piano, numero di camera, liberare la stanza alle 10, grazie, arrivederci.

Nessun valore aggiunto. Nessun vantaggio. Nessuna accoglienza vera. Nessuno stimolo a comprare, gioire, restare, tornare. E la chiamano ospitalità.

***

Vuoi saperne di più? Partecipa al corso su comunicazione interna e upselling!